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Rosso Conero alla conquista
dei millenials: ultima sfida per
i 50 anni della Doc

CAMERANO - Al convegno inserito all'interno di Collisioni si tracciano le strategie per dare nuovo slancio all'eccellenza enologica di Ancona: diversificare il prodotto, ma anche promuoverlo attraverso i nuovi canali social ed attraverso le iniziative di incoming sul territorio

Il convegno “Rosso come il vino” a Camerano all’interno dell’iniziativa Collisioni

 

L’intervento di Massimo Bernetti, presidente di Umani-Ronchi

 

di Agnese Carnevali

Renderlo più morbido, meno alcolico e piacevole al palato. E poi farlo diventare più social perché possa essere apprezzato anche dai millenials. Dopo cinquat’anni dalla nascita della Doc, il Rosso Conero cerca nuovo slancio e soprattutto di farsi conoscere di più e meglio, insieme al territorio sul quale viene prodotto, all’estero. C’era anche questo al centro della riflessione sui rossi italiani al convegno di Camerano di questa mattina “Rosso come il vino”, una delle inziative inserite all’interno di Collisioni, organizzata dall’Istituto marchigiano di tutela vini (Imt) e delle celebrazioni per il cinuantenario delle Doc Rosso Conero, appunto, e Verdicchio di Matelica. Camerano la location ideale in questa occasione ed in questa data. Si apre stasera infatti la tradizionale Festa del Rosso Conero, da ventidue anni appuntamento fisso del paese che si è candidato per primo ad essere centro di riferimento per la denominazione che abbraccia le colline dell’Anconetano.

«Dopo cinquant’anni dalla nascita della denominazione era indispensabile una riflessione − le parole di Alberto Mazzoni, direttore dell’Imt −. È necessario un cambio di marcia rispetto alla produzione come credo sia fondamentale anche cambiare il tipo di prodotto. Deve essere più adatto per i giovani, va ammorbidito, reso meno alcolico perché possa essere consumato con facilità anche all’estero. E poi − continua − serve fare promozione, anche del territorio, coinvolgendo anche blogger ed influencer stranieri e portandoli nella nostra regione, che è quello che stiamo facendo con Collisioni. Trentuno giornalisti di diciotto Paesi arrivati nelle Marche ai quali far apprezzare paesaggi, cibo e vino. Se fossimo andati noi da loro non sarebbe la stessa cosa. E grazie all’attività dell’Istituto arriviamo nei mercati dove spesso la singola azienda da sola non riesce ad andare».

Farlo diventare più trendy dunque è la sfida futura del Rosso Conero che resta una piccola realtà di qualità rispetto agli altri rossi italiani ed ai giganti francesi, con una produzione di 1,5 milioni di bottiglie all’anno, 49 produttori e 49 imbottigliatori, un consumo molto legato alla sua terra d’origine. L’identikit del consumatore di Rosso Conero è stata tracciata da Denis Pantini, responsabile Nomisma-Wine Monitor. Cinquantenne, proviene dal Centro-Sud, con un reddito medio alto e padre di famiglia, consuma – soprattutto a casa – oltre 4 bicchieri di Rosso Conero alla settimana, è di origini marchigiane o è stato nelle Marche in vacanza o per lavoro. Attenzione al brand ed al prezzo sono gli orientamenti dei millenials che consumano vino soprattutto fuori casa e che lo apprezzano mixato con altre bevande alcoliche, è anche questa la platea che il Rosso Conero e gli altri rossi italiani devono puntare a conquistare. Oltre ai mercati esteri, non solo Europa, ma anche Stati Uniti e Canada e soprattutto i Paesi asiatici, luoghi dove il Verdicchio è ormai conosciuto mentre il Rosso Conero fatica a sfondare. Ma le possibilità di crescita per il vino anconetano sono molte. A sostenerlo Ian D’Agata, giornalista esperto di enologia, senior editor Vinous. La strategia: puntare sulla diversificazione. «Sul Conero abbiamo terreni calcarei e terreni più argillosi, si può partire da qui per fare Rosso Conero diversi gli uni dagli altri. Si deve fare questa operazione senza confondere il consumatore, senza annoiarlo e senza dirgli che l’uno è megliore dell’altro. E poi puntare sul territorio, il Conero è uno dei luoghi più belli d’Italia». Un luogo dove è unico il «legame tra uve e territorio − afferma Riccardo Cotarella, presidente dell’associazione enologi ed enotecnici italiani −. Persino gli enologi marchigiani hanno un rapporto sentimentale con la loro terra, prima ancora delle caratteristiche scientifiche del vino parlano della cultura del territorio che lo ha prodotto». Ma quali sono le doti del Rosso Conero? «È un vino che non deborda, più equilibrato rispetto ai rossi del Molise e dell’Abruzzo − illustra l’enologo −, ha una mineralità dovuta alla sua esposizione al mare e non è mai banale pur non andano mai oltre al contenuto di “ciccia” come diciamo noi. Certo non è un vino di moda, ma spesso una divulgazione lenta è più solida nel tempo».

L’intervento di Carlo Garofoli dell’omonima azienda al convegno sul Rosso Conero

Dunque, si è guardato al futuro nel convegno di Camerano, ma non c’è progresso che non si fondi sulla storia. A custodire la memoria degli inizi della denominazione, i produttori Carlo Garofoli, dell’omonima azienda, e Massimo Bernetti presidente di Umani-Ronchi, che hanno ricordato l’origine della denominazione. «In pochi eravamo convinti della differenza del nostro vino con il Monte Pulciano ed il Rosso Piceno, ma ci abbiamo creduto ed abbiamo iniziato l’iter» raccontano. E Bernetti lancia l’idea di una nuova promozione della denominazionae: «Recuperare la “Strada del Rosso Conero”, realizzata alcuni anni fa e poi abbandonata. Un percorso che da Ancona attraversava la Riviera, Osimo, Castelfidardo per ricongiungersi poi a Candia. Un itinerario che va rispolverato e valorizzato puntando alla visita delle cantine, dei nostri monumenti e delle nostre bellezze paesaggistiche, facendo leva sui milioni di turisti che passano per il porto di Ancona, un’occasione da non perdere per tutto il territorio».

 

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