facebook rss

Abbandonano la società consumista
e si rifugiano nella natura:
la Tribù delle noci sonanti in un film

VIAGGIO - L'incontro con Fabrizio, il fondatore, e suo figlio Siddharta che vivono a Cupramontana senza luce né riscaldamento. La loro storia ha catturato l’interesse di due giovani registi: Damiano Giacomelli e Lorenzo Raponi, entrambi di Tolentino, che l'hanno documentata attraverso una cinepresa piazzata in questo sperduto angolo di bosco dell’entroterra marchigiano. Hanno ottenuto il Premio Hera “Nuovi Talenti” al Biografilm Festival 2019 di Bologna
Il trailer del film

 

Fabrizio e Siddharta

di Francesca Marsili

Sotto le colline di Cupramontana quasi a volersi proteggere, vive un a piccola comunità in perfetta armonia con la natura, dove la giornata inizia quando lo decide il sole e si mangia solo ciò che offre madre terra, dove non c’è energia elettrica e la sera si fa luce con una lampada ad olio. Siamo in una vecchia casa colonica immersa nella campagna marchigiana dove regna un grande silenzio ed un senso di pace che fa bene all’anima, siamo nella “Tribù delle noci sonanti”. Aveva circa trentanni Fabrizio Cardinali – quando – alla fine degli anni Ottanta dopo gli studi di astronomia, sceglie di allontanarsi dalla società consumista per ritornare a d uno stile di vita antico ed essenziale, seguendo fino in fondo i principi della decrescita in totale rispetto della natura. Assieme a Fabrizio vive suo figlio Siddhartha, ha dodici anni e insieme sono il nucleo portante e gli unici membri stabili, ma la “Tribù delle noci sonanti” è aperta a tutti coloro che scelgano di condividere il suo stile di vita in cambio di una mano nei lavori perché: “una noce dentro un sacco poco rumore fa , mentre tante noci insieme suonano», questo il loro concetto. Una storia quella Fabrizio e Siddhartha talmente singolare da aver catturato l’interesse di due giovani registi: Damiano Giacomelli e Lorenzo Raponi, entrambi di Tolentino, che attraverso una cinepresa piazzata in questo sperduto angolo di bosco dell’entroterra marchigiano hanno deciso di farne un film: “Noci Sonanti”, che è valso loro nei giorni scorsi, il Premio Hera “Nuovi Talenti” al Biografilm Festival 2019 di Bologna , uno dei festival più importanti in Europa per i documentari cinematografici.

Lorenzo Raponi, Siddhartha e Damiano Giacomelli durante le riprese del film

Per chiunque cerchi “La Tribù delle noci sonanti”, il segnale è una bandiera della pace appesa ad un ramo di una grande quercia sulla strada che da Jesi porta a Cupramontana. Lì bisogna parcheggiare l’auto e proseguire a piedi per una stradina di terra in discesa. Dopo pochi minuti di cammino si arriva al casolare. Al nostro arrivo c’è un ospite nella comunità, si chiama Carmelo , è di Forlì, avrà circa cinquant’anni e sta sistemando le tegole del tetto. Arrampicato su di un albero di prugne selvatiche c’è Siddhartha, ha lunghi capelli biondi, una piuma in testa e due occhi che sembrano dipinti. Chiediamo al ragazzino se c’è Fabrizio e scendendo dall’albero con la velocità di un furetto porgendo i tre piccoli frutti appena raccolti ci accompagna da suo papà. Dalla piccola porticina di casa dove si entra rigorosamente senza scarpe esce Fabrizio, ha una lunga barba bianca che cela un timido sorriso e seduto su di un gradino all’ombra di una pianta cresciuta spontaneamente inizia a raccontare la sua vita e quella della Tribù. «Qui l’orologio non esiste è tutto molto lento, il tempo è scandito dal canto del gallo e dai ritmi della natura. La mattina inizio praticando lo yoga e recitando i mantra della meditazione buddhista. Anche Siddhartha fino qualche anno fa pregava con me, oggi preferisce correre fuori a giocare con i suoi amici animali – racconta Fabrizio – Qui sono tante le cose da fare quotidianamente. Bisogna sistemare gli stoppini carbonizzati delle lanterne a olio con cui di sera si illumina la casa senza elettricità altrimenti la fiamma fa poca luce, ricicliamo l’olio esausto che gli amici ci lasciano in cima alla stradina. Gran parte del tempo è impegnato nel taglio della legna, ne serve molta ogni giorno per scaldarsi e cucinare visto che in casa non abbiamo il gas».

La Tribù cerca di produrre quanto più possibile, sono pochi gli alimenti che vengono comperati perché l’ obiettivo è l’ autosufficienza. Oltre a coltivare frutta e verdura, la piccola comunità fa in casa pane, olio, miele e marmellate . La dieta è rigorosamente vegetariana e si rifà ai principi della macrobiotica. Il grano proviene da amici e conoscenti. La macinatura occupa anch’essa molto tempo tempo perchè avviene attraverso una macinatrice a pietra manuale. La farina è fondamentale per la tribù: serve a produrre il pane destinato in parte al proprio sostentamento ed in parte allo scambio, assieme agli altri prodotti che la piccola comunità produce, con prodotti che alla tribù mancano attraverso piccoli mercatini locali, tornando di fatto al baratto. Niente carne, pesce, uova, latte e derivati oltre l’alcol, la caffeina e qualsiasi tipo di zucchero. Si mangia sul tappeto, dopo averci steso sopra una tovaglia. Ogni componente ha la sua scodella di legno personale, Siddhartha ha quella più piccolina. Topinambur selvatici, cime di senape, erbe spontane e, nelle vecchie pentole di coccio della Tribù capita di trovare cibi mai visti e mai sentiti nominare. Per cucinare si riutilizza più volte la stessa acqua in modo da evitare gli sprechi. Niente spugne o sapone , si lava con acqua e cenere, la stessa utilizzata per tenere a bada le lumache nei campi. «Mi sembra che l’essere umano sia fatto per questo tipo di vita – afferma Fabrizio – anche se oggi la direzione della società va da tutt’altra parte, io ho scelto di ritornare a vivere sulla terra, a sporcarmi di terra, ad odorare di terra e a dipendere dalla terra. E’ stata una scelta di libertà e di grande rispetto verso la natura che deve essere preservata. Il mio stile di vita è un modello di alternativa possibile, non solo per le persone, ma per il mondo, per l’ambiente, per l’umanità e per il futuro» .

