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Il liceo ‘Campana’
apre le porte al grido
delle donne iraniane

OSIMO - Nell’aula magna studenti e docenti si sono confrontati in collegamento con Tiziana Ciavardini, antropologa culturale e giornalista, autrice del libro “Ti racconto l’Iran” e con Narges Hosseini, da un decennio residente in Italia, impegnata nella difesa dei diritti delle donne

 

In occasione della giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, lo scorso 25 novembre, nell’aula magna del Liceo Campana di Osimo, si è tenuto l’incontro con due testimoni del dramma che le donne iraniane stanno vivendo nella loro terra martoriata. Le donne in Iran sollevano la loro voce contro un regime che comprime i fondamentali diritti umani, nega gli spazi per la libera espressione delle idee, impedisce alla cultura e all’arte di rappresentare mondi possibili, diversi da quello imposto dal potere. Una protesta non violenta, ma non per questo meno incisiva, alimentata dalla vicenda di Mahsa Amini, la giovane morta a settembre scorso per le percosse subite da parte della polizia morale durante l’arresto per non aver indossato correttamente il velo islamico.

E sono state due donne, le protagoniste di questa giornata: una italiana e l’altra iraniana che, attraverso i loro racconti, drammatici e struggenti, hanno permesso a studenti e docenti di conoscere e condividere le esigenze che muovono un popolo così lontano … eppure ora così familiare: Tiziana Ciavardini, antropologa culturale e giornalista italiana, che ha trascorso 10 anni in Iran e ha recentemente scritto “Ti racconto l’Iran”, in cui riporta le esperienze vissute in questa terra. Narges Hosseini, donna iraniana che da circa 9-10 anni vive in Italia, impegnata nella difesa dei diritti delle donne.

Scrive la Ciavardini nel suo libro: “Diritti negati; conoscendo giorno dopo giorno l’Iran e vivendolo in tutte le sue sfaccettature, ho compreso quanto sia un Paese assolutamente unico e straordinario, sia per la bellezza storica, culturale e spirituale ma anche per le profondissime contraddizioni (…). La libertà che noi intendiamo in Occidente non la ritroviamo certo qui. (…) A sovraccaricare la già pesante atmosfera repressiva credo sia il sentimento della paura. Una paura che corre sottile in ogni intenzione e, soprattutto, in ogni azione che in Iran si possa svolgere pubblicamente. (…) Paura di tutto, anche se sono certa di non aver sbagliato nulla, anche se il mio velo è in ordine, (…) anche se ho umanamente voluto difendere una povera ragazza da una dubbia condanna che sapevo sarebbe poi terminata in una tragica e assurda impiccagione, anche se, anche se… solo e sempre paura”.

«Alla domanda – che speranza c’è per queste donne che la loro rivoluzione abbia successo – lei risponde dicendo che questa è una rivoluzione atipica; non è promossa da un leader politico e non propone un’alternativa a livello ideologico. Il popolo non chiede riforme. – si legge nella nota del liceo Campana – Il popolo chiede libertà, chiede la fine di un regime che non permette alle donne di poter vivere ed esprimere il proprio essere. Difficile dire quale sarà l’esito di questa rivoluzione, ma ciò che il regime non può fermare è la diffusione di questo grido: attraverso i social, attraverso i media, attraverso il passaparola della gente, attraverso la solidarietà di chi – donne come loro – decide di tagliare alcune ciocche dei propri capelli in segno di condivisione della loro rivolta al sistema. Questo è il compito e la responsabilità che oggi, la testimonianza di due donne così vicine al dramma iraniano, affidano a tutti noi: studenti, docenti, uomini e donne che ogni giorno hanno la possibilità di sperimentare liberamente i propri diritti, mentre c’è chi ancora, nel mondo, è costretto a sacrificarsi per affermarli».

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