di Giuseppe Bommarito*
Le indagini sulla tragedia di Corinaldo sono appena agli inizi e impegneranno a lungo gli inquirenti nella non facile ricerca delle responsabilità, che probabilmente, per quanto oggi è dato di capire, sono molteplici. Ci sarà quindi modo, strada facendo, di tornare su questa drammatica vicenda e di capire se le sei vittime siano imputabili, quanto meno come concause, al sovraffollamento non consentito, a lacune nella predisposizione delle vie di uscita dal locale, al gesto irresponsabile di qualcuno che – per stupidità o per rendere più agevole dei furti – ha diffuso all’interno gas urticante oppure a difetti nell’impianto di areazione e di sprigionamento delle cortine fumogene che di tanto in tanto vengono sparate nelle discoteche per fare “atmosfera”.
Per il momento mi interessa mettere in evidenza un aspetto legato alle modalità di utilizzo delle discoteche e dei locali similari. Come è noto, nelle discoteche, in assenza di orari obbligatori di apertura e di chiusura, da anni si entra normalmente all’una di notte (in quella di Corinaldo l’entrata era prevista alle ventidue circa, presumibilmente per motivi speculativi legati alla giovanissima età del pubblico richiamato dall’evento e per far lievitare i consumi in attesa dell’esibizione vera e propria, ma lo spettacolo sarebbe cominciato non prima dell’una, visto che il rapper Sfera Ebbasta, proveniente da Rimini, non sarebbe arrivato prima di quell’ora), e si esce alle cinque.
Si tratta di orari assurdi, che portano a scambiare il giorno con la notte e che sono attuati solo in Italia, visto che in altri paesi europei la chiusura dei locali dove si balla arriva in genere intorno all’una (cioè esattamente quando da noi si aprono i battenti delle strutture). Ebbene, a me sembra evidente che tali orari entrati di fatto nella consuetudine, in una società sempre più dominata dalle droghe e da chi con le droghe si arricchisce a dismisura ed è ormai in grado di imporre modelli e stili di vita (le organizzazioni mafiose italiane e straniere), abbiano un tratto sottilmente e volutamente cocainico. Intendo dire che orari siffatti, portando a serate e nottate che non finiscono mai, sono funzionali all’utilizzo di sostanze necessarie per tenersi su ed anche per mantenersi il più a lungo possibile in situazione di sballo, e quindi non solo cocaina, ma anche tutte le classiche sostanze eccitanti utilizzate da molti dei frequentatori delle discoteche, in primo luogo ecstasy e ketamina.
Le discoteche, e tutto quanto ad esse, all’insegna di una concorrenza sempre più sfrenata, può essere assimilato in termini di offerta musicale e di concentrazione di giovani e giovanissimi (discobar, ristoranti, circoli privati di vario genere che ad una certa ora, più o meno abusivamente, nel fine settimana si trasformano in locali notturni), volenti o nolenti, consapevolmente o inconsapevolmente, sono quindi un tassello molto importante nell’attività di spaccio di sostanze stupefacenti, specialmente di quelle euforizzanti sopra citate, utilizzate come una sorta di “doping” dei momenti ricreativi, ma anche, a fine serata, in una logica di apparente e illusoria “sedazione”, dell’eroina da sniffare o da fumare, che secondo la falsa e strumentale presentazione dei vari pusher servirebbe a compensare gli effetti delle troppe droghe eccitanti in precedenza assunte (insonnia, irritabilità, aggressività, ecc.).
Nell’attuale modello consumistico che porta alla caduta dei valori più importanti e spinge nel tempo libero alla ricerca e alla soddisfazione immediata di effimere porzioni di piacere anche allucinato, la discoteca costituisce pertanto oggettivamente un ambiente ideale per la diffusione del prodotto droga tramite decine di soggetti dediti allo spaccio in mezzo alla folla e difficilmente controllabili, al di là delle intenzioni dei proprietari e dei gestori (anche se va detto con piena cognizione di causa che sono stati registrati numerosi casi in cui questi ultimi non solo consapevolmente tolleravano l’attività di spaccio interna ed esterna, ma in qualche modo ne erano essi stessi gli organizzatori, al fine di offrire ai ragazzi una offerta di sballo garantita e più ampia ed efficace, grazie anche all’alcol servito in abbondanza pure a soggetti minorenni e a soggetti già in evidente stato di ebbrezza).
