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Comune licenzia assenteista,
usciva dall’ufficio
per fare l’assicuratore

ANCONA – E' un impiegato dei lavori pubblici. Il primo caso per l'amministrazione comunale dorica dove si arriva a finire il rapporto di lavoro. Il dipendente era stato denunciato per truffa aggravata dalla Gdf e ha un processo penale in corso. Stamattina la lettera. L'avvocato: "Faremo ricorso. E' un licenziamento mediatico per farsi pubblicità"

Il Comune (foto d’archivio di Giusi Marinelli)

di Emanuele Garofalo

E’ stata consegnata stamattina all’ufficio protocollo del Comune di Ancona, la lettera con cui Palazzo del Popolo dice addio al dipendente assenteista dei lavori pubblici. Lettera firmata dal direttore generale e dal dirigente al personale che si appella alle regole della legge Madia: si può licenziare l’impiegato infedele. E’ il primo clamoroso caso per Ancona. “Faremo ricorso al giudice del lavoro per impugnare il licenziamento” ribatte l’avvocato Maria Francesca Di Ciommo, che assiste il dipendente. “ E’ tutto un polverone mediatico dovuto al momento storico, il Comune non ha svolto nessuna istruttoria interna e il lavoratore nega tutti gli addebiti” sostiene l’avvocato. Tre mesi fa, a dicembre, la denuncia e la conclusione dell’indagine della guardia di finanza che lo vede accusato di circa 10 anni di assenteismo. Il processo deve ancora iniziare ma oggi è arrivato il benservito del Comune. Secondo l’indagine svolta dalla guardia di finanza, il dipendente dei lavori pubblici, impiegato negli uffici del viale della Vittoria, si sarebbe allontanato ripetutamente dal posto di lavoro per svolgere la sua seconda attività: l’assicuratore. Attività peraltro dichiarata regolarmente e registrata come partita Iva. Non ci sarebbe stato niente di illegale, se non fosse che l’uomo non ha ricevuto l’autorizzazione del Comune a svolgere il secondo lavoro e se fosse stata svolta nel tempo libero. Invece, stando ai pedinamenti delle fiamme gialle, da febbraio 2016 l’uomo si sarebbe assentato dall’ufficio per circa 800 ore sulle 2.850 ore lavorative, una percentuale di assenza pari al 28%, con irregolarità per 318 giorni sui 431 controllati. Secondo le indagini, l’uomo si sarebbe allontanato 2-3 ore al giorno, senza mai smarcare il cartellino, per andare a casa o nell’ufficio dell’assicurazione. E questo comportamento sarebbe andato avanti per ben 10 anni. A dicembre, il gip aveva deciso la sospensione dal servizio per 8 mesi del dipendente, oltre alla denuncia per truffa aggravata e false attestazioni nell’uso del badge, il cartellino elettronico. Di più, la procura chiederà anche la restituzione di tutti i proventi dell’attività nell’arco degli ultimi 10 anni. Con il doppio lavoro, l’uomo infatti avrebbe provocato un danno all’Erario e violato il rapporto di esclusività del dipendente comunale sancito dalla Costituzione. Accuse pesanti, che hanno fatto scattare in Comune il meccanismo del giusto licenziamento per il dipendente infedele, in base alle regole della Legge Madia sulla riforma della pubblica amministrazione. E stamattina l’iter è arrivato a conclusione, con la firma della lettera di licenziamento, protocollata in Comune. Ora al dipendente licenziato non resta che impugnare l’atto con un ricorso al tribunale del lavoro per poter rientrare in ufficio. “Il Comune di Ancona ha provveduto ieri ad applicare la sanzione del licenziamento senza preavviso ad un proprio dipendente – si limita a commentare il sindaco in una breve nota -. Gli illeciti che hanno portato al licenziamento si sostanziano, in sintesi, sia nella falsa attestazione della presenza in servizio che nell’esercizio di una attività lavorativa non autorizzata dalla amministrazione di appartenenza”.
Tutta un’altra storia quella raccontata invece dall’avvocato Di Ciommo, che anticipa il ricorso al giudice del lavoro per impugnare il licenziamento e la tesi difensiva nel processo penale, in attesa della prima udienza. “Il Comune ha preso un provvedimento senza fare una istruttoria interna, senza aspettare l’esito del procedimento penale e senza tenere conto delle eccezioni sollevate in sede disciplinare” ribatte il legale. Quali sarebbero queste eccezioni? “L’impiegato nega di essersi mai assentato e per quanto riguarda le indagini della Guarda di Finanza sono state fatte ricostruendo la sua posizione in base alle celle telefoniche del cellulare. Questo non è indicativo della sua reale posizione e in sede penale contesteremo questa ricostruzione, così generica e ampia nel tempo” sottolinea Di Ciommo. E ancora. “Se questo comportamento si fosse ripetuto per 10 anni, nessuno in Comune se ne è mai accorto? Se lui è stato licenziato, allora anche i dirigenti preposti dovrebbero pagarne le conseguenze. Insomma, questo licenziamento – conclude l’avvocato – mi sembra un atto comodo per liberarsi di ogni responsabilità e per farsi pubblicità davanti all’opinione pubblica”. Il legale ha una spiegazione per l’accusa del doppio lavoro. “Era del tutto marginale rispetto al lavoro di dipendente pubblico e le dichiarazioni dei redditi possono dimostrarlo – dice Di Ciommo – era un lavoro saltuario, iniziato quando il dipendente era impiegato part-time in Comune. In sostanza, il rapporto di esclusività con l’amministrazione non è stato violato.” Il dipendente era stato preparato a questa conclusione. “Considerando il momento storico, lo avevo preparato alla possibilità del licenziamento – continua il legale – diciamo che ce lo aspettavamo”.

(Servizio aggiornato alle 19.30)

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