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Carenza di medici negli ospedali,
la soluzione delle coop scontenta tutti
Ecco perché non si trovano professionisti

L'INTERVENTO di Claudio Maria Maffei - Gobba pensionistica, imbuto formativo e condizioni di lavoro peggiorate sono i principali fattori della carenza di dottori nelle strutture pubbliche. E la soluzione trovata per coprire i turni accontenta solo chi percepisce "il gettone" strapagato. Cosa non sta facendo la giunta Acquaroli

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La “gobba pensionistica” (Figura 1)

di Claudio Maria Maffei*

Il fenomeno del ricorso alle cooperative per la copertura dei turni in ospedale è l’ultimo, e forse il più grave, effetto della carenza di medici in tutta Italia comprese le Marche. Ricorrere alle cooperative è l’ultima soluzione per coprire turni che non possono rimanere scoperti in ospedale come quelli della guardia pediatrica e del pronto soccorso. Il ricorso ai medici delle cooperative riesce a scontentare tutti, tranne i medici “gettonisti”.

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Claudio Maria Maffei

Scontenta i medici dipendenti che sono più preparati, lavorano di più e guadagnano di meno, ma dovrebbe scontentare anche i cittadini che si trovano un servizio di qualità molto più bassa. Scrive un medico su Brescia Medica (articolo mandato da una amica): “E mentre si cerca di coprire la falla con medici gettonisti, non specialisti, non controllati e strapagati, agli ospedalieri si chiede sempre di più. E i medici si licenziano sempre di più, sfiniti, incazzati, frustrati. Aumentando ancora di più il carico su chi resta.” Ma anche i cittadini non ne possono più tra attese infinite al pronto soccorso e liste di attesa così lunghe da costringerti spesso a ricorrere al privato. Da chi e cosa dipende tutto questo? Provo a spiegarlo nel modo più semplice possibile. La sintesi che anticipo è che i medici non sono abbastanza e quelli che ci sono se possono vanno a lavorare nel privato o addirittura all’estero dove lavorano meglio e guadagnano di più. Ma i fattori in gioco sono tanti. Il primo fattore in gioco è che stiamo pagando gli effetti della cosiddetta “gobba pensionistica”. Questo termine non so chi l’ha inventato, ma il principale sindacato dei medici ospedalieri (l’Anaao) lo usava già nel 2010, anno in cui pubblicò il grafico della Figura 1 che fa vedere la distribuzione per età dei medici dipendenti nel 2009. Non ci voleva il genio della lampada per capire che essendo la stragrande dei medici attorno ai 50-60 anni (guardate la gobba del grafico) dopo una decina di anni e cioè verso il 2020 se non ti attrezzavi avresti avuto una gobba pensionistica dalla stessa forma del grafico. Ma il sindacato non venne ascoltato, non ci si attrezzò e oggi non troviamo i medici che servono.

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L’imbuto formativo (Figura 2)

Molti danno la responsabilità al numero chiuso a Medicina, ma in realtà il vero secondo grande fattore in gioco è una cosa chiamata “imbuto formativo”. Anche su questo fenomeno l’Anaao (diventata nel frattempo Anaao-Assomed) diede per tempo un avvertimento. Nel 2019 pubblicò il grafico della Figura 2 che spiega cos’è l’”imbuto formativo”. E’ l’imbuto che fa entrare in specializzazione solo una parte dei laureati e siccome senza specializzazione non si entra in ospedale si sono accumulati negli anni una gran quantità di laureati senza specializzazione. Adesso i posti alle Scuole di specializzazione col Covid sono aumentati di molto, ma ci vogliono almeno 4 anni per fare uno specialista e qualche volta 5. Quindi il problema non è il numero dei medici, ma il numero degli specializzati. Dopo “gobba pensionistica” e “imbuto formativo” un‘altra espressione magica, o meglio tragica, è “tetto di spesa del personale”, il terzo fattore in gioco. Dalla Finanziaria del 2010 (c’era un governo Berlusconi) alle Regioni è stato imposto un tetto di spesa del personale pari alla spesa del 2004 meno l’1,4%. Un tetto che negli ultimi anni è stato leggermente ritoccato, ma non in modo sostanziale. Quindi la sanità pubblica è dovuta andare avanti, nonostante l’invecchiamento della popolazione e il progresso della scienza medica, con meno personale di oltre 15 anni fa.

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Licenziamenti dei medici (Figura 3)

La ciliegina sulla torta è alla fine rappresentata dal quarto fattore in gioco e cioè la fuga dei medici pubblici che si licenziano e vanno nelle strutture private o nelle cooperative. Anche qui ci viene in aiuto una elaborazione dell’Anaao-Assomed che ha riportato nel grafico della Figura 3 la percentuale di medici pubblici che si è licenziata nelle varie Regioni italiane nel 2020 e nel 2021. Purtroppo, le Marche in questa classifica nel 2021 erano al terzo posto con quasi il 4% di licenziamenti. Cosa sta facendo il Governo Meloni per risolvere questo problema della carenza di medici? Sta facendo poco o comunque non abbastanza, visto che dal giorno del suo insediamento il Primo Ministro parla di tutto tranne che di sanità. Cosa sta facendo la Giunta del “suo” Acquaroli? Sta facendo quello che fanno tutte le altre Regioni finanziando alcune borse di specializzazione in più. Quello che non sta facendo è mettere mano al sistema ospedaliero pubblico rendendolo più razionale e capace di attrarre professionisti più di altre Regioni o più delle strutture private e delle cooperative. Invece, la Giunta Acquaroli tiene a parole aperti tutti gli ospedali e nei fatti costringe a condizioni di lavoro tali che chi può va altrove. La vicenda del Punto nascita di Fano raddoppiato a Pesaro a pochi chilometri è significativa, visto che già prima negli ospedali delle Marche i pediatri erano pochi e si doveva ricorrere a quelli delle cooperative o liberi-professionisti.

*Medico e dirigente sanitario in pensione

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