La discoteca si pone quindi come luogo predefinito dove i consumatori, trasversali rispetto alle varie fasce di età, al sesso, alle classi socioeconomiche di appartenenza, replicano all’infinito comportamenti falsamente trasgressivi, in realtà ripetitivi e conformistici in quanto indotti da potenti meccanismi di marketing. L’ambiente ideale, quindi, per chi spaccia in grande stile.
Il problema dello spaccio e del consumo di sostanze nelle discoteche è quindi strutturale, e non può essere risolto, come richiesto da più parti, controllando i testi degli artisti che si esibiscono nei locali e vietando talune esibizioni. I testi del rapper Sfera Ebbasta sono a mio avviso particolarmente negativi (e non solo per quanto attiene alla droga), ma la censura è stata abolita da decenni, e non può essere certo ripristinata oggi. E poi va detto che da sempre artisti e cantanti pure di fama mondiale hanno trasmesso ai loro fan messaggi trasgressivi, anche inneggianti al consumo di droghe varie, dalla cocaina all’eroina, passando per l’LSD. Su questi aspetti, quindi, il discorso della prevenzione, soprattutto a livello di famiglia, rimane sempre fondamentale. In questa ottica sono i genitori che, a ragion veduta, dovrebbero cercare di fare una selezione a proposito degli artisti che i loro figli intendono andare ad ascoltare e mettere i necessari paletti.
A mio avviso, al di là degli indispensabili controlli effettuati dalle forze dell’ordine sul rispetto delle capienze consentite e sul funzionamento degli impianti e delle uscite di sicurezza, il problema potrà trovare una soluzione accettabile solo quando giovani poliziotti e carabinieri in borghese si posizioneranno all’interno dei locali senza essere individuabili e potranno quindi reprimere con molta più efficacia il commercio e il consumo di droga, nonché somministrazioni non consentite di bevande alcoliche. A ciò, anche se non vi fosse colpa diretta dei proprietari e dei gestori, dovrà poi seguire la sospensione o la revoca della licenza, perché ciò è consentito dall’art. 100 del Testo unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza. Solamente in questo modo, utilizzando cioè la leva formidabile dell’interesse, sarà possibile trasformare i gestori delle discoteche in alleati, in soggetti che, per evitare chiusure provvisorie o anche definitive dei loro locali, contrasteranno attivamente con il proprio servizio d’ordine lo spaccio interno.
Indispensabile sarà anche tornare a regolamentare, tramite le opportune modifiche legislative, l’orario di chiusura di questi locali, per fare in modo che si torni ad un regime che sia rispettoso del ciclo normale della vita quotidiana e non comporti necessariamente l’uso di sostanze per reggere il sonno, la fatica eccessivamente prolungata e lo stress derivante dal frastuono delle casse acustiche e dalle luci stroboscopiche multicolori, che girano di continuo e si illuminano e si spengono con una intermittenza ossessiva. Per fare ciò occorre però la volontà politica di tutelare i nostri giovani, evitando di assecondare la tendenza cocainica a vivere di notte e a dormire di giorno (a questo proposito, mi vengono in mente le assurde notti bianche per bambini, che in alcuni paesi anche della nostra costa stanno prendendo piede).
I controlli fatti dalle forze dell’ordine all’uscita con l’etilometro e con le nuove apparecchiature per stabilire il consumo di sostanze stupefacenti sono infatti sicuramente utili, ma sfiorano solamente il problema, non incidono, anche perché i ragazzi si organizzano telefonicamente tra di loro e, nella maggior parte dei casi, sono in grado di capire dove sono posizionate le pattuglie addette ai controlli e così schivarle con percorsi alternativi.
*Giuseppe Bommarito, presidente Associazione “Con Nicola, oltre il deserto di indifferenza”
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