di Giampaolo Milzi
Passando in rassegna nel 2002 quegli storici cimeli dei partigiani, era rimasto tanto colpito al cuore da dire “sì, donerò al Comune di Falconara una mia creazione per arricchire questa collezione, la realizzerò apposta per onorare la memoria di chi si batté per liberare l’Italia dal nazifascisti”. E così fu. Pochi mesi dopo l’inaugurazione del Museo della Resistenza in alcuni locali sotto il Vecchio Castello sede di Palazzo del Popolo, a Falconara Alta, l’estro di Enzo Cucchi – il grande pittore e scultore nato a Morro d’Alba e noto in tutto il mondo come primo tra i padri della “transavanguardia” – si concretizzò in un grande mosaico pavimentale. Che naturalmente venne collocato proprio all’ingresso del Museo della Resistenza. Con grande soddisfazione dell’allora sindaco Carletti, committente dell’opera. Un idillio collaborativo, quello tra Cucchi e il Comune, che va tuttavia in pezzi a partire dal 2010. Motivo? Il Museo della Resistenza viene trasferito in quell’anno e potenziato nella prestigiosa e neo ristrutturata sede di Palazzo Bianchi, dove è già presente l’archivio storico municipale; mentre l’opera d’arte di Cucchi resta assurdamente decontestualizzata lassù, a Falconara Alta, all’ingresso della sala del Consiglio comunale. Ovvia la reazione negativa di Enzo Cucchi, e di suo figlio Alessandro (impegnato da qualche anno nella catalogazione di tutte le opere del padre), reazione che si traduce in una serie di e-mail inviate al Comune e al sindaco affinché anche il mosaico torni vicino alle armi e all’altro materiale bellico usato nella guerra di liberazione che ha restituito la democrazia all’Italia. E cioè a Palazzo Bianchi. Niente da fare, l’Amministrazione municipale è un muro di gomma. Tanto che nell’autunno scorso Cucchi e suo figlio annunciano di non poterne più, di voler scrivere una lettera per ritornare in possesso del mosaico.
La svolta, che promette esiti virtuosi, ieri mattina quando Cronache Ancona ha informato l’assessore alla Cultura Stefania Signorini della “elettrica“ e infausta vicenda. L’assessore, in perfetta buona fede, cade letteralmente dalle nuvole. “Mai saputo niente di tutto ciò, da domani mi adopererò affinché l’opera sia trasferita a Palazzo Bianchi. Del resto è quasi ovvio che ciò avvenga. – aggiunge la professoressa Signorini – Perché è nata per il Museo della Resistenza, e quel Museo è stato spostato a nell’elegante edificio in stile Liberty di Palazzo Bianchi, che peraltro stiamo continuando a valorizzare come polo centrale della memoria storica falconarese”. Resta da sottolineare il vuoto (o meglio l’abisso) di comunicazione fra l’Ufficio Turismo e cultura del Comune, dove le richieste dei Cucchi erano note da tempo, e l’assessore competente.
Ma facciamo un passo indietro, per capire meglio l’evolversi di questa strana vicenda. Il Museo della Resistenza viene inaugurato a Falconara Alta nel 2002 dal sindaco Carletti. E nasce, su iniziativa di alcuni storici, tra i quali l’anconetano Ruggero Giacomini, allora dirigente della Cultura del Comune falconarese, per dare degna collocazione all’archivio bellico appena dissequestrato al noto partigiano Wilfredo Caimmi. Tra coloro che spingono per il nuovo sito espositivo, c’è Alfredo Antomarini, coautore con Caimmi del libro sulla Resistenza “Ottavo chilometro”. Qualche tempo dopo l’inaugurazione del Museo, dotato anche di belle foto e di preziosi documenti d’epoca, Giacomini – su invito del sindaco – chiede ad Antomarini di contattare Cucchi, cognato dello stesso Antomarini, per verificare la possibilità di arricchire il Museo con un’opera del grande maestro. Il quale, reduce assieme a Caimmi dalla visita ai cimeli a Falconara Alta, si dà subito da fare con entusiasmo. Disegna il soggetto e coinvolge nella “compilazione” del mosaico gli studenti dell’Istituto d’arte di Jesi, seguiti dal loro insegnante, nonché rinomato artista Carlo Cecchi. Un fiume di lava vulcanica che scorre, fra due mani che si protendono in avanti, le tessere compongono uno scenario suggestivo. Una visione affascinante che però, dopo un po’ – avvenuto il trasferimento del Museo a Palazzo Bianchi – resta a fare da anticamera all’aula consiliare e a un locale che, nel periodo natalizio, ospita il presepe meccanizzato; insomma, nulla che abbia a che fare con la Resistenza.
“Dobbiamo assolutamente intervenire, mi dispiace che si siano perduti tutti questi anni (per poco chiari intoppi e lungaggini burocratiche, oltre che a fraintendimenti, ndr) – annuncia ora l’assessore Signorini – Tempo due settimane per verificare le necessità tecniche per smantellare e rimontare il mosaico, e lo stesso, entro l’estate prossima, tornerà ad essere uno dei principali fiori all’occhiello di Palazzo Bianchi e del Museo”. Un Museo, quello della Resistenza, che assieme a Palazzo Bianchi sta crescendo progressivamente di qualità. E’ stato assunto un archivista per sistemare al meglio il “Fondo Storico” del Comune, aiutato da due volontari del servizio civile. Sono stati stanziati fondi appositi per migliorare l’intero polo culturale. Un altro giovane volontario del servizio civile integrerà il team che si occupa del Museo. “Il ritorno del mosaico di Cucchi segnerà un ulteriore rilancio del sito, con molte visite guidate, già in primavera, delle scuole primarie e secondarie, e con la presentazione di vari saggi”, conclude l’assessore Signorini.
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