«Se gli animali fossero stati tenuti in condizioni non compatibili alla loro natura, per quale motivo le istituzioni in carica e presenti sul posto non sono intervenute all’epoca segnalando lo stato dell’allevamento? Ma soprattutto una malattia così grave da essere considerata pericolosa per l’uomo che blocca un allevamento per mesi (brucellosi, ndr), perché in Italia non è stata mai controllata e non è stata mai fatta prevenzione? E perché nessuno di noi e nessuno dei nostri dipendenti è stato controllato e nessuna analisi è stata fatta nonostante la vicinanza e la presenza degli animali in casa?» Sono le domande poste dai titolari dell’allevamento da cui i carabinieri forestali hanno sequestrato 859 cani, per l’accusa maltrattati e stipati in condizioni igieniche degradate. L’operazione dei militari si è svolta a Trecastelli. «Purtroppo – hanno fatto sapere in una nota i titolari dell’allevamento – la grave situazione in cui versa la struttura e gli animali non sono altro che la conseguenza del blocco sanitario avvenuto nel giugno 2020 e delle mancanze gravi ed inaudite di provvedimenti tempestivi ed idonei da parte delle istituzioni nonostante quest’ultime siano state da noi sollecitate in ogni modo e a conoscenza delle problematiche». Riguardo ai presunti maltrattamenti «già nel 2018 i Nas avevano provveduto a ispezionare l’allevamento riscontrando sì un numero alto di cani ma nessuna forma di maltrattamento. Hanno provveduto a ispezionare nuovamente la struttura nel 2019 rilevando che gli accoppiamenti erano diminuiti nei limiti del possibile e che nessuna forma di maltrattamento era in atto».
Nella primavera dello scorso anno, la scoperta della brucellosi: «I primi di maggio 2020 si ottiene la positività al batterio in un feto e viene segnalata la possibile infezione all’interno della nostra struttura. Ci siamo dunque ritrovati di fronte a un vuoto normativo in assenza di linee guide e protocolli da seguire». «A giugno 2020 arriva la prima ordinanza restrittiva dal sindaco di Trecastelli, vietandoci la commercializzazione e la movimentazione dei cani in attesa di provvedimenti sanitari. Al momento in allevamento risultavano poco più di 500 cani con pochi cuccioli. Nessuna segnalazione di maltrattamento in seguito al censimento della Asur e nessun cane in condizioni non idonee». Da lì in poi, i titolari hanno cercato di isolare il rischio infezione: la risposta con conferma effettiva della brucellosi sarebbe arrivata solo il 18 agosto 2020: «Dopo 3 mesi di incertezze, riusciamo finalmente ad effettuare la prima separazione tra positivi e negativi. I test vengono ripetuti i primi di settembre con esiti ricevuti solo a fine ottobre. Nel frattempo, nessun provvedimento viene preso in merito agli accoppiamenti». Le richieste di aiuto sarebbero rimaste inascoltate: «inoltre non ci vengono neanche consegnate dall’Asur le liste dei cani malati perchè viene considerato un documento interno». La situazione degenera all’interno dell’allevamento: «I cani negativi sani, isolati e chiusi come indicato dall’Asur per limitare i contagi rimangono in allevamento, in spazi che a due mesi di vita dei cani sono idonei, ma con la crescita diventano assolutamente insufficienti. Cani chiusi in spazi stretti per mesi cominciano anche ad accoppiarsi facendo aumentare il numero di cucciolate ed ecco che si arriva a un numero di cani inconcepibile, chiusi in spazi stretti per limitare i contagi, tenuti in casa per mancanza di spazi. Abbiamo segnalato alle autorità l’impossibilità economica nel mantenerli. Asur, Nan, Protezione Civile sono venuti regolarmente in struttura e sono sempre stati a conoscenza del degrado e del peggioramento rapido della situazione». I titolari si sentono abbandonati «dalle istituzioni dopo aver cercato di fare il proprio lavoro tutelando la salute dei propri animali. Siamo alla disperazione assoluta da diverso tempo».
Maltrattati e rinchiusi nell’allevamento I carabinieri sequestrano 859 cani
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