Dopo 75 anni di abbandono
i reperti dell’ex convento
di San Francesco ritrovano casa

ANCONA – Trasferite oggi a Palazzo Camerata le prime opere della memoria storica di Ancona, sepolte e dimenticate nel centro storico dal dopoguerra. A dieci anni dalla “riscoperta”, spera di rivedere la luce anche la Sala del Capitolo e le decine di tesori che contiene. Le operazioni di salvataggio continuano giovedì e venerdì

Una fase del trasporto all’interno di Palazzo Camerata, sede dell’Assessorato comunale alla Cultura

 

di Giampaolo Milzi

“E quindi uscimmo a riveder le stelle”. Se quelle pietre di grande valore parlassero pronuncerebbero l’ultimo, celebre versetto de “L’Inferno” di Dante Alighieri. La frase espressa dal sommo poeta quando, dopo aver faticosamente attraversato con Virgilio la “la natural burella” che collega l’Inferno alla spiaggia dell’Antipurgatorio, contempla il cielo stellato dell’altro emisfero. Parole che ben si addicono all’evento “andato in scena” oggi nella zona in cui il tratto finale di via Fanti separa l’ingresso di una specie di tunnel del complesso dell’ex Convento di San Francesco alle Scale (salendo a sinistra subito dopo la scuola Tommaseo) e l’entrata di Palazzo Camerata, una manciata di metri più giù sulla destra, sede dell’assessorato comunale alla Cultura. A partire dalle 9 di stamattina è scattata l’operazione di recupero e trasferimento di circa 15-20 reperti scultorei, quasi tutti di epoca medievale o rinascimentale, costretti nel buio e dimenticati nella galleria sopra citata dall’immediato dopoguerra, dopo che tra l’autunno del 1943 e la primavera del 1944 sia la trecentesca chiesa di San Francesco, che i vari edifici con chiostro della vastissima zona monastica erano stati devastati e quasi totalmente distrutti dai bombardamenti aerei degli alleati. Un’operazione attuata nel cuore del centro storico del capoluogo marchigiano sotto la regia della Soprintendenza unica delle Marche con sede ad Ancona, che (dopo un sopralluogo nei giorni scorsi) ha ingaggiato per la straordinaria occasione la “Gamma srl” di Fano, specializzata nella conservazione e restauro di beni artistici. Un lavoro complesso e delicato, che alle 13, prima della pausa per la ripresa pomeridiana, ha consentito di riportare alla luce e sistemare nel cortile di Palazzo Camerata quasi una decina di pezzi di grande valore artistico. Tra questi alcuni che meritano un approfondimento.

I tecnici della ditta “Gamma” al lavoro all’ingresso della galleria dell’ex Convento di San Francesco alle Scale

A cominciare dalla lastra con lo stemma araldico di una nobile famiglia anconetana e la scritta in caratteri gotici che recita in latino “Nel nome di Dio Amen. Anno del Signore 1381. Questo è il sepolcro di Andriolo Mugnadini di Ancona e dei suoi Eredi “. Protagonista dell’identificazione dell’opera, l’appassionato di storia anconetana Giuseppe Barbone, ex funzionario del settore municipale Cultura e consulente dell’Urlo Indiana Jones Team, gruppo del free press locale che si dedica da anni al recupero e alla valorizzazione di beni e siti storici di pregio artistico-architettonico. L’opera era originariamente collocata ai piedi del gradini del pulpito della chiesa di San Francesco alle Scale, ricoverata dopo gli eventi bellici, come tante altre, nell’ambiente voltato e oscuro che si apre, chiuso da una cancellata, in via Fanti. Risale al 1437 e un tempo era nella stessa chiesa – sempre secondo Barbone – un’altra piastra sulla quale si eleva di pochi centimetri lo scudo di un altro casato di sangue blu anconetano, quello dei Tancredi (tra i vari edifici di cui erano proprietari in città, uno ancora esistente in via degli Orefici), caratterizzato da una grande stella (originariamente dorata) ad otto punte e sormontato da tre gigli allineati. E ancora, alcuni esempi di altri affascinanti reperti di cui la storia è ancora tutta da scrivere: una parte di stele con iscrizione, due grandi stemmi spezzati; un’ampia lastra con scritte anche queste in gotico; un’altra, che sembra un grosso mattone, con su incise le parole “REGINA CIELI” e sotto un cuore; un capo con la bocca spalancata, che sembra di un angelo, tecnicamente un “doccione”, pertinente alla parte terminale di una delle tante condotte idriche, che caratterizzavano i plurisecolari palazzi, con funzione di deflusso delle acque piovane. Sul posto, a guidare le operazioni per la Soprintendenza, il dott. Pierluigi Moriconi, funzionario storico dell’arte, e la dott.ssa Francesca Farina, assistente tecnica del settore storico-artistico. E, con competenze di vigilanza, un carabiniere del Nucleo tutela patrimonio culturale (NTPC).

