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‘Spese facili’, i giudici sull’assoluzione
dei consiglieri regionali:
«I rimborsi erano legittimi»

SENTENZA - Nelle motivazioni del verdetto che ha assolto anche in appello Spacca, Bugaro, Comi, Binci e Ricci viene ravvisata la doppia natura della attività portate avanti dai politici, quella inerente in maniera diretta all'attività istituzionale e quella che prescinde dalla sfera politica. I soldi spesi in quest'ultimo contesto non possono essere ritenuti illegittimi

L’avvocato Marina Magistrelli e Francesco Comi all’epoca del primo grado del processo

 

«È chiaro dunque che non può condividersi l’assunto dell’Accusa che circoscrive l’attività politica del gruppo alla sola attività istituzionale svolta in occasione delle sedute della assemblea regionale, che costituiscono solo l’atto finale di una attività molto più varia, ma comunque classificabile nell’ambito dell’attività funzionalmente propria del gruppo». Scrivono così i giudici d’appello sulle motivazioni della sentenza che lo scorso febbraio ha decretato l’assoluzione bis per i cinque ex componenti del Consiglio Regionale che in primo grado avevano scelto di farsi giudicare con il rito abbreviato. Si tratta  dell’ex governatore Gian Mario Spacca, l’ex vicepresidente dell’Assemblea legislativa Giacomo Bugaro, l’ex segretario regionale Pd Francesco Comi, l’ex capogruppo di Sel Massimo Binci e l’ex addetto al gruppo Pd Oscar Roberto Ricci. I politici, già scagionati in primo grado, erano accusati di peculato per aver amministrato in maniera illegittima fondi pubblici tra il 2008 e il 2012, nell’ambito di due diverse legislature.

Spacca

I giudici del tribunale della Corte d’Appello, d’accordo con il gup del tribunale di corso Mazzini, non hanno però ravvisato alcuna irregolarità per le presunte ‘spese facili’ contestate dalla procura. Questo perchè hanno fatto valere la doppia valenza delle attività portate avanti dai consiglieri. Da una parte – scrivono i giudici – c’è quella «più propriamente parlamentare, diretta alla formazione delle leggi regionali, e quello della attività politica, che inevitabilmente ogni gruppo esplica in quanto diretta espressione dei partiti politici e che risulta articolata, multiforme e, quindi, comprensiva anche di azioni volte a promuovere, mantenere e rafforzare il rapporto con gli elettori». Dunque, nel momento in cui venivano organizzati eventi, atti di beneficenza o acquisti di libri non c’era illecito. Dice ancora la sentenza, firmata pochi giorni fa dai giudici: «Tra i rimborsi di cui ciascun consigliere beneficia rientrano a pieno titolo quelli relative a spese effettuate anche nell’esplicazione di attività politica in senso lato, per le quali non possono ritenersi destinate, come sembra adombrare l’appellante , le indennità mensili di carica e di funzione, che hanno diversa e distinta finalità».  Il capitolo delle ‘spese facili’ non è però terminato. In corso, al tribunale di Ancona, c’è l’udienza preliminare per 60 ex consiglieri per cui le accuse erano cadute con la sentenza di proscioglimento del gup Francesca Zagoreo. Il verdetto era stato impugnato dalla procura e giudicato dalla Corte di Cassazione che ha poi rimesso gli atti al palazzo di giustizia, dando inizio a un nuovo procedimento.

(Fe.ser)

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