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Covid, dosi del vaccino in ritardo
e operatori delle case di riposo:
«Vogliamo ricordarci anche di loro?»

ANCONA - Tra gli ultimi focolai di contagio isolati nella Rsa c'è quello della Fondazione Recanatesi di Osimo. Andrea Raschia, segretario Fp-Cgil chiede maggiori tutele per il personale delle residenze protette della Valmusone che in questi mesi di emergenza sanitaria si sono impegnati e sacrificati senza risparmio

 

Mentre cresce l’allarme per il ritardo nella consegna del vaccino Pfizer, slittano anche nelle Marche le dosi del siero anti-Covid per gli operatori sanitari e gli over 80 (fascia di popolazione più a rischio-contagi) ospiti di molte case di riposo della Valmusone. Ad Osimo in particolare alla Fondazione Recanatesi, risparmiata dal nuovo coronavirus nella prima ondata dell’emergenza sanitaria, nei giorni scorsi è stato isolato un focolaio con una decina di casi positivi tra anziani e personale. Una situazione in atto anche in altre Rsa della provincia di Ancona e delle Marche, che ha spinto Andrea Raschia segretario della della Fp-Cgil Ancona a sollecitare «un concreto riconoscimento per gli operatori socio assistenziali nelle case di riposo. Aziende pubbliche o private, non fa differenza quanto ad impegno profuso anche con sacrifici pagati duramente e di persona».

Andrea Raschia

 

Giungono dalla ‘Fondazione Recanatesi’ notizie allarmanti. Descrivono il quadro di una situazione decisamente preoccupante ed in continua evoluzione, per ospiti e operatori! L’emergenza rimane gravissima e riporta in primo piano queste realtà, anello fragile del sistema socio sanitario dedicato alle persone anziane la maggior parte dei quali non autosufficienti. Luogo che dovrebbe essere tra i più sicuri e tutelati. Come meritano le persone più fragili ed esposte. E se fino ad oggi è stato così lo dobbiamo in particolare agli operatori che si sono impegnati e sacrificati senza risparmio. Ciò -non dimentichiamolo- in strutture tutt’altro che attrezzate per affrontare situazioni del genere. Tutti ricordano le difficoltà oggettive riscontrate nell’acquisizione di dispositivi di protezione. Strutture che non possono continuare ad affrontare questo grado di emergenza in solitudine e non di rado con scarsità di risorse. Le azioni messe in campo fino ad oggi devono essere implementate e coordinate.

L’argomento purtroppo rimane drammaticamente all’ordine del giorno. La stampa torna ad occuparsene anche in ragione dei dati sulla campagna vaccinale, in grave ritardo. “Poche dosi agli anziani” denuncia. Rallentamento peraltro già confermato dall’assessore regionale che ha puntato l’indice nei ritardi per la raccolta del consenso. Si deve auspicare che sia tutto risolto, anche se non mancano opinioni diverse e valutazioni assai preoccupate espresse dai diretti responsabili della gestione delle case di riposo che segnalano invece procedure non sempre snelle. Come se non avessero altro cui pensare… Eppure il problema potrebbe essere risolto in modo semplice: vaccino obbligatorio, quale condizione per essere ospitati. A garanzia di tutti. Ma questa è un’altra storia… Cosi come alquanto “sui generis” sembrerebbe quella raccontata dalla presidente della Fondazione “Bambozzi” secondo la quale -se abbiamo capito bene- spetterebbe ai sindacati promuovere il vaccino. Come se il tema sia posto in capo alle organizzazioni di rappresentanza sociale.

Organizzazioni, nel nostro caso, che devono invece tornare a rivendicare un concreto riconoscimento anche agli operatori socio sanitari nelle case di riposo -una realtà che nella nostra zona sud abbraccia l’Hermes Loreto, Grimani Buttari, Bambozzi, e Fondazione Recanatesi a Osimo, Ceci a Camerano, soltanto per richiamare le strutture più grandi- che non smettono un istante nel profondere un impegno coraggioso, prezioso, svolto in prima linea a presidio di servizi fondamentali, resi agli ospiti in condizioni che richiedono estrema attenzione in termini di rischi, salute e sicurezza, orari e turnazioni. Ragioni che sollecitano a fare il possibile per svelare la vera questione: mettere a valore la formidabile prova di quanti fronteggiano un’emergenza tutt’altro che risolta, come si vede ogni giorno. Ragione in più per non lasciar soli quanti assolvono a funzioni essenziali per il bene comune.  Parliamo del Servizio pubblico che garantisce prestazioni anche attraverso personale specializzato di strutture private. Il pensiero non può che correre agli “ultimi”, ad operatori che non sono stati certo da meno nel garantire -in tutta questa lunga fase- servizi agli anziani nelle case di riposo. Aziende pubbliche o strutture private: non fa differenza quanto ad impegno profuso anche con sacrifici pagati duramente e di persona. Come i fatti purtroppo confermano! Fondazione Hermes a Loreto, a Osimo del Grimani Buttari, Bambozzi e Recanatesi, del Ceci a Camerano. Situazioni nelle quali operatrici ed operatori hanno affrontato la pandemia con coraggioso impegno, a volte a mani nude, non sempre con adeguati dispositivi di protezione. Vogliamo ricordarci anche di loro?

Andrea Raschia – segretario Fp-Cgil Ancona

 

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