Colpo di scena ieri pomeriggio in Consiglio comunale a Camerano: Barbara Mori ha annunciato la sua uscita dalla maggioranza e il passaggio al gruppo misto, in minoranza. Una decisione che, ha chiarito l’ex assessora, non nasce da risentimenti personali, ma da una profonda coerenza con i valori in cui crede e dal rispetto verso il mandato ricevuto. Dopo tre anni con deleghe strategiche, revocate unilateralmente dal sindaco Mercante, Mori ha denunciato la mancanza di confronto politico e di continuità amministrativa come elementi che hanno reso insanabile la frattura con l’attuale esecutivo.
«La revoca non è stata l’unica causa. Il vero segnale è arrivato dopo: nessuna figura femminile è stata nominata al mio posto, né si è avviato un ragionamento strategico per proseguire il lavoro intrapreso. L’assegnazione delle deleghe assessorili non può ridursi a un’operazione emergenziale di ripartizione delle funzioni “per tenere a galla la barca. Servono competenze, dedizione, lungimiranza, passione e visione». ha affermato con tono fermo ma misurato.
Particolarmente netta la sua posizione sulla parità di genere, un tema che, a suo dire, ha subito un preoccupante arretramento con la nomina di un nuovo assessore – ancora una volta uomo – sancita dall’atto sindacale n. 8 del 28 luglio, in apparente deroga all’art. 46, comma 2 del D.Lgs. 267/2000, all’art. 28 dello Statuto Comunale, nonché al principio di parità di genere esplicitamente richiamato nel Regolamento del Comune di Camerano; «La parità di genere non è una formalità burocratica, è un dovere morale e politico. È il metro con cui si misura la credibilità di chi governa». Pur riconoscendo le difficoltà nella selezione di nuovi assessori, Mori ha criticato l’approccio rinunciatario del sindaco, che ha giustificato l’assenza di nuove nomine femminili con l’indisponibilità di sei candidate.«Non si possono usare i numeri per giustificare l’assenza delle donne. La parità non è un vincolo da aggirare, ma un principio da perseguire. Le sentenze non possono diventare uno scudo per mascherare l’assenza di volontà politica». La scelta di non coinvolgere donne, ha aggiunto Mori, segna un ritorno a logiche chiuse e autoreferenziali che minano la credibilità dell’azione amministrativa.
«L’efficienza non può diventare un alibi per l’esclusione. Lasciare le donne fuori dai luoghi decisionali è una ferita democratica e il segno di una politica che ha perso il coraggio di innovare». Alla luce della decisione del Sindaco di trattenere per sé la delega alla Cultura, con un Question Time in Aula, la consigliera Mori ha acceso i riflettori su un ambito strategico spesso trascurato: la cultura. Ha definito “grave” la mancanza di una visione politica chiara in questo settore, ribadendo che la cultura non è un comparto accessorio, ma un motore fondamentale di coesione sociale, partecipazione e sviluppo sostenibile. «La cultura non può essere trattata come un semplice capitolo di spesa, ma come un investimento sul futuro. È attraverso la cultura che si costruisce identità, si promuove il dialogo, si combatte l’emarginazione. Senza una visione culturale, anche l’amministrazione perde senso».
Mori ha espresso forte preoccupazione per l’assenza di un progetto culturale credibile, aperto e partecipativo, considerandolo il sintomo di una politica che ha smesso di guardare lontano. Ha inoltre ribadito che auspica che la cultura non si limiti a iniziative sporadiche o eventi di facciata che non possono in alcun modo sostituire una strategia organica capace di valorizzare i talenti locali, i luoghi della memoria e le energie del territorio. «Investire in cultura significa investire nella qualità della democrazia. Significa dare spazio ai giovani, alle donne, alle periferie del pensiero, al turismo, alle attività culturali diffuse sul territorio. Camerano ha tutte le potenzialità per essere un laboratorio di innovazione culturale, ma serve una volontà politica vera». Infine, ha criticato la scelta del sindaco di accorpare a sé una delega così impegnativa, sottolineando come il primo cittadino dovrebbe concentrare le proprie energie nel ruolo di guida amministrativa dell’Ente, senza sovraccaricarsi di incarichi che, per loro natura, richiedono tempo, passione e competenze specifiche.
«Tenere per sé la delega alla cultura rischia di ridurla a funzione simbolica o marginale. Servirebbe invece una figura dedicata, presente, capace di dialogare con il territorio. Se la cultura è davvero l’anima di una città, allora va trattata con rispetto, visione e impegno quotidiano». Secondo Mori, l’equilibrio di genere e la centralità della cultura non sono solo questioni di giustizia, ma leve fondamentali per migliorare la qualità della governance. Da qui la sua decisione, definita “politica e di principio”, di allontanarsi dalla maggioranza: «Il rispetto della parità non è un favore. È un obbligo. Oggi la Giunta è composta da tre uomini e una sola donna: non è un dettaglio tecnico, ma il risultato di una scelta. E ogni scelta comporta responsabilità».
La consigliera ha inoltre preso le distanze dai metodi dell’attuale maggioranza, accusandola di aver smarrito il senso del confronto e della partecipazione: «La progettualità non può prescindere dai valori. Se per realizzare un programma si sacrifica la dignità, si imbocca una strada pericolosa». Mori ha garantito un impegno vigile e costruttivo in minoranza, fondato su ascolto e libertà di giudizio:«Non farò sconti, ma neppure opposizione pregiudiziale. Valuterò ogni atto nel merito, nell’interesse esclusivo della comunità». In chiusura, ha rivolto un appello diretto a cittadine, cittadini e realtà del territorio, rinnovando il suo spirito di servizio:«I ruoli passano, ma lo spirito di servizio resta. Continuerò a lavorare con coerenza, coscienza e libertà. Camerano merita davvero di più» ha concluso Mori.
Revocata la delega da assessore alla Cultura a Barbara Mori: «I motivi? Dinamiche interne»
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