di Nicoletta Paciarotti
Fumogeni, tricolori e un megafono che taglia il silenzio di una mattina tesa.
È così che il Comitato Remigrazione e Riconquista ha scelto di fare la sua prima uscita pubblica ad Ancona, alzando la voce in una piazza che si è presto riempita di bandiere nazionali e cori. Tutt’intorno schierate, le forze di polizia.
«Ci portano via pezzi di città ogni giorno, questa non è accoglienza ma resa», scandisce Giorgio Ferretti, responsabile regionale del movimento, dal microfono piazzato sotto il monumento. Poi chiarisce il doppio obiettivo del comitato: «far entrare nel lessico politico la parola remigrazione» e, al tempo stesso, «concretizzarla con una proposta di legge di iniziativa popolare». Il testo — ha spiegato Ferretti — prevede da un lato il rimpatrio degli immigrati irregolari, soprattutto di chi delinque, e dall’altro l’istituzione di un Ente nazionale per la Remigrazione, incaricato di sostenere e incentivare il ritorno volontario nei Paesi d’origine. Nei prossimi mesi il comitato avvierà una raccolta firme per portare la proposta in Parlamento. Alle sue spalle, una cinquantina di aderenti al Comitato, tra appartenenti a CasaPound, Veneto Fronte Skinhead, Rete dei Patrioti e Brescia ai Bresciani. Ferretti lo dice chiaro: «Non cerchiamo lo scontro, ma difendiamo il diritto di dire la nostra in ogni piazza d’Italia».

Il sit-in per la Remigrazione
Poco più in là, alla Pineta, si muove una piccola folla di contestatori. Urlano “vergognati”, sparano cori dei 99 Posse (“Se vedo un punto nero ci sparo a vista”). La Digos e la polizia presidiano ogni metro per evitare contatti diretti, mentre Ferretti si rivolge a loro dal palco: «Questi pagliacci ci chiamano fascisti, ma chi difende la libertà è qui».
L’aria si fa densa di fumo tricolore. Partono cori patriottici e l’inno nazionale, la piazza risponde battendo le mani. «Non odiamo nessuno — chiude Ferretti — ma amiamo l’Italia. Qualcuno ha confuso l’accoglienza con la sostituzione, la solidarietà con la resa. Noi non lo accettiamo».
Quando la manifestazione si scioglie, i contestatori si spostano sul viale e continuano a cantare: questa volta “Bella ciao”. Il tutto si conclude senza scontri, ma con l’intenzione — dichiarata — di tornare presto in tutte le province marchigiane.

I contestatori al lungo il Viale
Mezz’ora prima dell’inizio del sit-in al Monumento ai Caduti, in piazza Diaz si era già radunato un gruppo di Potere al Popolo Ancona, che aveva lanciato un appello pubblico per una contro-manifestazione antifascista. Il movimento ha spiegato di voler contestare il concetto xenofobo e razzista della remigrazione, definendolo «un tentativo di CasaPound di insinuarsi in città».Tra sigle antifasciste e collettivi locali, hanno esposto uno striscione con scritto “Ancona non si tocca – no alla propaganda razzista”.
«Con il presidio di oggi abbiamo dimostrato che in questa città non staremo a guardare ogni qualvolta i fascisti proveranno a blaterare il loro odio – ha commentato il consiglierei comunale Francesco Rubini – Ancona è una città dalle profonde radici antifasciste, democratiche e costituzionali e come tale saprà reagire ad ogni rigurgito violento, xenofobo e razzista».

La contro-manifestazione davanti al Municipio
Dalla Questura fanno sapere: «Per l’occasione è stato messo in campo dal Questore Capocasa, d’intesa con il Prefetto Valiante, un efficace ed articolato dispositivo di ordine e sicurezza pubblica, a tutela dell’incolumità collettiva, con l’impiego di oltre 60 operatori delle Forze dell’Ordine tra Polizia di Stato, Arma dei Carabinieri, Guardia di Finanza, Polizia Locale, che ha consentito il regolare svolgimento di entrambe le manifestazioni, senza far registrare alcuna forma di contrapposizione, salvaguardando il diritto di riunione e di manifestazione del libero pensiero da parte di tutti i partecipanti»

Parte delle forze dell’ordine schierate
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