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Donne che si rimettono in gioco,
il ritorno al lavoro dopo il tumore:
«Percorso di vita in un momento difficile»

REGIONE - Nelle Marche sono 145 quelle che hanno partecipato al progetto, finanziato con fondi europei. Oggi hanno raccontato le loro storie

ProgettoDonne

L’incontro in Regione

di Francesca Pasquali

Voci e vite, raccontate oggi in Regione a conclusione del progetto “Return at work”, rivolto alle donne colpite da carcinoma mammario. 145 quelle che, tra la fine del 2021 e l’anno scorso, hanno partecipato alle iniziative finanziate con i 750mila euro dei fondi europei, usati per organizzare corsi di formazione e finanziare borse lavoro.

ProgettoDonne-01-650x584Tra loro Ivonne Pagliari, di Vallefoglia: quando ha scoperto di avere un tumore al seno aveva 45 anni. Il lavoro da psicologa l’ha perso poco dopo perché, con le cure, non riusciva più a sostenere i ritmi di prima. Ma non si è persa d’animo e la sua battaglia contro la malattia l’ha portata anche a “L’Eredità”, su Rai Uno. Cinzia Violini vive a Pesaro. Quando è arrivato il responso dell’oncologo faceva la bidella in una scuola materna, ma aveva il sogno di mettere a frutto la passione per l’arte. M. D. E. è di Sant’Elpidio a Mare. Dopo le cure, ha iniziato una nuova vita. Mariapaola si è ammalata nel 2016. Per lei, il tumore al seno, adesso, è solo un brutto ricordo. C’è anche una donna di Tolentino a parlare della sua storia: il negozio di artigianato artistico, il terremoto, il trasferimento a Macerata, la diagnosi. Sono le loro voci a raccontare il progetto Return to work che ha visto collaborare le cinque Aziende sanitarie territoriali, l’Università politecnica delle Marche e l’Università di Camerino. «L’iniziativa più nobile tra quelle che ho portato avanti in questi anni -, l’ha definita l’assessore regionale al Lavoro e alla Formazione professionale, Stefano Aguzzi – Non tanto perché ha favorito il reinserimento lavorativo di alcune persone e le ha cresciute nella loro formazione, ma perché ha avuto modo di prenderle per mano e accompagnarle in un percorso di vita in un momento difficile».

Ast-3-650x486Tranne il progetto di Fermo, partito più tardi e ancora in corso, gli altri quattro (uno per provincia) sono tutti terminati. «Una misura sperimentale e innovativa – per la dirigente del Settore Servizi per l’impiego e Politiche del lavoro, Roberta Maestri – che non ha avuto eguali in altre regioni italiane e che ha consentito di mettere a sistema tutti coloro che lavorano in questo ambito, offrendo la possibilità a donne occupate o disoccupate di sperimentare una vera politica attiva del lavoro, con risultati molto soddisfacenti».

«Stiamo formando persone che possono essere trascinanti per altre persone – ha aggiunto la commissaria dell’Ast 2, Nadia Storti, direttrice generale dell’Asur Marche all’epoca di avvio del progetto – La salute non è solo frutto delle cure – ha aggiunto –, ma anche della qualità della vita. Siamo tanto avanti nella scienza, ma non abbiamo capito una cosa fondamentale: dobbiamo avere un quadro olistico della persona, inserita nella famiglia, nel lavoro, e nella società».

Corso-Ast1-650x329Le vere protagoniste della mattinata, però, sono state loro. Le donne che, nonostante la malattia, non si sono date per vinte e sono uscite dalla bolla di isolamento in cui è facile perdersi.

«Avendo dei casi in famiglia, facevo prevenzione. Scoprirlo da sola, per me, è stata una benedizione. È un evento che ti cambia ogni sfera della vita. Non sei più la stessa donna di prima. Vivo questa esperienza come un’opportunità di scoprirmi donna nuova e di poter fare della mia vita una cosa bella», ha detto Ivonne Pagliari. Che, dopo la borsa lavoro, è stata assunta a tempo indeterminato. Continua a fare la psicologa e si occupa di immigrazione. «Mi sono rimessa in gioco. Sono una persona creativa e ho provato a capire cosa avrei potuto fare di nuovo», ha spiegato Cinzia Violini. Per nove mesi, ha lavorato alla Molaroni di Pesaro.

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Ivonne Pagliari al programma Rai

«Un’esperienza bellissima che mi ha aiutato a reinserirmi nella vita quotidiana», ha raccontato. Adesso, si sta guardando attorno. Nel frattempo, ha iniziato a studiare arte all’università.  Storie di rinascita, interiore ed esteriore. Perché, spesso, paura e smarrimento si trasformano in tristezza. Così, capita di lasciarsi andare. Trucchi e spazzole restano nei beauty case, le scarpe coi tacchi finiscono nella scarpiera e si indossano vestiti scuri, come l’umore. «Il giorno del colloquio si percepiva tristezza. Le abbiamo catapultate nel mondo del lavoro, in mezzo ai giovani, poi al front office. Con l’andare dei giorni, hanno cambiato modo di vestire, che è diventato molto più giovanile e colorato, sono arrivati il trucco e i tacchi. Sono arrivate imbronciate e sono andate via col sorriso», ha raccontato il titolare di un’azienda che ha attivato alcune borse lavoro. È successo anche a M. D.E. che i suoi mesi di lavoro li ha fatti alla scuola guida Car di Fermo. «Ho creduto fin dall’inizio in questo progetto – le sue parole – che mi ha ridato un equilibrio e ha risvegliato in me la voglia di mettermi in gioco». Dopo le cure, soprattutto se non si è più giovanissime, ha spiegato, «siamo completamente fuori dal mondo del lavoro». «Sono stata fortunata – ha detto ancora – perché questa esperienza mi ha dato due occasioni: nell’azienda dove ho lavorato e perché, nel frattempo, sono cambiate le mie esigenze e, adesso, lavoro da un’altra parte».

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