
La parte di altare della chiesa delle Palombare andata a fuoco
Lenzuoli degli altari dati alle fiamme e lettere minatorie rivolte ai preti: sette mesi di reclusione al 60enne di Chiaravalle che nel 2017, tra agosto e novembre, aveva messo sotto scatto l’Arcidiocesi. La sentenza è arrivata questa mattina per voce del giudice Lamberto Giusti. Frattanto che si completasse il dibattimento, tutti i preti che avevano subito danneggiamenti ai luoghi di culto hanno ritirato le querele sporte in questura. Il processo è comunque andato avanti d’ufficio per i reati di danneggiamento e minacce aggravate dall’aver commesso il fatto contro un ministro di culto della chiesa cattolica e per discriminazione razziale. La prima contestazione faceva riferimento alla scia di fuoco iniziata il 4 settembre 2017, quando aveva preso fuoco il lenzuolino di un altare secondario della chiesa di San Pietro Martire, a Varano. Il 17 ottobre le fiamme avevano attaccato il Santissimo Sacramento e il 20 novembre l’altare principale della chiesa delle Palombare. In quest’arco di tempo, era stato anche dato fuoco alla tendina del confessionale della chiesa degli Scalzi, ma questo episodio non è mai stato contestato al 60enne, in passato impiegato in un centro pastorale della provincia. I danneggiamenti erano stati lievi

L’ingresso della chiesa del SS. Sacramento
Per quanto riguarda le lettere minatorie, erano state inviate alla sede dell’Arcidiocesi e a don Aldo Pieroni, parroco di Camerano. L’imputato contestava alla chiesa di aver aiutato gli stranieri (in quel periodo Camerano aveva aderito al progetto Sprar per l’accoglienza ai migranti) e di non pensare agli italiani. Nelle missive c’era il riferimento a Mussolini e a Forza Nuova, gruppo politico che ha sempre preso le distanze dai fatti. In particolare, al parroco di Camerano era stato scritto: «Veniamo nella tua parrocchia, vi diamo fuoco, bastardi, siamo tornati, viva Mussolini, bruciate vivi». E ancora: «Diamo fuoco pure alla chiesa di Camerano».
All’Arcidiocesi era arrivata una missiva contenente insulti ai preti che osavano aiutare «i necri di m… e marocchini e albanesi» al posto degli italiani. Il 60enne era stato individuato dopo le indagini serrate della Digos. In una missiva era stata trovata un’impronta digitale e, inoltre, era stato scoperto come il piromane si muovesse sempre in scooter, da Chiaravalle fino ad Ancona. A seguito dell’incendio alle Palombare, a tradirlo era stata una chiamata fatta ai vigili del fuoco da una cabina telefonica di Falconara dove avvisava del rogo scoppiato in chiesa. Una telecamera aveva ripreso la presenza dell’uomo all’interno della cabina e poi anche il suo scooter. «Il giorno dell’incendio alle Palombare il suo telefono aveva agganciato la cella della zona e i tempi di percorrenza Ancona-Falconara erano congrui» ha testimoniato un poliziotto nel corso del processo. L’imputato era difeso dall’avvocato Marco Flavio Torelli.
(fe.ser)
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