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Crisi di vocazioni,
Arcidiocesi in ginocchio
Cesaroni: “Non ci resta che pregare”

ANCONA - Mancano i sacerdoti, parrocchie chiuse e funzioni ridotte. I frati francescani trasferiti a Osimo. Off limits la chiesa del Sacramento per i danni del terremoto

Chiesa di San Biagio-Ancona-corso Mazzini

di Giampaolo Milzi

Muoiono i vecchi sacerdoti, i nuovi «non nascono», la società è sempre più mondana e meno cristiana, c’è chi prega perché le chiese non chiudano. E quanto all’attesissima sostituzione di mons. Edoardo Menichelli, gravato dal doppio incarico di cardinale e arcivescovo, i tempi si annunciano lunghi. E’ l’analisi schietta con cui Marino Cesaroni fotografa la situazione di crisi crescente in cui versa, soprattutto dal punto di vista logistico-organizzativo, l’Arcidiocesi Ancona-Osimo. Ultra-veritiere, le parole di Cesaroni. Lui è ben abituato a pesarle, come responsabile dell’ufficio stampa della Curia e direttore di Presenza. E’ come se sulla scrivania del suo ufficio ad Ancona, in piazza del Senato, si materializzasse un’inquietante cartina, con nominativi, luoghi, numeri. «I preti, soprattutto i parroci più anziani, com’è naturale, lasciano questa vita, negli ultimi 4 mesi abbiamo celebrato 5 funerali Ma questa crisi è soprattutto crisi di vocazioni, basta pensare che nel territorio diocesano ci sono 72 parrocchie e solo 6 seminaristi», spiega Cesaroni. Che stende la lista dei decessi: don Giorgio Bianchelli (2 novembre) della parrocchia Natività della Beata Vergine Maria di Camerata Picena, cancelliere diocesano e prima parroco di Paterno; don Giuseppe Cappanera (3 novembre), l’amatissimo “Peppe, il prete di periferia”, della chiesa di San Michele Arcangelo al Pinocchio di Ancona; don Mario Recanatini (30 dicembre) della chiesa di San Biagio ad Ancona; padre Nando Rocchi (7 gennaio) dei Frati Minori Conventuali de Convento di San Giuseppe da Copertino ad Osimo; mons. Nicola Larivera (13 gennaio), già pro vicario della Diocesi di Ancona, poi vicario generale della Delegazione pontificia di Loreto e collaboratore della parrocchia di Collemarino. «Se continua con questo ritmo, se muore presto un altro parroco, che facciamo? Una chiesa non è né un bar, né un ristorante, i preti non si fabbricano. Non ci resta che pregare, invito i fedeli a pregare perché Dio ispiri, conduca sulla via del sacerdozio i giovani», chiosa quasi rassegnato il portavoce dell’Arcidiocesi.

Scura, la mappa dei problemi gestionali di chiese, parrocchie e funzioni religiose. Un esempio su tutti per Ancona: la popolarissima chiesa di chiesa di San Biagio, in corso Mazzini, chiusa fino a data da destinarsi dopo che si è spento don Mario. Una specie di maledizione, poi, sembra essersi abbattuta sul comprensorio di Castelfidardo – «Fino ad 8 anni fa vi operavano 8 preti, ben 12 le messe celebrate ogni domenica» -; chiusa la chiesetta della contrada Cerretano, ricostruita da qualche anno appena; nella chiesa della Madonna della Consolazione della Figuretta la messa c’è solo il lunedì («E pensare che don Paolo Pigini, che ora vi è sepolto, e don Giovanni Simonetti l’avevano tirata su letteralmente con le loro mani, come dei muratori»; San Rocchetto, piccola ma funzionalissima, costituita da due prefabbricati connessi, inaugurata negli anni ’90, anche qui messa solo il lunedì.

Ma davvero non resta che pregare, Cesaroni? «Che vuole che le dica. La crisi delle vocazioni è anche e soprattutto legata alla crisi della società, dei valori cattolici, della famiglia, della diminuzione dei fedeli». In che senso? «Oggi, in una famiglia allargata tipo, in media i nonni sono praticanti, i loro figli uno sì e uno no, i nipoti non ne parliamo. I giovani, e non solo i giovani, il sabato sera escono, vanno a ballare, nei locali con musica, e tornano all’alba, chiaro che poi la domenica non vanno a messa».

A Cesaroni fa eco don Antonello Lazzerini, cappellano della Polizia di Stato, ad Ancona: «Vero, i preti sono pochi, negli ultimi 6 mesi sono diminuiti moltissimo, e l’età media sale. Quella dei Diocesani è molto oltre quota 70 anni. Ci sono problemi per officiare al Poggio. Don Alberto Pianosi, parroco del Sacramento, ha molte altre pratiche da sbrigare».

Don Luca Bottegoni mica è solo parroco della chiesa di San Cosma, è anche il responsabile dei Beni ecclesiastici della Diocesi. E ancora: «La situazione labile che viviamo in questa Arcidiocesi è la stessa che vive in genere la città di Anona, che mi pare confusa, abbandonata a se stessa dalle istituzioni locali e sofferente per un’imprenditoria assopita. C’è un nesso fra queste due labilità problematiche. E c’è un’atmosfera di “perdita”. I frati di San Francesco alle Scale si sono trasferiti ad Osimo. La chiesa del Sacramento soffre perché, nonostante gli sforzi del parroco, non riesce a riavere cupola e campanile rinnovati, dopo i gravi danni subiti dal terremoto».

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