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Lazzabaretto chiuso, il presidente Arci:
«Difficile far mantenere le distanze
Prenderemo qualcuno per vigilare»

ANCONA - L'avvocato Michele Cantarini sul provvedimento emesso dalla questura per far stoppare cinque giorni l'attività del locale del porto: «Come facciamo noi, intesi come gestori, a far ottenere il distanziamento tra le persone, se le persone non vogliono rimanere distanziate? Noi non abbiamo quell’autorità tale, da mandarle poi via»

foto d’archivio (2019)

di Alberto Bignami

Prima la chiusura de La Banchina poi, questa mattina, il provvedimento per 5 giorni nei confronti del Lazzabaretto. Detta così, potrebbe quasi sembrare un accanimento nei confronti della movida ma l’obiettivo sul quale concentrarsi è un altro: la difficoltà nel riuscire a far mantenere le distanze di sicurezza a coloro che frequentano un luogo che, seppur all’aperto, ha in vigore determinate regole. L’avvocato Michele Cantarini, presidente dell’Arci e responsabile quindi anche del Lazzabaretto, spiega come «durante il primo controllo, avvenuto sabato da parte della polizia, la situazione che abbiamo avuto era molto difficile. Come associazione – spiega – abbiamo tutti deciso fin da subito di non chiamare più i deejay, di spegnere la musica a mezzanotte e il bar mezz’ora dopo. In un orario comunque anticipato rispetto a quanto previsto dalle ordinanze». La decisione aveva un suo senso, cioè quello di «non alimentare assembramenti.»
Ieri sera però un nuovo controllo. Nonostante non vi fossero situazioni che invitassero a raggrupparsi, come ad esempio può avvenire sotto la console del deejay, «succede però che c’è il problema di distanziare le persone al bar. Ecco allora che quando riapriremo – aggiunge – adotteremo dei provvedimenti ulteriori. Questo vuol dire che ci sarà una figura che starà lì a dire di separare, rivolgendosi a coloro che stanno troppo vicini. Il fatto – prosegue – è che non appena questa figura si allontanerà, immancabilmente quelle persone torneranno ad avvicinarsi». 
E’ un comportamento indubbiamente naturale ma per il quale si dovrebbe spendere qualche secondo, il tempo necessario per fare mente locale e capire che, così facendo, si vanno a trasgredire quelle che sono le norme ancora in vigore contro il contagio da Covid e che, se non rispettate, danneggiano non solo i locali ma pure le serate in compagnia. «E’ indubbiamente doveroso far distanziare in questo modo le persone – aggiunge – ma non so quanto efficace, proprio per il fatto che queste persone andranno poi a riavvicinarsi. Si possono indubbiamente fare tutte queste cose, e io adotterò quanto mi è stato suggerito dalla questura. Ma come facciamo noi, intesi come gestori, a far ottenere il distanziamento tra le persone, se le persone non vogliono rimanere distanziate? Noi non abbiamo quell’autorità tale, da mandarle poi via. La difficoltà è questa».
Il miglior modo allora, per non continuare a veder chiudere i locali, sarebbe dunque quello di uscire la sera rispettando le regole o che magari, ancor più semplicemente, nel gruppetto di amici ci sia, oltre a quello che non beve perché poi deve guidare, anche colui che invita a rispettare il distanziamento. Detto in soldoni: collaborazione.

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