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Frode con il ‘bonus cultura’:
confiscati immobili,
conti correnti e 140mila euro

JESI - Il Comando provinciale di Ancona, a seguito della condanna per indebita percezione di erogazioni pubbliche, ha eseguito una confisca nei confronti di un’imprenditrice della Vallesina che favoriva l’illecito utilizzo del contributo emesso a favore degli studenti

L’operazione è stata eseguita dalla Guardia di Finanza di Jesi

Il Comando Provinciale di Ancona, a seguito della condanna per indebita percezione di erogazioni pubbliche, ha confiscato depositi bancari, immobili e contanti a un’imprenditrice della Vallesina.
La confisca è l’atto conclusivo dell’operazione denominata ’18App’, portata a termine dai finanzieri della Compagnia di Jesi, nel corso della quale è stato smascherato un sistema di frode con cui l’attività coinvolta aveva ottenuto ingenti rimborsi relativi ai ‘bonus cultura’, spesi da migliaia di diciottenni.

Infatti, circa 2.500 giovani con la complicità dell’impresa, avevano nel tempo comprato prodotti elettronici come computer, smartphone e tablet, non rientranti nelle categorie previste dalle condizioni di utilizzo del bonus che prevedeva, invece, il solo acquisto ad esempio di biglietti per cinema, teatri, concerti, eventi culturali, musei, monumenti e parchi archeologici nonché musica, libri e prodotti dell’editoria audiovisiva.

La Guardia di Finanza di Jesi

L’attività di polizia giudiziaria svolta, inoltre, ha portato alla contestazione di sanzioni amministrative di oltre 2.700mila euro sia nei confronti dei giovani coinvolti che dell’imprenditrice, che era stata segnalata alla procura di Ancona insieme all’altro socio per il reato di indebita percezione di erogazioni pubbliche.

A seguito della sentenza di condanna, l’autorità giudiziaria dorica ha emesso un provvedimento di confisca eseguito dalle Fiamme Gialle Jesine che, attraverso le complesse ricostruzioni patrimoniali, hanno assicurato all’Erario depositi bancari, immobili e contanti per un importo di circa 530mila euro, dei quali 140mila rinvenuti all’interno di una cassetta di sicurezza intestata a una terza persona, estranea ai fatti, ma nella disponibilità degli imprenditori.

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