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Macbettu di Serra: una rappresentazione plastica
di forza violenta e minimale,
geometrica e ancestrale

JESI - Lo spettacolo pluripremiato ha fatto sold out al Teatro Pergolesi, tanto che è stata aggiunta una replica. Il testo è una riscrittura del Macbeth in tinte agropastorali arcaiche

Una foto di scena di Macbettu al teatro Pergolesi

 

 

di Marco Benedettelli

La tragedia della sete di potere che porta alla dannazione dell’anima trova nel Macbettu di Alessandro Serra una rappresentazione plastica di forza violenta e minimale, geometrica e ancestrale. La stessa sprigionata dalle antiche favole ancestrali, o dai racconti dei sabba notturni. Andato in scena al Teatro Pergolesi di Jesi con un grande successo di pubblico, il testo è una riscrittura del Macbeth in tinte agropastorali arcaiche. Con re, generali e baroni shakespeariani tramutati in pastori e contadini, le streghe in vecchiette ingobbite. E il testo tradotto dall’inglese seicentesco del genio di Stratford-upon-Avon  in dialetto sardo, sovratitolato per il pubblico. All’unico giorno di programmazione previsto sabato al Pergolesi, Amat ha dovuto aggiungere una replica domenica 17 marzo, tanta è stata la curiosità sollevata dall’opera e la richiesta di biglietti. Macbettu d’altronde ha già abbondantemente superato le centro repliche in giro per il mondo, dall’Europa al Sud America, e si è imposto come uno degli spettacoli teatrali italiani più interessanti degli ultimi anni, acclamato da pubblico e critica e vincitore del prestigioso Premio Ubu 2017 e del Premio Anct 2017 (Associazione Nazionale dei Critici di Teatro). Shakespeare è un autore immortale perché i suoi testi diventano sempre pretesti per esplorare e specchiarsi in storie e immagini viscerali. Ed è quello che Serra ha fatto col il suo Macbettu. Intanto la lingua. L’inglese seicentesco shakespeariano, così denso di echi, spiazzamenti, rimandi, è reso in sardo con la traduzione di Giovanni Carroni e si tramuta in un idioma che ai non autoctoni suona come pura vibrazione, canto amorfo, formula magica che non significa, ma crea azioni. Fatta di urla, bisbigli e sghignazzi.

Tutta la rappresentazione ha a tratti la forza evocativa di un sabba. D’altronde Macbeth è un testo che vede streghe e fantasmi, premonizioni e inganni, nel cuore del suo motore narrativo. In Macbettu le scene sono minimali e per questo incandescenti. Le azioni si reggono su elementari segni scenografici: tavole monolitiche, sassi, una sedia, una porta e poco più. La Scozia medioevale di Macbeth è traslata nei colori barbari, nei suoni cupi e nelle movenze dionisiache della Sardegna più pre-moderna. Come lo stesso regista ha spiegato, l’idea di Macbettu nasce nel corso di un reportage fotografico tra i carnevali della Barbagia, una festa danzante piena di maschere confinanti fra il mondo reale e quello ultra reale, un rito a cui possono prendere parte solo gli uomini. Anche sul palco dell’opera firmata da Alessandro Serra ci sono solo uomini. Uomini sono le streghe, ispirate alle vecchia Filonzana delle feste carnevalesche di Ottana, Parche o Moire grecoromane che non vanno sfidate. Lady Macbeth è una figura ermafrodita, barbuta e sospesa fra i due generi sessuali. Ma anche nel teatro elisabettiano le donne non erano ammesse alla recitazione. Il risultato è forte, incanta lo spettatore capace di lasciarsi sopraffare dalla forza evocativa di immagini plasmate fino al loro midollo favolistico e da una lingua che suona e rotola al di là del significato, fino a scavare nell’immaginazione. La prossima tappa marchigiana è al Teatro Rossini di Pesaro, il 26 marzo. Biglietti su Vivaticket o tramite Call Center, 0712133600.

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