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Per i centri sociali
«soffia il vento di Macerata»

L'ALTRA REALTA' - Dopo la manifestazione del 10 febbraio, meeting nazionale ad Ancona il 10 marzo. «I movimenti cambieranno il futuro, i prossimi passi li decideremo insieme»

 

Da Macerata ad Ancona, dal 10 febbraio al 10 marzo. I centri sociali rivendicano il “movimento popolare nato con la manifestazione antirazzista e antifascista del mese scorso” e rilanciano con un appuntamento nel capoluogo di regione. Mancando spazi abbastanza grandi a Macerata, il meeting sarà ad Ancona, nell’auditorium della Mole Vanvitelliana, alle 11. E se i risultati elettorali dicono che a Macerata soffia un vento proveniente dal nord leghista, secondo i centri sociali invece a soffiare è l’aria del cambiamento antifascista per il successo della manifestazione nazionale del 10 febbraio. «Una storia che ha restituito ai movimenti una capacità di protagonismo fino a qualche settimana fa inimmaginabile, che ha reso le piazze di tante città impraticabili per i neofascisti, che ha dissestato la già miserabile campagna elettorale, che ha trasformato un intero contesto culturale e comunicativo in cui si era ad arte costruita la percezione dell’assenza di opzioni, della cultura razzista e della propaganda xenofoba come sfondo dominante, della sicurezza come negazione delle libertà», dicono in coro Csa Sisma, Centri sociali delle Marche e Ambasciata dei diritti Marche.

«Qualcuno ha detto che questa storia è magica. Ma non c’è niente di magico o di trascendentale – proseguono -. Molto più semplicemente la realtà materiale, le sue contraddizioni ed il bisogno sempre più pressante di reagire, di non subire oltre, ha trovato una credibile possibilità di espressione, costruita sull’affermazione radicale dell’indipendenza dei movimenti, sull’insubordinazione, anziché sulla mediazione, verso tutti i tentativi di scipparne la rappresentanza, di limitarne la presa di parola o di farne terreno di campagna elettorale. Sono stati sufficienti pochi giorni per ridare significato e concretezza alla parola “antifascismo”: una declinazione nuova che attualizza l’antifascismo storico ed immette una produzione di senso che tiene insieme il rifiuto di ogni discriminazione etnica o razziale, la lotta contro il sessismo e la violenza del patriarcato, la battaglia per le libertà nel tempo della fine dello stato di diritto. Tutte direttrici di contenuto che le migliaia di persone che si sono mobilitate hanno scelto di porre all’ordine del giorno e che, a loro volta, si radicano nella problematica generale del sistema economico e politico in cui razzismo, sessismo, neo-fascismo, negazione delle libertà e della giustizia sociale proliferano».

Da Macerata, insomma, secondo il movimento tira vento di cambiamento anche se i risultati elettorali in città hanno premiato proprio quella Lega tanto contestata durante la manifestazione. «Con le grandi mobilitazioni antifasciste e antirazziste dei giorni successivi abbiamo letto che era “l’aria di Macerata” a soffiare nelle strade e nelle piazze – ricordano i centri sociali – Ma l’aria, lo sappiamo, quando inizia a muoversi è strana, cambia di direzione e senso, si muove attraversando luoghi e acquisisce forma e forza dei movimenti che incontra. Più strade percorre più diventa vento collettivo e si esprime in forme diverse a seconda delle barriere che urta e della morfologia che incontra. Così quel vento partito dalla provincia non è più uguale a come è cominciato ma è già sostanza di tutte e tutti, andando ben oltre la grande giornata del 10 febbraio».

Da lì, la ripartenza dei movimenti. «In questi anni nonostante una feroce repressione, nonostante un’informazione mainstream sempre più veicolo del decadimento culturale e politico, nonostante il clima mefitico che noi tutti respiriamo nelle nostre città, nonostante le mille differenze che i movimenti hanno sedimentato al loro interno negli anni, nonostante tutto questo e molto altro c’è stato sempre chi ha continuato a metterci cuore, polmoni e fiato. Ora improvvisamente sembra riemersa una capacità di trasformazione della realtà che si è determinata direttamente come evento e come processo: la diffusione molecolare della mobilitazione, la costruzione collettiva della potenza dell’avvenimento, l’energia generata che ha determinato la concatenazione e moltiplicazione di ulteriori accadimenti».

Dopo la manifestazione del 10 febbraio, «ci hanno chiesto quali sarebbero stati i passaggi successivi, a quali proposte stavamo pensando per dare continuità al percorso aperto con la mobilitazione di Macerata. Non avremmo potuto dare altra risposta a queste domande se non quella semplice della nostra insufficienza, del fatto che i passaggi successivi possono essere solo il prodotto di una riflessione collettiva, condivisa, articolata tra tutte e tutti coloro che hanno fatto proprio questo percorso, generalizzandolo e diffondendolo nei territori. I passaggi successivi possono essere solo il prodotto di un’assunzione di “responsabilità” comune, quella responsabilità “rivoluzionaria”, che è capace di anteporre ai particolarismi, alle sclerotizzazioni, alla tentazione di “autocentrare” i ragionamenti, le necessità di crescita, riaggregazione e ricomposizione dei movimenti? Che il patrimonio restituitoci da queste settimane di mobilitazione è un bene prezioso, da curare e tutelare, forse anche da noi stessi, dal rischio di semplificazioni o di sovrascritture che peserebbero come macigni su percorsi che sono appena all’inizio? Per tutto questo pensiamo che la grande ricchezza che si è espressa in queste settimane debba prima di tutto trovare un momento di confronto collettivo dove sia possibile provare a darci insieme delle risposte, a condividere l’entusiasmo con cui immaginare i passaggi successivi e la geografia di un agire in grado di riaprire spazi credibili di espressione della conflittualità sociale. I movimenti cambieranno il futuro perché hanno la forza, qui ed ora, di cambiare il presente».

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