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Medaglia d’onore all’eroe di Reisa
Benedetto Appolloni
che lottò per la sua Janina

RICONOSCIMENTO - L'onorificenza alla memoria consegnata alla figlia, Lidia Sofia, in occasione della Festa della Repubblica. Il campo di concentramento tedesco il luogo che li fece incontrare nel 1944. Staffetta polacca lei, prigioniero di guerra lui. La liberazione nel 1945 e poi la nuova vita insieme a Fabriano

Janina Golabiowska e Benedetto Appolloni

 

di Agnese Carnevali

L’amore che sboccia tra le atrocità della guerra e la prigionia. L’umanità che prevale sulla morte e la distruzione. È la stora di Benedetto Appolloni e Janina Golabiowska. Fabrianese lui, caporal maggiore appartenente al Sesto reggimento del Genio come radio telegrafista. Polacca lei, partigiana durante l’insurrezione di Varsavia. Entrambi prigionieri del campo di concentramento di Reisa in Germania, luogo di schiavitù che li fece incontrare ed innamorare nel 1944. Oggi (2 giugno), in occasione della Festa della Repubblica e della consegna delle onorificenze, il prefetto di Ancona Antonio D’Acunto ha consegnato alla figlia Lidia Sofia ed al nipote Andrea Giombi la medaglia d’onore alla memoria di Benedetto (leggi l’articolo), che durante la prigionia fece di tutto per difendere la sua amata, la sua famiglia ed i bambini detenuti nel campo, nella speranza della libertà.

Lidia Sofia Appolloni, secondogenita di Benedetto Appolloni e Janina Golabiowska mentre ritira la medaglia d’onore alla memoria del padre

A raccontare questa storia d’amore, di solidarietà e strenue difesa degli ideali di democrazia, il nipote di Benedetto, scomparso nel 2006, e Janina, oggi 92enne, Andrea Giombi.

«Mio nonno, caporal maggiore appartenente al Sesto reggimento del Genio come radio telegrafista, venne imprigionato a Reisa nel giugno del 1944. Lì venne deportata anche mia nonna, dopo il fallimento dell’insurrezione di Varsavia, per la quale era stata partigiana. Giovane adolescente, mia nonna Janina nascondeva le armi nel suo zaino in mezzo ai libri del ginnasio e frequentava il ristorante di via Aleje Jerozolimskie di suo zio Stefan, “quartier generale” di molti polacchi che si adoperavano a contrastare l’occupazione tedesca. Zio Stefan venne condotto ad Auschwitz insieme a sua sorella Helena, ma lui riuscì a salvarsi e a ritornare nella sua Varsavia distrutta dopo la guerra. Mia nonna – continua a raccontare Andrea – fu condotta a Reisa insieme alla madre Jozefa, alla sorella Zuzanna incinta di Barbara, che nacque proprio nel campo di concentramento, e al fratello Zygmunt». Proprio a Reisa nel ’44 Benedetto e Janina si conoscono. «Entrambi – riprende Andrea – lavoravano in schiavitù per la fabbrica tedesca Mitteldeutsche Stahlw  G.m. e quindi per il governo nazista. Durante il periodo di prigionia mio nonno si adoperò in ogni modo affinché mia nonna e la sua famiglia potessero riuscire a sopravvivere e tentava come poteva di non far mancare loro del cibo, che si procurava facendo anche da barbiere del campo».

Nel maggio del 1945, l’Armata Rossa libera il campo di Reisa e Benedetto e Janina raggiungono Erfurt dove si sposarono pochi giorni dopo, il 25 maggio, per poi riuscire ad arrivare in treno merci fino a Fabriano. «Nonna aveva la matricola n. 277/006886, che ha stracciato insieme a mio nonno, ritornando a vivere, ma questa volta insieme. Poco dopo nacquero le loro figlie, «mia zia Irma e mia madre Lidia Sofia».

Benedetto Appolloni e la moglie Janina Golabiowska con la primogenita Irma

Benedetto e Janina

 

 

 

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