Falesia del Passetto, il Comune rimuove i segni delle frane, ma anche per questa estate resteranno i divieti di accesso alla costa del Cardeto. Appaltati i lavori per il ripristino delle reti paramassi e per lo svuotamento delle stesse dopo i crolli di dicembre e settembre scorsi lungo la costa della Grotta Azzurra. I lavori da 25mila euro sono stati assegnati all’impresa Tecnorock di San Costanzo (Pesaro Urbino) per rimuovere entro l’estate i pericolosi massi che si sono abbattuti dalla falesia del Cardeto e che sono stati trattenuti nelle reti di sicurezza. E’ un primo passo per riportare in sicurezza il litorale della cosiddetta Grotta Azzurra, ma non sarà sufficiente per rimuovere il divieto di accesso in vigore dal lontano 2007. Lo conferma l’assessore alle manutenzioni Stefano Foresi. “Per la messa in sicurezza della falesia dalla grotta 95 verso la Seggiola del Papa è necessario un altro progetto, come anche per la falesia del Cardeto. La pulizia della rete paramassi è comunque un intervento di sicurezza, che altrimenti non avrebbe potuto contenere altre frane” spiega l’assessore.
I tempi non sono di certo brevi, come non è facile nemmeno la caccia alle risorse. Già nel lontano 2001, il Comune aveva conteggiato ben 9,6 milioni di euro necessari per il consolidamento dell’intera costa dal Guasco al sentiero di via Panoramica, altri 700mila euro sarebbero necessari solo per la rupe del Passetto che sovrasta lo scoglio della Seggiola del Papa, tra l’altro di proprietà privata, secondo Palazzo del Popolo. Lo scorso dicembre è arrivato l’ultimo input della giunta, dopo quasi 20 anni di silenzio in materia: la squadra di governo ha dato mandato agli uffici di studiare un nuovo piano di interventi “aggiornato alle migliori tecnologie disponibili”. Con questo documento alla mano si potrà andare a bussare a Regione e Ministero per intercettare quei fondi statali ed europei fondamentali per realizzare le opere. Un’operazione finora riuscita solo con il sentiero di accesso della Grotta Azzurra che si apre da via Panoramica, rimesso a nuovo con un progetto da 2,1 milioni, finanziato in parte dagli stessi grottaroli con il pagamento dei diritti di superficie e per 1,5 milioni da Ministero dell’Ambiente, che però mette al riparo dalla caduta massi solo la prima decina di grotte del litorale.
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