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Sos rifiuti in plastica,
Adriatico sorvegliato speciale:
«Un milione di particelle a km/q»

ANCONA - La carcassa di delfino spiaggiata sulla costa, all'altezza di Marzocca, con rifiuti in plastica incastrati tra le fauci assurge a simbolo dell'impatto dell'inquinamento prodotto dall'uomo su ecosistema e fauna marini. Il professor Francesco Regoli, dell'Università Politecnica delle Marche, spiega qual è lo stato di salute del nostro specchio d'acqua e quali sono le vie da percorrere per invertire la rotta

Il delfino spiaggiato a Marzocca (foto Giorgio Belardinelli)

 

di Martina Marinangeli

La carcassa di un delfino spiaggiata sulla costa, all’altezza di Marzocca, con rifiuti in plastica incastrati tra le fauci. Un’immagine desolante, capace di assurgere a simbolo dell’impatto che l’inquinamento prodotto dall’uomo sta avendo su ecosistema e fauna marini. Ma qual è la situazione nell’Adriatico e cosa si può fare per invertire la rotta? A tracciare i contorni di una questione non più procrastinabile è il professor Francesco Regoli, responsabile del laboratorio di Ecotossicologia e Chimica Ambientale all’interno del dipartimento di Scienze della vita e dell’ambiente dell’Università Politecnica delle Marche.

D: professor Regoli, un delfino spiaggiato con della plastica incastrata tra le fauci è indubbiamente un brutto segnale, qual è la situazione del nostro mare?
R: i grandi cetacei che restano intrappolati o soffocano a causa della plastica annualmente sono tanti. Si pensi, ad esempio, alla balena tailandese ritrovata su una spiaggia con 80 sacchi di plastica nello stomaco qualche tempo fa. Quando muoiono delfini, balene o tartarughe, questo desta attenzione, ma troviamo frammenti di microplastica – derivati dalla lenta ed inesorabile degradazione dei rifiuti in plastica – in circa il 40% degli organismi marini, anche in quelli ad uso commerciale.

D: l’Adriatico è un sorvegliato speciale?
R: l’Adriatico, come il Mediterraneo, soffre molto del problema della plastica perché è un bacino chiuso. L’unico punto di scambio è lo stretto di Gibilterra, ma se le correnti in entrata portano con sé la plastica dell’Atlantico – e ne arriva tanta perché sull’Atlantico si affacciano molti Paesi non virtuosi –, quelle in uscita non le fanno defluire perché sono correnti basse. Nelle rilevazioni fatte nell’Adriatico e nel Mediterraneo, si è riscontrato mediamente oltre un milione di particelle per chilometro quadrato, con picchi che superano gli otto milioni. Ma il problema non è tanto la plastica in sé.

D: spieghi
R: non è pensabile un mondo senza plastica, perché ormai cose essenziali sono fatte con questo materiale. Il problema vero è la cattiva gestione del cosiddetto «fine vita» della plastica, il suo smaltimento. Ci sono circa 10-12 milioni di tonnellate di plastica in mare: consideri, ad esempio, che ci vogliono oltre 400 anni per smaltire una bottiglia di plastica. Vuol dire che tutte le bottigliette finite in mare, da quando è stata prodotta la prima, sono ancora tutte lì. Ben vengano perciò le iniziative portate avanti da Comuni e Regioni sulla costa Adriatica per ridurre e razionalizzare l’uso della plastica.

D: a suo avviso, divieti, ordinanze e campagne di sensibilizzazione sull’uso della plastica sono sufficienti ad arginare il problema?
R: è un punto di partenza. Stiamo iniziando ora a realizzare che è necessario un uso responsabile della plastica, ma ciò non darà subito risultati.

D: cos’altro si può fare?
R: le uniche soluzioni sono un uso coscienzioso della plastica, una migliore gestione del fine vita e, niente affatto secondario, un attento controllo delle foci dei fiumi perché molti rifiuti plastici vengono da terra.

Carcassa di delfino spiaggiata a Marzocca

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