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San Ciriaco esempio di vita e
testimonianza di un’Ancona
aperta al diverso (Foto/Video)

CELEBRAZIONE - Liturgia delle grandi occasioni per la festa del patrono della città e di tutta l'arcidiocesi, sei i vescovi che hanno concelebrato la Santa messa nella cattedrale per i 1600 anni dall'arrivo del corpo di San Ciriaco sulle sponde doriche. «Uno sposalizio di fedeltà», così ha definito il legame tra il Santo e la città il cardinale Edoardo Menichelli, arcivescovo emerito, nella sua omelia durante la quale ha ricordato gli anni del suo ministero episcopale con emozione e richiamato ad un'etica ispirata agli insegnamenti di San Ciriaco contro l'anarchia morale «di questo tempo liquido»
La cerimonia religiosa al Duomo con il cardinale Edoardo Menichelli

I porporati originari della diocesi di Ancona-Osimo insieme al cardinale Menichelli, arcivescovo emerito di Ancona ed all’attuale arcivescovo Spina, nella concelebrazione della S. Messa per la festa di San Ciriaco

 

di Agnese Carnevali

(foto e video di Giusy Marinelli)

Una tradizione ed una liturgia che si ripetono ogni anno, ma che oggi prendono le forme e l’atmosfera delle grandi occasioni. A darne il senso il rosso dei sei porporati che accende l’altare di marmo bianco della cattedrale di San Ciriaco per la celebrazione della festa del patrono della città e di tutta l’arcidiocesi di Ancona-Osimo, San Ciriaco, appunto, il cui corpo, dopo il martirio, arrivò sulle sponde doriche 1600 anni fa. L’arcivescovo Angelo Spina, nella sua prima celebrazione della ricorrenza di San Ciriaco, condivide l’altare con il cardinale Edoardo Menichelli, vescovo emerito della città e cittadino onorario di Ancona (oggi pomeriggio alle 16,30 l’assegnazione ufficiale, ndr) e con i vescovi nati e vissuti nella diocesi: monsignor Luciano Paolucci Bedini, di Ancona, da poco vescovo di Gubbio, monsignor Claudio Giuliodori di Osimo, vescovo emerito dell’arcidiocesi di Macerata, monsignor Francesco Canalini di Osimo, nunzio apostolico in molti Paesi del mondo, in particolare Asia, Sud America ed Europa, oggi a Roma, monsignor Giuseppe Orlandoni, originario di Castelfidardo ed arcivescovo di Senigallia. Tutti riuniti oggi sull’alto del colle Guasco, il punto dove cielo, terra e mare sembrano toccarsi e che segna simbolicamente il cammino ascensionale di Ciriaco, una figura che nelle parole sia di Menichelli sia di Spina viene ricordata come un esempio di vita e testimonianza dell’identità di Ancona «città aperta ai commerci, al mare, agli immigrati, al diverso, che ha accolto un ebreo convertito come Ciriaco che molto ha da dirci su come vivere la fede. Questa celebrazione deve essere un rinnovato impegno verso la strada della santità − premette monsignor Spina prima dell’avvio della liturgia −. Non solo San Ciriaco 1600 anni fa tornò ad Ancona, ma anche San Francesco di Assisi, 800 anni fa, partì da Ancona alla volta dell’Egitto e qui riapprodò. Ancona, dunque porta d’Oriente che segna la via della pace e della santità».

Ancona aperta, esperta, per storia e geografia ad essere crocevia di culture e religioni. «Ma in questo tempo liquido il dialogo non deve essere il confondere la propria identità culturale − afferma Menichelli nella sua omelia −. L’interculturalità e l’interreligiosità di questo nostro tempo liquido richiedono fedeltà alle proprie radici ed ai propri convincimenti. Non devo snaturare me stesso per far felice qualcun altro, altrimenti sarei venduto. Devo affermare chi sono ed aprire il cuore agli altri. Siamo condannati alla diversità − prosegue −. Non date retta ai nuovi tribuni che sembrano salire sull’albero della perfezione, il diverso è mio fratello».

La cattedrale di San Ciriaco gremita e le autorità civili e militari sui primi banchi

È solo uno, l’ultimo, dei passaggi di un’omelia severa e, com’è abitudine del cardinale, calata dalle Scritture alla realtà contemporanea, ma che in apertura lascia spazio all’emozione dell’arcivescovo emerito che dal pulpito della cattedrale ricorda gli anni del suo ministero episcopale trascorso in città «di cui non dimentico nulla. Potete comprendere una sorta di mio spirituale tumulto dei sentimenti. Penso di non fare un atto di superbia nel dire che ho ancora posto del vostro cuore» pronuncia il cardinale in un duomo gremito di fedeli ed autorità. Sui primi banchi, il sindaco di Ancona, Valeria Mancinelli, la presidente della Provincia, Liana Serrani, il presidente dell’Autorità di sistema portuale, Rodolfo Giampieri, il prefetto Antonio D’Acunto, il questore, Oreste Capocasa. In rappresentanza della Regione, Fabio Sturani, e poi il generale della guardia di finanza, Vincenzo Amendola, il vice sindaco Pierpaolo Sediari.

Il cardinale Edoardo Menichelli, arcivescovo emerito di Ancona-Osimo

Anche Menichelli non può non parlare di San Ciriaco che definisce «sposo della città e padre di questa comunità. Uno sposalizio, il suo con Ancona, di fedeltà reciproca che dura da 1600 anni. Se vogliamo custodire la parola di San Ciriaco, morto martire, e la cattedra dei suoi successori vescovi di questa città, dobbiamo seguire alcuni impegni umano-spirituali che sono fondativi per la qualità della vita sociale e la qualità religiosa di una comunità. Al tempo di Ciriaco − spiega l’arcivescovo emerito − c’erano altri turbamenti rispetto a quelli odierni, ma in tutti noi c’è la vocazione al martirio quotidiano, che è fedeltà alla parola di Dio, solidarietà, obbedienza alla vocazione ricevuta, celebrazione della fede». È soprattutto un richiamo etico ciò a cui esorta il cardinale attraverso la sua omelia, contro una vita frutto di soggettivismi, egoismi, frammentazioni, contro «una coscienza etica diluita e un criterio di giudizio morale affidati ad una legalità scritta e disobbedita». Contro l’anarchia morale Menichelli invoca la sacralità della vita «opposta all’idea dello scarto da eliminare» e la sacralità del denaro frutto «della fatica e del lavoro e non del facile mercato».

 

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