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Cattivi odori dalla centrale biogas,
la procura indaga a Castelbellino

Un esposto dei residenti ha portato al controllo dell'Arpam, mentre la magistratura sta revisionando l'intero iter della Regione che ha autorizzato l'impianto a 100 metri dall'abitato di Pantiere, dal 2012 al centro del contenzioso al Tar

Controlli nelle centrali biogas, foto d’archivio

La centralina mobile Arpam parcheggiata a Pantiere, Castelbellino

di Giampaolo Milzi

Da sempre contestatissimo da cittadini e ambientalisti, oltre che osservato speciale da parte dell’Agenzia regionale di protezione ambientale Marche (Arpam), protagonista di un infinito contenzioso amministrativo, da circa due mesi l’impianto biogas di Castelbellino è ancora più “attenzionato”, in quanto oggetto di un’inchiesta della magistratura che ha preso spunto dall’ennesimo caso di esalazioni maleodoranti ma si è poi via via allargata. Ciò per ricostruire tutti gli aspetti funzionali e amministrativi di una vicenda che vede costantemente su fronti opposti il Coordinamento dei Comitati Terre Nostre Marche e il Comune di Castelbellino da un lato, dall’altro la Regione Marche e la Società Agricola 4C che gestisce la centrale da 1MW che produce energia elettrica da biomasse nel sito fra le contrade residenziali e industriali Pantiere e Scorcelletti.
Una grossa matassa da districare, per il sostituto procuratore della Repubblica Rosario Lioniello e gli operatori di polizia giudiziaria. Cercando di essere schematici, si presume con quasi certezza che nell’alveo degli accertamenti del pm Lioniello siano confluiti, in tutto o in parte, anche i vari esposti già ricevuti in passato dalla procura di Ancona su quello che si è rilevato uno dei più scottanti eco-casi della regione. A ricoprire uno dei ruoli primari nella maxi inchiesta, l’Arpam, che dal 22 marzo scorso ha posizionato e attivato in contrada Pantiere, proprio nei pressi dell’impianto biogas, una centralina di monitoraggio della qualità dell’aria. Una decisione in prima battuta adottata su input del magistrato a seguito di un esposto datato 17 settembre 2016, presentato con posta certificata (pec) a vari soggetti, tra cui procura della Repubblica, Regione, Arpam e Asur, dalla signora Manuela Marozzi, che vive nell’abitazione del Pantiere più vicina (circa 100 metri) alla struttura industriale. Esposto nel quale venivano segnalati episodi di ondate d’aria nauseabonda potenzialmente causate da malfunzionamenti dell’impianto biogas e/o, sembra, da una non corretta gestione delle trincee lungo cui vengono depositate per un certo periodo le biomasse.
Installata la centralina di monitoraggio, i funzionari dell’Arpam hanno compiuto un sopralluogo nell’impianto, suggerendo alcune misure ai responsabili della società 4C tendenti ad eliminare del tutto i fenomeni odorigeni potenzialmente nocivi, obiettivo che pare essere stato centrato nelle ultime settimane. L’attività principale dell’Arpam si è concentrata nella misurazione nell’atmosfera di sostanze chimiche potenzialmente pericolose per la salute pubblica, soprattutto gli ossidi di azoto, ma anche le polveri sottili PM10, le ancora più microscopiche PM2,5, il benzene. Tutti classici inquinanti frutto del processo di combustione, da cui si ricava l’energia elettrica, del biogas (di cui circa il 50% metano), biogas a sua volta ottenuto dallo stoccaggio in silos a tenuta stagna (ambiente anaerobico) delle biomasse (di solito mais, sorgo, segale, “triticale” da foraggio). Quasi esaurita la fase di monitoraggio, l’Arpam è ora impegnata in esami di laboratorio: già alla fine di giugno il dossier con tutti i dati dovrebbe essere pronto per l’esame del magistrato e per riscontri sul rispetto o meno dei limiti imposti dalla legge sui quantitativi dei citati inquinanti disperdibili in aria.
Parallelamente altri soggetti di polizia giudiziaria stanno meticolosamente vagliando quella che può essere definita la “storia documentale” della centrale biogas di Castelbellino: dalle fasi di progettazione a quelle autorizzative del 2012, fino a quelle delle successive modalità di funzionamento di tutto il complesso e degli aspetti produttivi a partire dal 2013. Legate al ciclo produttivo, sono anche le modalità di utilizzo del digestato, un sottoprodotto di tale ciclo appunto, costituito da sostanze secche semisolide riutilizzate come fertilizzanti organici nei terreni. Il 21 agosto 2016 un enorme sversamento di digestato determinò un forte inquinamento del fiume Esino fino alla foce.
Nel mare di carte sotto esame è molto probabile siano confluite anche quelle di un contenzioso amministrativo con effetti collaterali al limite del paradosso. L’autorizzazione a produrre rilasciata dalla Regione nel 2012 senza preventivo “screening” di Valutazione d’impatto ambientale (Via) fu annullata dal tribunale amministrativo regionale (Tar) il 19 giugno 2015. Ma la Regione, prevenendo la sentenza del Tar, il 3 giugno aveva convalidato il suo decreto autorizzativo, ribadendo la non necessità della Via. Decreto autorizzativo bis poi impugnato sempre al Tar dal Comune di Castelbellino. In sintesi: nonostante i giudici amministrativi si siano già espressi due anni fa negativamente sul via libera della Regione per la produzione, la centrale da allora continua a bruciare biogas perché forte della seconda autorizzazione del massimo ente locale. Un paradosso, dicevamo, anch’esso all’attenzione della procura, per eventuali individuazioni di reati penali.
Tornando alle trincee dove vengono incanalate le biomasse, anche su questo aspetto il pm auspica certosini controlli da parte Arpam. Le trincee ordinariamente vanno coperte a dovere e quasi no-stop. La scopertura pare sia consentita appena due volte al giorno per mezz’ora. Nel marzo scorso l’Arpam ha controllato: nessuna irregolarità. Necessari altri controlli? Forse. Circolerebbero infatti indagini fotografiche di residenti tali da provare scoperture per periodi di tempo più lunghi. Semplici sospetti, va ribadito. Contano e conteranno le “prove del 9” Arpam.
In attesta dello sviluppo dell’inchiesta della procura, residenti delle contrade vicine all’impianto e gruppi di cittadini restano fermi sul piede di guerra. “Da sempre abbiamo rilevato e segnalato con numerosi atti ed esposti le tante eco-criticità dell’impianto di Castelbellino in parte confermate in sede Tar – sottolinea Massimo Gianangeli, presidente del Coordinamento Comitati Terre Nostre Marche (di cui fa parte anche il Comitato salute e ambiente Vallesina) – Continuiamo quindi a chiederne la chiusura o la sospensione. Lo stesso chiediamo per tutti quegli impianti biogas delle Marche che risultino, tra l’altro, autorizzati in difformità delle leggi nazionali e comunitarie UE”.

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