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Frena la crescita,
economia delle Marche stagnante
«Aumenta il tasso di disoccupazione»

ANCONA – Dopo due anni di crescita modesta, una fase di indebolimento congiunturale trascina la regione in una situazione di stazionarietà. Battuta d'arresto anche per il recupero dell'occupazione, con tasso di disoccupazione che torna a crescere. A tracciare il quadro in chiaro scuro è Bankitalia nell'aggiornamento congiunturale sull'andamento dell'economia regionale

Gabriele Magrini Alunno, direttore della sede di Ancona di Bankitalia, e Giacinto Micucci, coordinatore divisione Analisi econmoica

 

di Martina Marinangeli

Dopo due anni di timida crescita, l’economia marchigiana frena e scivola in una fase di stagnazione a causa di un indebolimento congiunturale che ha investito tutto il Paese. Il primo semestre del 2019 non ha ingranato la marcia giusta e ciò ha implicato anche una battuta d’arresto nel trend positivo di recupero dell’occupazione, partito a metà del 2017. Un quadro in chiaro scuro quello tratteggiato da Bankitalia nell’aggiornamento congiunturale dell’andamento dell’economia regionale.
A pagare più pesantemente il prezzo della frenata, dovuta a fattori internazionali, sono le regioni ad alto tasso produttivo e manifatturiero, mentre quelle dove prevalgono i servizi, come il Lazio, continuano a registrare un trend di modesta crescita.
«Le Marche sono un po’ più colpite dalla congiuntura internazionale negativa – spiega Gabriele Magrini Alunno, direttore della sede di Ancona di Bankitalia – anche per le dimensioni ridotte delle imprese per le quali diventa così difficile raggiungere i mercati lontani, quelli in via di sviluppo, che vanno ancora bene. Le Marche hanno perso molte posizioni rispetto alle altre regioni durante la crisi ed ora ci vogliono modifiche strutturali di settore per far ripartire la crescita». Secondo Giacinto Micucci, coordinatore della divisione Analisi economica, «dovrebbero spostarsi da segmenti produttivi molto maturi, come quello del mobile, ad altri molto più variegati, e gradualmente lo stanno facendo». La mancata crescita nel 2019 ha comportato anche un calo dell’occupazione (-0,3%), mentre il tasso di disoccupazione, pur mantenendosi inferiore alla media italiana, è tornato a crescere, passando dall’8,1 al 9,2%. Il dato positivo è che, nel settore privato, i rapporti di lavoro dipendente hanno mostrato una ricomposizione in favore dei contratti a tempo indeterminato. Se è vero che l’attività dell’industria manifatturiera ha ristagnato nei primi nove mesi, si sono però registrati andamenti eterogenei tra classi dimensionali d’impresa e comparti di attività. La crescita del fatturato delle imprese medio-grandi si è contrapposta al calo registrato da quelle piccole. È proseguita la fase espansiva della meccanica, mentre si sono accentuate le difficoltà nell’industria calzaturiera, i cui livelli di attività si contraggono ormai da almeno cinque anni. Si sta invece consolidando la ripresa dell’attività nelle costruzioni, trainata dalle fasi iniziali della ricostruzione post sisma, anche se il livello della produzione resta molto al di sotto di quello pre-crisi. Proprio sugli effetti del terremoto declinati in economia, Bankitalia ha pubblicato un report per analizzare quello che è stato il «primo impatto sulle imprese». Sono stati esaminati i dati di bilancio relativi ad un campione di circa 5mila aziende localizzate nell’area del cratere ed è stata messa a confronto la loro performance con quella delle imprese con caratteristiche simili, ma localizzate all’esterno. Ne emerge che, nel 2016, il sisma ha causato una contrazione della produzione e delle vendite di oltre il 5%, cosa che ha riguardato indistintamente aziende dentro e fuori dal cratere. «Gli effetti transitori hanno colpito tutti nel brevissimo termine – fa il punto Micucci –, mentre gli effetti a lungo termine hanno continuato a caratterizzare solo l’area del cratere. Dove la popolazione non è rientrata, non sono tornati i servizi».

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