Lo storico dell’arte della Soprintendenza, Pierluigi Moriconi, con alcuni reperti

Olio di gomito, professionalità e cura estrema, da parte dei quattro addetti della “Gamma srl”: hanno prelevato questi importanti tasselli della storia anconetana, quasi tutti in pietra calcarea del Conero, e muniti di una piccola impalcatura mobile e di un carrello hanno fatto la spola fra l’oscuro antro conventuale e il cortile di Palazzo Camerata. L’impresa di trasferimento, secondo quanto programmato, dovrebbe essere ultimata dopodomani. Perché, si sa, c’è ancora tanto da mettere in salvo. La scoperta di questo giacimento di tesori risale infatti al 12 novembre del 2015. Quando per la prima volta una delegazione di tecnici comunali, guidata dall’ing. Ermanno Frontaloni, dirigente dell’Ufficio Patrimonio, e integrata, fra gli altri, da due componenti dell’Urlo Indiana Jones Team e del gruppo Recuperankona, aveva compiuto una lunga e difficoltosa visita fra le rovine del complesso dei frati francescani. I due dell’Urlo Indiana Team e di Reuperankona, seguiti poi da Frontaloni, si erano spinti fino al cunicolo voltato riaperto stamattina. E, nonostante il buio, avevano fotografato molte “pietre della memoria”, poi studiate da Barbone. Tra queste, quelle che saranno salvate e spostate a Palazzo Camerata domani e venerdì: una lastra ampia circa 1 metro per 2 su cui è scolpito un incantevole angelo con un’ala spezzata; un’altra, particolarmente intrigante dal punto di vista iconografico (rotta in tre parti rimaste unite) che raffigura un uomo seduto vestito con abito lungo e drappeggiato, dal volto barbuto, che tiene in mano un libro e guarda, sembrando che gli parli, il busto di una figura maschile in cima a un capitello. E ancora: lo stemma e una lapide con testo biografico dell’altolocata famiglia Grazioli (sec. XVII), due specie di steli rappresentanti il blasone degli Scalamonti (1508), una lastra, originariamente parte di un manufatto più grande, su cui campeggia il leone rampante dei Fazioli (sec. XVI); secondo Barbone pezzi relativi, anche questi, a sepolcri anticamente presenti nella Chiesa di San Francesco alle Scale. Nel tunnel dei tesori ci sono altre lastre medievali di pietra con iscrizioni, un pezzo di colonna antichissima, numerosi elementi e frammenti architettonici e scultorei finemente lavorati con motivazioni ornamentali. Il tutto ancora giacente tra enormi strati di polvere, sporcizia, pezzi di tubature innocenti, travi di legno, materiale edile frutto di crolli.

Alcune delle opere scultoree poco prima del trasferimento

Il dott. Moriconi e la dott.ssa Farina, con l’aiuto di Giuseppe Barbone, approfondiranno insieme lo studio dei reperti – una volta tutti recuperati – approntando delle brevi schede descrittive di catalogazione. Reperti che, grazie alla piena collaborazione dell’assessore comunale alla Cultura, Paolo Marasca, potrebbero essere esposti – secondo una prima ipotesi e per un periodo iniziale – nelle sale di Palazzo Camerata.
Quindi, sarà la volta della seconda tappa dell’impresa. Ovvero l’accesso nel Salone del Capitolo in cima a via Fanti, prima della seconda guerra mondiale parte fondamentale dell’ex Museo Archeologico delle Marche (l’unico edificio rimasto in piedi del complesso conventuale) dov’è abbandonato da 75 anni un altro tesoro di “pietre della memoria anconetana”. Un tesoro costituto, anche in questo caso, da stemmi araldici, tra i quali quello monumentale di Papa Innocenzo XII (fine ‘600),
da una lapide commemorativa di Papa Urbano VIII (prima metà del ‘600), da una testa di leone, da un bassorilievo in pietra di paragone con prigionieri legati e con i capi coperti da turbanti (del 1614, parte del complesso tombale di Giovan Battista Grazioli proveniente dalla chiesa di San Francesco), numerosissime lastre tombali con iscrizioni, frammenti di colonne e di elementi architettonici, un meraviglioso portale del ‘500, tutti reperti databili XIV – XVIII secolo.

Lo stemma araldico proveniente dal sepolcro del nobile Andriolo Mugnadini

Scoperti, e dimenticati dalle istituzioni, nel lontano marzo 2008 dall’Urlo Indiana Jones Team, Giuseppe Barbone e dal compianto dott. Giuseppe Jannaci, anche lui ricercatore ed esperto di storia locale.

(Foto Urlo Indiana Jones Team e Recuperankona)

Alcune “pietre della memoria” ricollocate nel cortile di Palazzo Camerata

 

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