La locandina del film

Niente televisione quindi, né radio, né frigorifero né computer verrebbe subito da pensare, la loro esistenza si basa su altro. Siddhartha è nato in casa, nel 200 7 esattamente come si faceva mezzo secolo fa e non ha mai indossato un pannolino usa e getta. Sua madre si chiama Gessica, era la compagna di Fabrizio, anche lei un membro della Tribù ma ora vive in Liguria dove, comunque, ha uno stile di vita simile al precedente. Da quando i genitori si sono separati, Siddhartha vive un mese con l’uno e un mese con l’altra. Sid è un ragazzino dal carattere duro, solare ed intelligente, tanto arguto quanto ribelle. Conosce il nome di tutti i fiori e le piante del giardino, dell’orto e dei campi, adora le sue cocorite e non lascia mai i suoi gatti. Sa arrampicarsi sugli alberi a piedi nudi, tirare le frecce di bambù con l’arco costruito dal papà, scava buche dove ripararsi dal caldo e tesse sciarpe con un telaio regalato dallo zio che poi rivende ai mercatini. Fabrizio non è solamente il babbo di Siddhartha, è anche l’insegnante di suo figlio perché per lui ha scelto l’istruzione parentale decidendo di educarlo in casa, ed ogni anno a conferma de gli insegnamenti ricevuti in famiglia, Sid deve sostenere un esame di idoneità che lo conduca poi all’anno successivo.

Il film biografia sui due personaggi girato nell’estate del 2016, restringe il campo sulla loro vita puntando l’obiettivo proprio su questo periodo, quando Siddhartha prepara assieme al papà l’esame di avanzamento alla quarta elementare, l’unico momento istituzionale della sua esistenza. Nella sua “scuola di vita”, verso l’esame finale da privatista, Sid attraversa e rimette in discussione elementi e convinzioni del suo vissuto cresciuto a stretto contatto con la natura e si confronta con uno stile di vita lontano dal suo. Una “differenza” che non potrà ignorare quando sarà il momento di formulare le prime riflessioni sul futuro. Durante l’estate Sid inizia a frequentare Sofia, una vicina quasi sua coetanea. Con lei sperimenta uno stile di vita diverso. Momenti archetipici, comuni ad ogni bambino, si alternano ad altri più legati allo stile di vita, che segnano una differenza tra la tribù e il resto del mondo. Per tutta la durata del film, frutto di due mesi di riprese, Giacomelli e Raponi ci conducono in punta di piedi, senza allontanare la cinepresa, nella straordinaria normalità della “tribù”, lontana dallo stile di vita della società dei consumi e rispettosa dell’ambiente che la circonda.

Una scena del film

«Come spesso accade nei documentari, dovevamo essere vicini ai personaggi senza essere invasivi. L’impegno principale durante la lavorazione era collegato a questo aspetto. Dal punto di vista produttivo, se la necessità di turbare meno possibile il contesto ci ha portati subito a escludere l’utilizzo di una troupe ampia, il pur ridotto budget non è stato facile da raggiungere. Per questo è stato importante un bando di produzione audiovisiva della Regione Marche, che ci ha garantito quel minimo di risorse necessarie per chiudere montaggio e post. Il film va oltre le nostre posizioni personali, non perché non abbiamo una nostra idea sul tema o sulla scelta di vita dei protagonisti. Credo che un cineasta di fronte a un’opportunità di questo genere sia tenuto a mettere in atto tutte le strategie necessarie a intercettare questi momenti e disporli in una forma funzionale per la storia. Guardare con gli occhi di Siddhartha atteggiamenti e oggetti che per noi occidentali sono scontati significa offrire allo spettatore la possibilità di farsi le domande giuste, forse per la prima volta. In un momento storico come questo, nel pieno di un collasso ambientale e di umanità causato dall’accelerazione vertiginosa e onnipervasiva dei consumi che non risparmia nessuna “tribù”, la forza civile delle Noci Sonanti è lampante, senza bisogno di proclami» confessa il regista Giacomelli.

La cassetta delle lettere

«Siamo felici del riconoscimento, certamente inaspettato come pure delle reazioni del pubblico. Ad una delle due proiezioni erano presenti anche altri due personaggi presenti nel film, Sofia e sua mamma Cinzia Pandolfi oltre ovviamente a Siddhartha e Fabrizio Cardinali che al termine del film ha attivamente partecipato ai tanti dibattiti aperti esponendo il suo punto di vista a dimostrazione del fatto che il film, apparentemente arroccato in un angolo di mondo così “diverso”, apre a temi fondamentali e a testimonianza che davvero oggi il cinema documentario offre un’ampia gamma di soluzioni di linguaggio» afferma il collega Raponi. Il film è stato prodotto da Eleonora Savi e Damiano Giacomelli per Officine Mattoli Produzioni e realizzato con il contributo di Fesr Marche – U nione Europea (EU) – Repubblica Italiana – Regione Marche e Fondazione Marche Cultura –Marche Film Commission.

</

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Torna alla home page




X