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Marchigiani: due su tre
non hanno fiducia
nella Regione

ANCONA - Il professore ed ex parlamentare Silvio Mantovani ripercorre la storia dell'ente regionale dalla sua nascita ad oggi nel suo libro "Voti e partiti nelle Marche" mettendone in evidenza la crisi attuale

La presentazione del libro di Silvio Mantovani (a sinistra) con il professore Franco Amatori (al centro) e l’editore Valentina Conti

 

Ha ancora senso di esistere l’istituzione Regione? È l’interrogativo che sottende il pamphlet di Silvio Mantovani, “Voti e partiti nelle Marche. Breve storia politica della Regione”, presentato oggi (13 maggio) ad Ancona dal suo autore in un dialogo con il professore Franco Amatori e Valentina Conti, editore del libro. 

Il 75 per cento dei marchigiani non ha più fiducia nell’ente regionale. Si tratta di 16 punti in più rispetto a dieci anni fa, mentre il tasso di sfiducia nei partiti nella regione è del 94 per cento. Parte da questi dati di una recente indagine demoscopica Mantovani, ex parlamentare ed ex consigliere regionale dell’allora Pds, per ripercorrere la storia della Regione Marche, nata nel 1970. «Anche alla luce di questi dati l’intenzione politica contenuta in questo libro è suscitare una discussione – afferma – . Il sistema politico marchigiano è cambiato profondamente, emblema ne sono le elezioni del 2015, archiviate come se nulla fosse successo. Apparentemente è stato così. Il centrosinistra si è riconfermato alla guida del governo regionale con 19 consiglieri. Ma i dati interessanti, per non dire preoccupanti mettono in evidenza che solo il 49 per cento della popolazione ha partecipato al voto, 13 punti in meno rispetto alle precedenti Regionali. Questo significa – continua Mantovani – che la maggioranza che governa con il 41 per cento rappresenta il 20 per cento degli elettori. Una disaffezione al voto ed alla politica è una tendenza che si registra su tutto il territorio italiano ma che colpisce profondamente anche le Marche da sempre regione virtuosa in fatto di partecipazione».

Dunque, in questo quadro, si può dire che la Regione sia importante? La domanda lanciata ad una platea di politici, parlamentari, docenti universitari, professionisti. In prima fila il sindaco Valeria Mancinelli, il deputato Piergiorgio Carrescia, il presidente dell’Istao ed ex assessore regionale Pietro Marcolini. Poi, il capo segreteria del presidente della Regione, Fabio Sturani, l’architetto Vittorio Salmoni, i docenti Pietro Alessandrini e Carlo Carboni, l’imprenditore Antonio Roversi. Di certo lo è stata, sostiene il politico e docente universitario. «Nelle Marche nel 1970 non c’era un’opinione pubblica regionale o una classe politica regionale. Le Marche non erano una comunità – spiega Mantovani -. L’unico elemento unificante era solo il fatto che fossero la circoscrizione elettorale della Camera. Le Marche non erano mai state una “regione rossa” come la Toscana ma nemmeno una “regione bianca” come il Veneto, ma una regione bicolore. Rossa a nord e bianca al sud. La nascita della Regione ha costretto queste due aree politiche a dialogare».

Dagli albori dell’ente e della politica regionale ai giorni nostri, passando per i grandi sconvolgimenti degli anni ’90 e di Tangentopoli. Anni in cui Vittorio Merloni diventa presidente di Confindustria ed il modello marchigiano teorizzato da Fuà diventa «elemento costitutivo della nostra identità ed il ruolo dei partiti, con i loro lati positivi e negativi, era anche quello di essere elemento di mediazione sociale». Tutti aspetti che ora sono in crisi, dal ruolo della Regione al modello economico marchigiano ai partiti. Come se ne esce? Mantovani non propone ricette nel suo libro definito da Amatori «un mix perfetto tra narrazione e problemi. Un’ottima guida alla storia della Regione Marche a 50 anni dalla sua nascita ed anche un’ottima guida per i temi che devono essere esplorati tra cui questo principio nefasto del mandato interattivo. La rete e i mezzi di comunicazione contemporanei – prosegue Amatori – hanno creato un rapporto immediato tra cittadini e politica, con la conseguente difficoltà di ricostituzione di una classe dirigente che non si forma più nei partiti che facevano una selezione ma direttamente nell’amministrazione. Sono molte gli spunti su cui riflettere e discutere. Le Marche è sempre stata una regione difficile da capire».

(A. C.)

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