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Busilacchi se n’è ghiuto
e soli ci ha lasciato

IL COMMENTO - Il passaggio del capogruppo in Consiglio regionale al Mdp-Articolo Uno minimizzato dalla dirigenza del Partito democratico

Gianluca Busilacchi e Pierluigi Bersani

 

di Fabrizio Cambriani

Dapprima è stata ignorata, poi derubricata in tutta fretta tra le varie ed eventuali, dai telegiornali di regime, la notizia del passaggio dal Partito Democratico al Movimento Democratico e Progressista di quello che era il capogruppo in Consiglio Regionale delle Marche, Gianluca Busilacchi. La voce, nei corridoi, circolava già da qualche giorno, ma l’interessato non confermava, né smentiva. Dentro il Pd cercavano in qualche maniera di esorcizzarla disperatamente. Infine, a passaggio ormai avvenuto, il giudizio icastico e caustico del segretario regionale Comi, in un comunicato ripreso dall’Ansa e racchiuso in due definitivi aggettivi: miope e divisiva. Una reazione che, a distanza di sessantasei anni, appare tale e quale a quella di Roderigo di Castiglia che, alle prese con la fuoriuscita dal Pci dello scrittore Elio Vittorini, in un articolo su Rinascita, lo irride e lo mette all’indice. Però Togliatti a differenza di Comi, nel suo ironico panegirico, riesce ad essere molto più divertente e incisivo. Presumo che poi deve essersi morso le labbra e la lingua, il segretario regionale democrat. Oppure aver ricevuto, non si sa bene da chi, un gran liscio e busso a causa di queste inopportune e pesanti parole. Tant’è vero che in seguito il comunicato è stato modificato e le parole “miope e divisa” venivano clamorosamente cassate in una dichiarazione fotocopia riportata anche nel profilo Facebook dello stesso Comi. Una voce dal sen fuggita che la dice lunga sul vero stato del principale partito, colonna portante della giunta regionale.

Francesco Comi e Luca Ceriscioli

 

Eravamo rimasti alle esibizioni muscolari, ostentate su tutti gli organi di stampa, delle varie parti in causa (in queste circostanze si dice così): in particolare di Comi contro i pesaresi. Con il primo che millantava maggioranze schiaccianti, snocciolava numeri da paura e raccoglieva dichiarazioni di fedeltà cieca e assoluta degne della miglior causa di Kim Jong-un. Mentre i secondi lo accusavano di ogni nequizia, a partire dal magro raccolto che le batoste elettorali hanno versato nei silos del Pd. Una contrapposizione dura, gestita malamente in termini di comunicazione che però non lasciava trapelare nulla di così straordinariamente grave. Perché in questo caso non si tratta di una defezione qualsiasi. Qui stiamo parlando del capogruppo in Regione di un partito che vanta la bellezza di ben sedici consiglieri su trentuno: la maggioranza assoluta. Di colui che era il ganglio vitale di raccordo tra il partito e l’istituzione. L’arbitro ultimo delle differenti e legittime istanze che provengono dai diversi territori. Un ago della bilancia la cui oscillazione è sempre frutto di lunghi e faticosi percorsi. Un uomo così, aduso alle mediazioni e avvezzo al compromesso, non se ne va all’improvviso e soprattutto a cuor leggero. E infatti, come ha detto lo stesso Busilacchi, si è trattato di una scelta meditata. Senza lasciare nulla all’improvvisazione e ai sentimenti. Possibile che nessuno dentro il Pd regionale – a cominciare dal suo segretario – non si sia accorto del disagio che stava vivendo il suo capogruppo in regione? Possibile che nessuno abbia colto questi evidenti segnali che quasi quotidianamente Busilacchi lanciava dal suo profilo, nei social network?

Palmiro Togliatti

Ma soprattutto bastano agli elettori di Busilacchi le parole di Comi, il quale in tutto questo tempo non si è accorto di niente, per liquidare in fretta e furia una cesura di queste proporzioni? Dall’alto del suo carisma, il buon Togliatti almeno argomentava. Comi invece no. Con frettolosi, lapidari giudizi, si esprime per verdetti che a distanza di appena un’ora, ritira, fischiettando poi come nulla fosse accaduto. Ma più in generale: basta ai tanti elettori del Partito Democratico accontentarsi di leggere la linea del partito non più in una carta di valori, ma in uno dei tanti tweet giornalieri che il suo leader genera, nel quale senza alcun dibattito decide tutto e tutto il suo contrario? Se questo sta bene a tutti e da tutti è condiviso allora nulla quaestio: fa bene Comi e sbaglia Busilacchi. Se invece la questione della linea politica, dell’identità e della democrazia interna sta diventando – come pare – un problema strutturale all’interno Pd, l’uscita di Busilacchi sarà solo la prima di una lunga serie di dolorose defezioni. Anche dentro lo stesso consiglio regionale delle Marche. Temo che quando accadrà non basteranno più lapidari aggettivi per liquidare la situazione.

Il Pd Marche perde il capogruppo, Busilacchi passa a Mdp

 

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