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«Sfruttamento dei lavoratori,
Regione e Consorzio Arcale
condannati a pagare le spettanze»

SISMA - La Cgil ha portato avanti una battaglia durata anni. Ora è arrivata la sentenza del tribunale del Lavoro di Ancona. Riconosciute le spettanze e la differenza retributiva dovuta a sette lavoratori nel periodo agosto-dicembre 2017. Il segretario provinciale, Daniele Principi: «Tutte le posizioni delle persone assistite in questi anni dalla Fillea Cgil sono state giuridicamente riconosciute»

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Da sinistra: Matteo Ferretti, Bruno Pettinari, Daniele Principi

di Mauro Giustozzi

Ci sono voluti sei anni e mezzo ma finalmente si chiude il cerchio dello sfruttamento dei lavoratori impegnati nella ricostruzione. Una battaglia portata avanti quasi in solitudine dalla Fillea Cgil Macerata che ha fatto emergere le irregolarità che si sono perpetrate in molti cantieri edili delle Sae.

L’ultimo atto è la sentenza del Tribunale di Ancona, sezione Lavoro, dello scorso 12 febbraio con la quale la Regione viene condannata al pagamento di complessivi 56.747 euro nei confronti di sette lavoratori romeni ex dipendenti dell’azienda Europa srl, operante nella catena degli appalti del Consorzio Stabile Arcale, per la realizzazione delle Sae di Pieve Torina. Riconosciute le spettanze e la differenza retributiva dovuta ai lavoratori nel periodo agosto-dicembre 2017, una sentenza che conclude una mole di lavoro imponente effettuata dal sindacato a tutela di chi aveva denunciato le irregolarità presenti nei vari cantieri della ricostruzione: ben 138 le posizioni dei lavoratori che negli anni sono state gestite dalla Fillea Cgil e che hanno portato, attraverso la via della conciliazione o in alternativa quella giudiziale, al recupero di 650mila euro di spettanze dovute ma non versate dalle imprese ai propri dipendenti.

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Daniele Principi

«Questa sentenza del tribunale di Ancona – ha affermato il segretario provinciale Cgil, Daniele Principi – accoglie le ragioni degli ultimi sette lavoratori che chiedevano il riconoscimento delle somme che non avevano percepito dall’azienda Europa srl. La condanna di Regione e del consorzio Arcale, che aveva ottenuto l’appalto delle sae, al pagamento di spettanze come differenze retributive a persone che avevano lavorato in questi cantieri sette giorni su sette, dieci ore al giorno, senza riposi, in condizioni di sfruttamento, spettanze che erano state già accertate dall’Ispettorato del lavoro. Tutte le posizioni dei lavoratori sfruttati e assistiti in questi anni dalla Fillea Cgil sono state giuridicamente riconosciute. Con l’obbligo delle stazioni appaltanti, Regione e Consorzio Arcale, di risarcire le somme non versate agli operai che abbiamo tutelato anche in questa vicenda.

Questi lavoratori si sono rivolti alla Fillea ed hanno seguito l’iter di precedenti colleghi per i quali si era arrivati ad una conciliazione mente per questi sette la trattativa si è interrotta per intervento diretto del consorzio Arcale. Ci siamo attivati subito nel 2018 chiamando alla responsabilità in solido la Regione che dapprima si rende disponibile tramite accertamento dell’Ispettorato del lavoro delle somme dovute. Una volta conclusa questa fase nel 2021 vengono certificate le somme dovute ma nel frattempo succede che Regione Marche ed Arcale sottoscrivono una transazione con una clausola di manleva che solleva la Regione dal riconoscere queste somme ai lavoratori. A quel punto è stato inevitabile il ricorso al contenzioso giudiziario in quanto la Regione dice che non è più una sua competenza, il consorzio Arcale non paga i lavoratori ed eccoci giunti oggi alla conclusione dell’iter giudiziario che ha confermato tutte le ragioni dei lavoratori».

A seguire la vicenda per il sindacato è stato l’avvocato Bruno Pettinari che sottolinea le criticità che il settore edile dal punto di vista della legalità: «Questa è una delle tante vicende legate alle sae che abbiamo affrontato in questi anni. E’ preoccupante e angosciante la carenza delle istituzioni già quando si presenta la situazione nella fase di appalti, sub appalti o finti consorzi che servono a nascondere altri rapporti usando spesso prestanomi che non sono mai responsabili. Ci siamo imbattuti spesso in lavoratori in nero che non sapevano neppure dove si trovavano o per quale ditta prestavano la loro opera. Necessario impedire dall’inizio che si creino meccanismi perversi come ad esempio, ed è capitato a noi, la creazione di società con capitale sociale di 75 euro che assumevano sino a 30-40 dipendenti, con prestanomi persone anziane e spesso irreperibili. Bisogna fare le verifiche prima e non alla fine del percorso». Matteo Ferretti della Fillea Cgil ribadisce come ancora oggi le irregolarità siano numerose, pur cambiando tipologie rispetto ai casi delle sae denunciati nel passato. «C’è una parcellizzazione dei cantieri della ricostruzione con tante piccole aziende impegnate che è ancor più difficile monitorare – sottolinea Ferretti -. Stiamo seguendo da un anno un paio di imprese, come una che opera tra Ascoli e Macerata, con una quarantina di dipendenti che mette in busta paga solo 4 ore delle 8 previste dal contratto. In alcuni casi vengono utilizzati dei lavoratori pachistani che fino a poco fa erano impegnati in agricoltura e sono stati riconvertiti all’edilizia senza però formarsi. Un’altra azienda mette in busta paga la metà delle ore di lavoro comunicando in Cassa Edile l’orario pieno. Per evitare tutto ciò è necessario dare attuazione a quel protocollo di legalità firmato da due anni ma mai attuato, dare impulso al badge di cantiere che risolverebbe tante problematiche».

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