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Un covo di disperati
sotto il PalaVeneto (Foto)

ANCONA - Il sottoscala del palazzetto è diventato il rifugio improvvisato di un somalo, con tanto di giaciglio, stendino e tavolo per appoggiare le pentole. E' l'ennesimo riparo nato dai pezzi di degrado presenti con costanza sul territorio comunale

La ‘dimora’ improvvisata

di Giampaolo Milzi

Chissà quante volte gli hanno detto “tornate a casa tua”, a Hodan (nome di fantasia) quando l’hanno visto aggirarsi con circospezione e attenzione in una delle tante, troppe aree urbane condannate al degrado e all’abbandono cronico ad Ancona. Fatto sta che lui, casa sua, in Somalia, come tanti connazionali, non ce l’ha più da un pezzo, spazzata via da una guerra civile senza fine. E allora qualcosa che ricorda molto, ma molto lontanamente una casetta Hodan se l’è trovata a due passi da via Veneto, sotto l’ex Palazzetto dello Sport, in una delle zone più “fantasma”, sporche, con edifici abbandonati, cadenti e diroccati, infestata di rifiuti di ogni tipo del capoluogo regionale. Zona fantasma, anche perché molti cittadini si rifiutano ormai di passarci, se non per raggiungere lungo i tragitti più brevi e sicuri le loro abitazioni. Zona fantasma per i “fantasmi”, gli “invisibili”, così vengono in sostanza e di fatto sempre più considerati i poveri e i disperati senzatetto come gli immigrati (molti non in regola col permesso per restare in Italia) e come, da qualche anno, tanti italiani.
L’abbiamo “intercettato” il primo pomeriggio di sabato scorso, Hodan, completamento rannicchiato dal suo sacco a pelo, mentre dormiva profondamente. E in punta di piedi, per non disturbarlo, abbiamo scattato alcune foto capaci, più di queste righe, di descrivere come dove è costretto a metabolizzare gran parre delle sue giornate. Siamo in fondo ad uno dei sottoscala del citato Palasport. In fondo all’ultimo tratto di ringhiera arrugginita, Hodan, in un cubicolo aperto lateralmente ma protetto dalla parte inferiore di una rampa di gradini, si è arrangiato alla meglio: una lunga tavola di assi di legno con sopra diversi cartonati e due materassini come “letto”; una sediolina di plastica con cuscino, uno stendino dove appendere gli abiti lavati, un basso tavolinetto con una pentola, scopa e paletta per dare una ripulita ogni tanto e perfino qualche piccolo oggetto d’arredo chiaramente proveniente dal suo paese. Dall’ex Palaveneto e immediati dintorni, fino a via Montebello, passando per via Curtatone, o per il tratto senza sbocco diventato quasi tutto erboso di ciò che resta di via Della Cupa, è tutto un pullulare di palazzi e locali chiusi e da anni in disuso, tra cui due scuole, gli ex istituti ragioneria “Stracca” e professionale Ipsia in via Curtatone, oltre ad altre dependance dell’ex Palasport (solo per fare alcuni esempi) ed immobili con vetrate nati per ospitare negozio mai aperti. Quelli del Comune si fanno vedere ogni tanto, per rimettere catene e lucchetti divelti, sprangare porte sfondare, murare qualche ingresso. C’è stato un periodo in cui le due ex medie superiori ne ospitavano a decine di clochard. Poi sono state sigillate. Ma questo apri e chiudi è una come una “guerra” persa in partenza. Perché in queste centinaia di metri quadri, di cui gran parte costellati da discariche, rifiuti ingombranti e luridume, lo clochard “invisibile” adocchia sempre qualche antro in cui infilarsi, qualche porta sbilenca di un magazzino da forzare, per arrabattarsi alla meno peggio e sopravvivere, non certo vivere nel senso civico del termine. Quanto alle prospettive che questo guaio da terzo mondo si risolva, sono fosche. Motivo? Semplice. Da un lato c’è’ la legge della domanda e dell’offerta: da qualche tempo ad Ancona, per i senza fissa dimora, c’è solo l’ex albergo Cantiani in via Lotto, al Piano, riconvertito con fondi comunali in struttura d’accoglienza notturna, capienza massima 30 persone, che possono mangiare e dormire lì per un massimo di due settimane, assistite da personale Caritas. Il volontariato fa quello che può, spicca l’impegno degli avvocati volontari del servizio di strada, che girano col furgone per fornire di coperte e pasti “gli invisibili”. Una quarantina ricevono il loro aiuto, per il 70% stranieri. Ma dal colle-rione Guasco al Parco del Cardeto-Cappuccini, passando per Capodimonte e per la zona appena descritta che dall’ex Palasport scende verso piazza Pertini – senza contare le zone semi periferiche o periferiche – i luoghi abbandonati sono tantissimi e quel numero 40, di senzatetto, va moltiplicato di molto. Dall’altro lato, quei luoghi sono così numerosi, perché dimenticati dalle istituzioni. Più centri di accoglienza e assistenza, più decoro e pulizia. Altrimenti Ancona sarà sempre più zona franca per i disperati “invisibili”.

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