
Il luogo del delitto
Il giorno delle coltellate sferrate al parrucchiere Michele Martedì, Mattia Rossetti non era completamente capace di intendere e di volere. E’ l’esito della perizia redatta dallo psichiatra Marco Ricci Messori, incaricato dalla procura di esaminare lo status mentale del 26enne anconetano arrestato lo scorso 8 dicembre dai carabinieri con l’accusa di aver ucciso l’ex compagno di scuola in via Maggini, mentre stava tornando a casa dalla famiglia dopo aver passeggiato con il cane.

Mattia Rossetti
Stando al perito, Rossetti (conosciuto dal Centro di Salute Mentale prima del delitto) sarebbe affetto da un disturbo grave della personalità paranoide. Ciò, però, non inficerebbe sulla sua capacità di stare a giudizio e sull’ipotesi della premeditazione, contestata dal pm Irene Bilotta fin dalle prime battute dell’inchiesta e formulata a seguito di una serie di valutazioni: in primis l’ossessione maturata dall’indagato nei confronti del parrucchiere, suo ex compagno di scuola; il fatto di essersi procurato il coltello qualche giorno prima del delitto; la ricerca di Michele il 7 dicembre, quando Mattia si era spinto sotto casa dell’amico senza, però, trovarlo; il presunto piano per scappare all’estero una volta commesso il delitto.

Michele Martedì
Il parziale vizio di mente ravvisato dalla psichiatra, nel caso si dovesse arrivare al processo, potrebbe rappresentare un attenuante per il 26enne recluso in carcere con l’accusa di omicidio volontario pluriaggravato. In ballo, però, c’è anche la consulenza di parte chiesta dalla difesa dell’indagato che potrebbe rivelare conclusioni differenti rispetto alla relazione commissionata dalla procura. Stando a quanto emerso, Michele era stato sorpreso alle spalle e colpito da una decina di fendenti: c’erano state ferite al collo, al tronco e alla braccia. Il parrucchiere con la passione per il calcio era stato colpito anche mentre era a terra. Per questo, la procura contesta l’aggravante della crudeltà, oltre alla premeditazione e allo stalking. Rossetti era stato arrestato dai carabinieri a pochi metri dal luogo del delitto: si era rifugiato con una scusa a casa di amici. Non aveva opposto resistenza. «Perchè ho ucciso Michele? Era la causa dei miei fallimenti» aveva detto al gip nel corso dell’interrogatorio di garanzia.
(fe.ser)
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