di Marco Ribechi
Delle lenti per improvvisare occhi contenti con cui guardare il mondo. Così cantava il grande Fabrizio de André e così ha cantato ieri sera Morgan al Teatro Lauro Rossi di Macerata, in un applauditissimo concerto di circa quaranta minuti. Attraverso la sua arte ha effettivamente dotato il pubblico in sala di questi speciali occhiali, proiettandolo in un’altra dimensione.
Il cantautore milanese, ospite della quarta notte di Musicultura, ha entusiasmato sia per forma che per contenuti, esibendosi in un repertorio appassionante accompagnato da mirabolanti acrobazie al pianoforte. Meritatamente applauditissimo.
Ma non è stato solo Marco Castoldi ad illuminare la notte delle Audizioni live per selezionare i finalisti tra i 56 artisti in gara al Festival della Canzone popolare e d’Autore. Anche le nuove proposte, infatti, hanno brillato sia per la qualità musicale sia per i temi profondi toccati nei loro testi, collegandosi così in un unico fil rouge al tentativo messo in scena da Morgan di salvare l’arte musicale, sempre più vittima delle logiche commerciali e dell’omologazione. «Fare soldi va bene, non bisogna vergognarsi – spiega Morgan al teatro – ma devono essere il mezzo non il fine. Il mezzo con cui produrre arte. Oggi invece assistiamo al contrario, si fa arte per accumulare e questa non è più arte».
Seduto al pianoforte il concerto di Morgan è stato un tributo alla cultura e alla musica italiana. L’apertura è una dedica a Maurizio Costanzo nel giorno dei suoi funerali, con l’esecuzione del brano “Se Penso A Te”, scritto da Franco Bracardi e da Gianni Boncompagni nel 1982, sigla dello storico Show. Da qui, in un delirio onirico al piano, l’artista esegue uno dei brani più psichedelici dell’intera produzione di Faber, “Un ottico” contenuto nell’album “Non al denaro, non all’amore né al cielo” con cui Morgan ha deliziato per anni i teatri di tutta Italia in una splendida rivisitazione. Il pezzo ammutolisce il pubblico, a prova che il gli spettatori apprezzano anche quando non si liscia loro il pelo con brani facili e pronti per le radio. «È un brano molto semplice – scherza Morgan – ideale per Sanremo».
E se la differenza abissale di stile tra Sanremo e Musicultura la si nota già nella piazza del teatro locale, trasformata per l’occasione in parcheggio con tanto di tappeto rosso tra i veicoli, lo stesso non si può dire dei contenuti musicali e culturali della rassegna canora dove invece, a vincere, è senza dubbio il festival di casa nostra capace di portare sul palco con una manciata di brani: sociologia, psicologia, esistenzialismo, surrealismo e chi più ne ha più ne metta. Senza esagerare ogni artista in gara ha fatto sfoggio della sua anima arrivando a mostrare i suoi più intimi pensieri. È così per Nervi, ragazzo fiorentino che ha conquistato il giudizio del pubblico e il premio Banca Macerata della critica, grazie a due brani incentrati sulle difficoltà di incontro con l’altro. Ma vale anche per la splendida Amarti, dotata di una tecnica canora non indifferente e capace di creare delle suite musicali che tendono quasi all’Alan Sorrenti di Aria, disco pietra miliare a metà tra la psichedelia e il progressive. Da sottolineare anche Luciano Nardozza, autore di un intero concept album/manuale sulla psicologia in cui, ad ogni brano, corrisponde una teoria scientifica. Il surrealismo, o meglio il dadaismo, è da attribuire a Helen Aria, giovane un po’ stralunata che vorrebbe vivere su Marte e che con la sua ironia canta: “Ceci n’est pas une chanson”. E infine il rock cantautoriale di Massimiliano d’Ambrosio, anche lui con sonorità prog nelle code e dai testi velati di un mistero interpretativo.
I cinque concorrenti, semplici aspiranti professionisti, hanno mostrato in pochissimo tempo che dietro la musica, anche quella contemporanea, può esserci di più che una performance provocatoria, più che un look studiato dalle case di moda, più dell’apparire ribelle perchè si prende a calci una siepe di rose, più dei messaggi già sentiti codificati negli scialli. Hanno mostrato che c’è ancora spazio per la verità, per proporre qualcosa di intimo e originale. Quindi, per tornare a Morgan, perfetta è stata anche la scelta della scaletta in un crescendo non indifferente. Infatti, dopo aver dotato il pubblico degli occhiali di De André, lo ha coccolato con “Lontano lontano” di Tenco, forse dedicato alla musa della musica, lo ha dotato della verità di Bach (“quando c’è il vuoto bisogna chiedere a Bach”) e infine lo ha esaltato con il Brano “Battiato (mi spezza il cuore) in onore del maestro siciliano che ha portato la musica pop a un livello intellettualmente più avanzato. Nel mezzo ovviamente anche la splendida autografa “Altrove” che insieme a “Goodbye cruel world” dei Pink Floyd chiudono la summa del Morgan-pensiero sulla notte maceratese. I tanti applausi sul finale testimoniano che, se per la musica incellophanata Morgan può rappresentare una scheggia scomoda da gestire, per Musicultura e per i maceratesi è un ospite graditissimo che sintetizza in un certo senso l’essenza dell’essere artisti e cantautori e quindi del loro stesso festival.
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