
Il cartello
La sagoma tanto discussa, la donna col cappotto e i capelli lunghi che spinge un passeggino sotto lo slogan “La strada è di tutti”, non c’è più. Qualcuno, con un accendino in tasca e una buona dose di agilità, è salito sul palo di via XX Luglio – proprio davanti alla scuola Monte Tabor – e ha bruciato la bandierina di plastica che aveva acceso il dibattito cittadino e nazionale. È sparita così, nel giro di una fiammata, quella figura che per alcuni sarebbe stata il simbolo di una donna col burqa, mentre per il sindaco Lorenzo Fiordelmondo altro non era che una madre occidentale con il figlio.
L’episodio, notato questa mattina, arriva dopo settimane di polemiche montate sui social e rimbalzate nelle trasmissioni televisive nazionali, tra accuse, ironie e sfottò al primo cittadino.
Fiordelmondo non usa mezzi termini: «L’atto vandalico contro il cartello sulla sicurezza stradale dove appare l’immagine di una donna con passeggino è l’inevitabile risultato della campagna di islamofobia scatenata da soggetti che non hanno perso l’occasione di farsi pubblicità gratuita in vista delle prossime elezioni regionali. Si tratta di una campagna d’odio della peggiore specie, alimentata sui social ormai trasformati in amplificatori di frustrazioni, che una comunità democratica e inclusiva come quella di Jesi non può in alcun modo accettare».
E ancora: «Strumentalizzare per fini elettorali un messaggio che richiama tutti e tutte a una maggiore attenzione in strada, per ridurre il numero di investimenti che vedono coinvolti pedoni e ciclisti e che sono in costante e preoccupante crescita, misura il livello di serietà, credibilità ed affidabilità di chi se ne rende protagonista».
Parole dure, che puntano il dito contro chi ha cavalcato la polemica. Per il sindaco, l’incendio della bandierina non è soltanto un gesto di vandalismo, ma la prova materiale di un clima avvelenato, di un linguaggio d’odio che dal web si riversa nelle strade. «Questo episodio, di così basso livello – conclude – non può che tornare a sottolineare il peso e le conseguenze del linguaggio d’odio, ma al contempo ci dà l’occasione per ribadire che, in questa città, posizioni e parole di intolleranza saranno sempre respinte».
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