Chiesa di San Gregorio,
dal Siciolante alle pale dimenticate:
un tesoro recuperato

ANCONA - L'edificio che aveva riaperto le porte in via Birarelli il 14 dicembre 2018 dopo ben 46 anni, tornerà ad ospitare le splendide opere d'arte: non solo quella dell'altare maggiore, ma altre quattro finora custodite nella caserma della Guardia di finanza

La chiesa di San Gregorio armeno

 

di Giampaolo Milzi

Non solo l’attesissimo e sospirato rientro della pala che vale un tesoretto, quella dell’altare maggiore, opera del pittore manierista Siciolante dal Sermoneta. Poi anche il trasferimento della altre quattro pale che ornavano gli altari laterali, dimenticate un po’ da tutti ma non dalla Soprintendenza unica delle Marche, le cui foto compaiono a corredo di questo articolo.

La pala d’altare maggiore del Siciolante da Sermoneta

Insomma, la Chiesa di San Gregorio Illuminatore (prima San Bartolomeo, a fianco dei resti dell’Anfiteatro Romano), che aveva riaperto le porte in via Birarelli il 14 dicembre 2018 dopo ben 46 anni, ma priva di qualsiasi opera pittorica, tornerà davvero ad essere bellissima, con la sua candida struttura interna arricchita da grandi e coloratissimi dipinti. Nel corso dell’ultimo Consiglio comunale, l’assessore alla Cultura Marasca – rispondendo ad una interrogazione della consigliera M5S Daniela Diomedi, aveva annunciato l’arrivo da Calcinate di Bergamo ad Ancona del capolavoro del Siciolante entro la prossima primavera. Ma nel puntualizzare anche la decisione, in accordo con la Soprintendenza, di riportare nell’antica chiesa d‘impianto cinquecentesco-settecentesco «le altre opere che vi si trovavano originariamente, anche se sono sparse e non sarà semplice», era rimasto sul vago riguardo la loro identificazione. In realtà le quattro più grandi di quelle opere si trovavano nel salone d’onore della caserma sede regionale della Guardia di finanza (con ingressi in piazza del Plebiscito, accanto alla Chiesa di San Domenico, corso Mazzini e via Zappata) nel capoluogo marchigiano quindi. La conferma del recupero collettivo, mercoledì mattina da parte di Pierlugi Moriconi, storico dell’arte della Soprintendenza: «Finalmente ci siamo, lo spazio dietro l’altare maggiore è pronto. Al massimo entro fine giugno, ma credo anche tra un mese, il Siciolante sarà trasportato in chiesa. E dentro la chiesa vedremo se occorrerà effettuare un restauro vero e proprio, ma non credo, o basterà una semplice ripulitura». Quanto alle altre pale (due per ciascun lato della navata unica) «ho già parlato da tempo col comandante della caserma delle fiamme gialle, che ha dato la sua massima disponibilità per la restituzione», ha aggiunto Moriconi.

San Gregorio Illuminatore

Ma come ci erano finite le quattro storiche tele in custodia dai militari? In base ad un verbale d’accordo firmato nel 1988 dall’allora arcivescovo Maccari e i vertici delle Fiamme gialle (autorizzato dalla Soprintendenza), che si impegnavano a promuoverne la conservazione, ad occuparsi di eventuali restauri e a restituirle su richiesta dell’Arcidiocesi e della stessa Soprintendenza. Dalla chiesa di San Gregorio erano state evacuate dopo i gravissimi danni subiti dall’edificio a causa del sisma del 1972 (e c’è voluto quasi mezzo secolo per ristrutturare la chiesa, causa un cantiere a singhiozzo, costato al Segretariato generale Marche del ministero per i Beni e le attività culturali – Mibact quasi 1 milione di euro), troppo grandi per essere esposte stabilmente al Museo Diocesano, da qui la soluzione del prestito alla Finanza. Che le ha conservate in maniera perfetta. Uno dei quadri, tutti di autore ignoto, raffigura San Gregorio l’Illuminatore (sec XIX). I soggetti degli altri, più antichi: il Sacro Cuore con Sant’Ignazio di Loiola e San Francesco Saverio (sec  XVII); San Bernardo in estasi davanti a Madonna con Bambino ed angeli (sec XVIII), Santa Palazia in preghiera con Cristo tra due Santi (sec XVIII). Tornando alla priorità tra le priorità, l’annunciato viaggio ad Ancona della pala del Siciolante, va ricordato che fu trafugata su ordine di Napoleone nel 1811 e quindi portata a Milano dai commissari del provvisorio Regno italico. Nel secolo scorso fu affidata alla Pinacoteca di Brera, che poi l’ha trasferita nella sagrestia di una chiesetta di Calcinate, in provincia di Bergamo, dove si trova ancora, parte di un circuito espositivo. E c’è voluto oltre un anno di difficili “trattative” per l’ok al ritorno ad Ancona e quindi nella chiesa di San Gregorio. Moriconi: «Sono stato a Milano e alla Pinacoteca ministeriale di Brera, a parlare con chi di dovere. E anche a Calcinate, per un confronto definitivo e risolutivo col parroco. La sua chiesetta avrà in cambio un dipinto di Brera».

Il Sacro Cuore con Sant’Ignazio da Loiola e San Francesco Saverio

Quanto al trasferimento ad Ancona sarà a carico del Comune dorico. E per l’eventuale restauro-ripulitura, si è già da un anno offerto gratuitamente il noto restauratore anconetano Carlo Giantomassi. La pala firmata dal Siciolante nel 1570 è un olio su tela (altezza 530 cm, larghezza 270): raffigura la Madonna col Bambino Gesù in trono, ai lati Sant’Agnese e Sant’Agata, sotto San Paolo, San Bartolomeo, Sant’Antonio Abate e Sant’Agostino); in basso a sinistra il mercante armeno Giorgio Morato che lo commissionò.
Infine, Moriconi promette di darsi da fare per riportare a San Gregorio anche gli altri dipinti “sparsi” ad Ancona (per usare il termine dell’assessore Marasca). A cominciare da quello del Belluzzi che ritrae Santa Anastasia, che le monache armene portarono in chiesa quando ne presero possesso nel 1847, esposto nel Museo Diocesano. Ammirabili invece in Pinacoteca Comunale, e quindi possibilità di rientro a San Gregorio anche per due olii su tela: un “San Giovanni Evangelista nell’isola di Patmos” (sec XVI) e una grande “Visione della Croce”, di Giacinto Brandi (sec XVII). Nel breve periodo tra fine ‘700 e inizi ‘800 dell’occupazione francese di Ancona, sparirono (e non sono più stati rintracciati) i quadri della “Annunciazione” del Bellini e il “Cristo risorto” del Salimbeni Ventura (entrambi del XVI secolo). Infine, un libro del 1777, scritto da Francesco Oretti, cita la presenza in chiesa di molte altre opere pittoriche di cui non si sa più nulla: “San Giovanni Battista”, “La Canavea”, “Santa Maria Maddalena”, “Mosè trovato nel Nilo”, “Sant’Ubaldo”, “Sant’Agostino”, “Samaritana”, “Adorazione dei Magi”, “Sant’Anna, Beata Vergine, San Giuseppe”.

 

Santa Palazia in preghiera con Cristo tra due Santi

San Bernardo in estasi davanti alla Madonna con Bambino ed angeli

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