Contrasto alla violenza di genere:
dall’inizio dell’anno 106 donne
hanno chiesto aiuto ai carabinieri

ANCONA - Hanno denunciato maltrattamenti in famiglia, per 20 di loro sfociati in lesioni fisiche, mentre 46 sono stati i casi di atti persecutori. I dati resi noti dai militari del Comando di via della Montagnola, particolarmente impegnati sul fronte della prevenzione e repressione dei reati in danno delle categorie vulnerabili

(archivio)

Sono 106 le donne che hanno segnalato maltrattamenti dall’inizio dell’anno ai Carabinieri del Comando Provinciale di Ancona. I militari in sinergia con la Prefettura, l’autorità giudiziaria, le altre forze di polizia e la rete dei centri antiviolenza del territorio, hanno attuato una decisa azione di prevenzione e di repressione dei reati in danno delle categorie particolarmente vulnerabili, con uno specifico riguardo al contrasto delle violenze di genere. Il quadro generale in provincia fortunatamente non ha restituito in questi mesi episodi di femminicidi o aggressioni fisiche sfociate in lesioni gravi per le vittime. Tuttavia sono all’ordine del giorno denunce per abusi e violenze, principalmente scaturite in ambito affettivo, che rendono indispensabile l’immediata risposta dell’operatore di polizia non solo sotto il profilo investigativo ma anche per ciò che riguarda l’adozione di immediate misure di protezione a favore delle vittime, che nella maggioranza dei casi sono donne.

I dati parlano chiaro, dall’inizio dell’anno i Carabinieri della provincia di Ancona hanno segnalato all’autorità giudiziaria 106 persone per maltrattamenti in famiglia (in 20 casi sfociati in lesioni fisiche, per fortuna sempre di lieve entità); 46 per atti persecutori (principalmente scaturiti a seguito della fine dei rapporti affettivi tra autore e vittima, con rare eccezioni tendenti all’ipotesi dello stalking da parte di estranei); 11 per violenza sessuale, anche in questo caso principalmente verificatesi in ambito familiare o comunque entro la cerchia di conoscenze delle vittime. Purtroppo in 7 occasioni le violenze hanno riguardato vittime minorenni; 5 persone per diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti (il c.d. revenge porn), reato che in una circostanza è stato posto in essere anche per estorcere denaro alla vittima  (la cosiddetta  sextortion).

Il Comando provinciale dei carabinieri (Archivio)

Molto più marginali risultano fortunatamente altre fattispecie di illecito che rientrano nello spettro del “codice rosso”, quali la costrizione o induzione al matrimonio (un caso riscontrato) e l’interruzione di gravidanza non consensuale (Un caso riscontrato). Sono stato invece 19 i soggetti indagati per i suddetti reati sono stati colpiti dalla misura cautelare dell’allontanamento dalla casa familiare con divieto di avvicinamento (10 con applicazione del braccialetto elettronico). Altre 16 persone sono state ristrette in carcere o ai domiciliari poiché attinte da misure cautelari restrittive o da un aggravamento di precedenti misure, a seguito di reiterate violazioni delle stesse mentre 2 persone sono state anche tratte in arresto in flagranza di reato per violazione del divieto di avvicinamento alla parte offesa (art. 387 bis del codice penale) ed altre 7 denunciate in stato di libertà per la medesima violazione.

Il comandante provinciale dell’Arma, Roberto Di Costanzo

«Tuttora persiste una marcata ritrosia da parte delle vittime a denunciare. In molti casi infatti la denuncia appare solo come l’atto finale di un percorso di violenze che perdura da anni. – spiega in una nota il colonnello Roberto Di Costanzo, comandante Provinciale dei Carabinieri di Ancona – Spesso le vittime ritirano le querele pochi giorni dopo averle presentate, per paura di ritorsioni o poiché psicologicamente e, ovviamente, incolpevolmente schiave di una sorta di dipendenza nei confronti del loro aguzzino, che le porta spesso a convincersi che la situazione cambierà e che i soprusi prima o poi finiranno una volta per tutte. Altra nota dolente è la tendenziale ritrosia a ricorrere al supporto delle organizzazioni di accoglienza (c.d. strutture protette, presso cui quest’anno sono state collocati 16 tra adulti e bambini) a seguito di episodi violenti, per allontanarsi fisicamente dall’aggressore o a rivolgersi ai centri antiviolenza per un supporto materiale e psicologico che -si sottolinea- è essenziale per sconfiggere il trauma provocato dagli abusi in ambito affettivo e costruire le basi per ricominciare una nuova vita».

 

Al Piano l’infopoint antiviolenza dei militari e delle volontarie di ‘Donne e Giustizia’

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