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Offagna in dissesto,
niente premi ai dipendenti
Cna: “Non resta che la fusione”

CONTI IN ROSSO - Il commissario prefettizio Michele Basilicata, per non ridurre ancora i servizi ai cittadini e nell'impossibilità di aumentare le tasse già al tetto massimo di legge, ha eliminato 21mila euro lordi di spese del personale non obbligatorie. L'associazione di categoria invoca la solidarietà dei Comuni limitrofi per ripristinare le convenzioni con il borgo medievale e invita gli offagnesi a ragionare sull'accorpamento con Osimo o Ancona

 

Tagliare le indennità non obbligatorie dei dipendenti comunali o tagliare i servizi per i cittadini già ridotti all’osso per il dissesto finanziario? Il commissario prefettizio del Comune di Offagna, Michele Basilicata, non ha avuto dubbi. Tra i primi atti firmati al suo insediamento ha deciso di infliggere un taglio drastico sulle indennità di funzione riconosciute a 3 dei 5 dipendenti in totale del municipio, e con un colpo solo ha recuperato in bilancio 21mila euro lordi sulle spese per il personale. Revocate le indennità di posizione organizzative, vale a dire la maggiorazione di 7mila euro lordi annui e pro capite sugli stipendi dei 3 dipendenti per remunerarli della responsabilità dei vari settori, il commissario prefettizio poi ha accentrato nella sua persona la direzione dell’intera macchina amministrativa.

Tasse al massimo. La casse del borgo medievale sono in profonda sofferenza (leggi articolo) e dopo la dichiarazione del default tutte le tariffe dei servizi comunali e le aliquote di tasse e tributi per legge sono stati portati al tetto massimo. Di più non si può proprio chiedere ai cittadini. Ecco perchè per far quadrare il bilancio è stato necessario anche azzerare alcune convenzioni siglate con i Comuni limitrofi per gestire in associazione vari servizi comunali.

Elezioni alle porte. Offagna che cammina sull’orlo di un burrone, sarà chiamata ad eleggere il nuovo sindaco e il consiglio comunale tra pochi mesi, a giugno. In questo scenario così tormentato, la Cna rilancia l’ipotesi fusione del piccolo Comune con Ancona o Osimo, chiedendo in questa fase in salita, “uno sforzo di solidarietà ai Comuni limitrofi”. Rilevando che sotto la mannaia dei tagli di bilancio è finito anche “il Suap (Sportello Unico delle Attività Produttive), necessario per la nascita delle imprese” oltre  “ai servizi erogati da scuole e musei”, l’associazione di categoria propone di riavviare un dibattito con gli offagnesi “incentrato sulla necessità di vagliare l’ipotesi di una fusione, operando una scelta tra Ancona e Osimo, scelta che spetta solo ed esclusivamente agli abitanti e alle imprese di Offagna”.

Cna rilancia la fusione con Ancona o Osimo. “E’ evidente, infatti, che il calvario di questo Comune non si concluderà con le elezioni – osserva nella sua nota Andrea Cantori, segretario Cna Zona sud di Ancona – Il dissesto è di tale portata (ultimo esempio la multa per lo sforamento di bilancio del 2015) che l’unica soluzione che vediamo è quella di una fusione con uno dei due Comuni limitrofi. Per far sì, però, che tale operazione vada a buon fine, occorre un confronto pubblico trasparente e ragionato che ponga i cittadini di fronte alla realtà, altrimenti i debiti rimarranno ed il dissesto potrebbe far perdurare uno stato di malessere e restrizioni economiche più lungo di quanto si possa immaginare e sopportare”.

La solidarietà dei Comuni vicini. Ai Comuni di Osimo ed Ancona, all’Unione dei Comuni, l’associazione di categoria sollecita poi “una solidarietà che permetta di alleviare le difficoltà della piccola comunità offagnese. Riuscire in questo momento a condividere i servizi è fondamentale per la stessa sopravvivenza di quei servizi primari ad Offagna. La soluzione fusione è ormai sdoganata – evidenzia Cantori – ma per avere successo, occorre assolutamente un dibattito interno che coinvolga la comunità: vero e senza menzogne per permettere di scegliere con libertà e soprattutto capire con chi fondersi (Osimo o Ancona). Dall’altro canto, però, occorre che tale soluzione abbia delle garanzie per i cittadini in termini di centri decisionali e di erogazione di servizi: è evidente che la paura del piccolo Comune di fronte ai due grandi è quello di divenire marginale. Per tale ragione è fondamentale studiare per la fusione una governance che non mortifichi i cittadini di questa splendido paese”.

A fine ottobre 2016 il Tar Lazio, ritenendo incostituzionale il decreto Calderoli sull’accorpamento coatto dei Comuni con meno di 5.000 abitanti, ha rinviato la decisione alla Consulta. C’è, insomma, anche da attendere la pronuncia sulla legittimita’ della Corte Costtuzionale.

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