di Giampaolo Milzi (foto Giusy Marinelli)
Resta attuale e scottante la polemica sulla “rivoluzione” che ha determinando la manomissione e sezione dell’altare maggiore settecentesco di San Ciriaco, secondo il fronte degli opinionisti “controrivoluzionari”, che gridano allo “scempio”, in via d’allargamento.
E’ di stamattina la lettera di Italia Nostra che “attacca” l’arcivescovo Angelo Spina per mancanza di trasparenza sul caso scrivendogli una lettera affinché «venga reso pubblico il progetto, pubblicazione che sarebbe dovuta avvenire prima dell’inizio dei lavori». E sempre stamattina il docente d’Arte Marco Moreschi, uno dei quattro membri laici della Commissione d’arte sacra della Curia – tra i primi ad aver definito, appunto, l‘abbassamento dell’altare della cattedrale e le lesioni da esso subite «uno scempio» – ha annunciato che la prossima settimana si vedrà «con un gruppetto di professionisti e semplici cittadini per valutare l’ipotesi di una raccolta di firme che spinga mons. Spina a tornare sui suoi passi». Già, monsignor Angelo Spina, l’unico regista del cantiere che ha determinato il mutato posizionamento dell’altare maggiore monumentale e il taglio di una cospicua fetta della sua parte posteriore, il quale è nel mirino contestatario anche nei web social.
Un esempio? “Papa Benedetto XIV anno 1730 ti ha donato, Napoleone ti ha rispettato, gli austriaci ti hanno risparmiato, la Grande Guerra ti ha salvato, dopo tre secoli un “Angelo” (Spina, ndr.) ti ha smembrato”, recita una irriverente filastrocca girata su internet. Uno smembramento deciso per motivi liturgici, e approvato dallo Soprintendenza, si è limitato a ricordare l’arcivescovo. Motivi liturgici in che senso? Per consentire al celebrante la messa di affacciarsi dall’altare, per questo motivo ridotto in altezza, ribassato di quota, e leggermente spostato in avanti. «Una grossa stupidità, un tradimento del culto», aveva tuonato il critico d’arte Vittorio Sgarbi. E ancora, la parola «scempio» – «che non può passare nel silenzio!» – aveva scritto su Facebook l’architetto Vittoria Ribichini, aggiungendo di trovare «incomprensibile qualsiasi spiegazione a questa violenza (…) anche perché la precedente sistemazione dell’area presbiteriale, avvenuta nel 2008, rispettava già l’adeguamento liturgico».
Per capire meglio, sulla questione liturgica vanno spese alcune parole. Nel 1962 il Concilio Vaticano II aveva dato indicazioni chiare: il sacerdote non celebri più (come da antica e già desueta tradizione) le funzioni religiose volgendo le spalle ai fedeli e rivolto all’altare. «Senza contare che quella indicazione riguardava le chiese nuove, già per quelle antiche l’obbligo dell’officiante “di spalle” era già superato», ha spiegato oggi a Cronache Ancona l’architetto ed esperto di storia anconetana Massino Di Matteo, ribadendo il suo critico ragionamento sul «pasticciaccio consumatosi alla chetichella nel presbiterio della Cattedrale di San Ciriaco» già esternato sempre su Facebook. Anche di Matteo aveva ricordato che «nel 2008 l’area presbiteriale aveva già subito un adeguamento liturgico che aveva generato una sistemazione equilibrata e significativa, rispettosa dei molteplici valori storico-artistici e spaziali consolidati della sistemazione voluta dal cardinale Lambertini».
«Ora – ha scritto ancora sul social – quell’onorevole compromesso è stato distrutto per inseguire una insana perfezione liturgico-simbolica, rigida e formale, incomprensibile. Oltre il danneggiamento avvenuto di un assetto monumentale, quello che personalmente mi preoccupa è l’alterazione della percezione dello spazio interno . Non ci sarà più il diaframma dell’altare a segnare la conclusione dell’impianto a croce greca del tempio e ad escludere dalla vista immediata il coro nel percorrere la navata centrale. E come percepiremo il grande quadro del “Cristo risorto” di Ercole Fava che si “appoggiava” visivamente sull’altare maggiore ora abbassato dei suoi gradini e privato del dossale …ridotto a semplice mensa?». Oggi Di Matteo ha detto chiaro chiaro che «sono i cerimoniali che debbono adattarsi ad una situazione architettonica consolidata storicamente e artisticamente, non il contrario, il Cristianesimo è sostanza, non inutili formalismi».
Nella sistemazione voluta nel 2008 dall’allora arcivescovo Edoardo Menichelli, era stato posizionato nel presbiterio l’ambone barocco (dietro il quale il prelato celebra parte della messa), era stato predisposto il nuovo altare con incassate sul fronte le due formelle raffiguranti San Ciriaco e Santo Stefano (parte della recinzione di Lamberto, quest’altare sarà trasferito nella Cappella delle Lacrime, nello spazio underground sotto la Cappella del Crocifisso) e sistemato il sedile del vescovo dotato di un elemento scultoreo del XII secolo (che prima stava sulla parete della Cappella del Crocifisso). «Questo nuovo intervento che modifica quella buona sistemazione è assolutamente improprio: un insulto alla storia già abbastanza travagliata della nostra meravigliosa cattedrale», ha detto oggi l’ex direttrice della Pinacoteca comunale Costanza Costanzi. L’architetto Marco Moreschi già il 4 febbraio aveva già lanciato un appello a mons. Spina e alla Soprintendenza a fare marcia indietro. E anche la Costanzi si domanda «come mai la Soprintendenza abbia permesso un simile scempio».
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