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Pierpaoli (Confartigianato):
«Alleggerire i protocolli di sicurezza
per una vera ripartenza»

LA DOMANDA del segretario generale dell'associazione di categoria: «Perchè in aereo si possono ridurre le distanze e al bar o ristorante no?»

Marco Pierpaoli

 

«Siamo in Fase 3? A parole, forse. perché in aereo si può ridurre le distanze mentre al bar o in pizzeria ancora no? Per una vera ripartenza è urgente alleggerire i protocolli di sicurezza e spingere sul turismo, vera ricchezza della Regione. Senza una maggiore flessibilità per bar, ristoranti, esercizi pubblici e trasporto persone, si chiude». E’ l’appello di Marco Pierpaoli, segretario generale di Confartigianato Ancona e Pesaro Urbino. «Abbiamo condiviso passo passo la riapertura a maggio della manifattura, dell’edilizia, della ristorazione, del commercio e dei servizi, poi le spiagge dal 29 maggio, quindi la possibilità di spostamenti sul territorio nazionale dal 3 giugno e, in ultimo – ricorda Pierpaoli – l’apertura delle frontiere europee dal 15 giugno. Un ulteriore passo è stato fatto con la revisione dei protocolli che hanno permesso l’apertura di ulteriori attività sociali, ricreative, sportive culturali ecc. Adesso è urgente un ulteriore passo». Secondo Confartigianato la data del 15 giugno data doveva segnare anche una revisione dei protocolli in termini di alleggerimenti degli adempimenti a carico delle imprese, con una ulteriore flessibilità nei comportamenti dei cittadini. Una scelta che invece è mancata. «I nostri cittadini  e gli imprenditori in particolare hanno dimostrato grande senso di responsabilità: in questi mesi hanno sofferto – ricorda Pierpaoli – ma hanno seguito le regole. Adesso però è ora di lanciare la vera Fase 3 dell’economia. Serve ulteriore flessibilità. Gli imprenditori hanno la necessità di riprendere le attività con protocolli meno stringenti  anche per trasmettere fiducia ai propri clienti». Confartigianato ricorda che ci sono in gioco migliaia di posti di lavoro, di famiglie, che dopo tre mesi di blocco totale o parziale vivono una situazione oramai drammatica, che rischia di portare alla chiusura di migliaia di aziende e alla perdita di qualche decina di migliaia di posti di lavoro. «Per questo – annuncia Pierpaoli – chiediamo di fare un ulteriore passo in avanti, come hanno già fatto molti altri paesi europei, e di alleggerire al più presto i protocolli, con la partecipazione di Anci e delle categorie, rivedendo, là dove possibile, anche il distanziamento sociale all’interno dei locali e nelle aree pubbliche, in particolare nei locali come bar e ristoranti, ma anche sui mezzi di trasporto, adottando protocolli tipo quelli per i passeggeri degli aerei, dove si viaggia a pieno carico con mascherine ed igienizzanti». Alleggerire i protocolli, sì, ma sempre nel nome della sicurezza: «Come Confartigianato – conferma Pierpaoli – riteniamo importante mantenere l’obbligo per i titolari e gli addetti alle vendite di dotarsi di mascherine comuni, guanti e gel idroalcolico. Crediamo però sia giunto il momento di ridurre il distanziamento sociale e regolare l’accesso ai negozi, ai tavoli, ai banchi, consentendo l’ingresso di più clienti. Pur con tutte le attenzioni del caso, dobbiamo spingere la stagione turistica, un grande volano per tutta l’economia. Dobbiamo dimostrare – rimarca Pierpaoli – che le Marche sono una regione “sana”, ospitale, ricca di bellezze e cultura. Anche le istituzioni devono fare la loro parte». I numeri parlano chiaro: l’economia marchigiana, al termine del primo trimestre del 2020, registrava 145.474 aziende attive, con 638.000 occupati, di cui 73.000 aziende con circa 321.000 dipendenti nelle Marche nord, (rilevazione trimestrale Movimprese). Il primo trimestre ha fatto rilevare un saldo negativo di aziende per -1.395 unità, ed il trend negativo  durerà probabilmente anche nel secondo trimestre, normalmente invece positivo, a causa della grave crisi determinata dalla pandemia.  «Occorre fare bene, ma anche fare presto – incalza Pierpaoli – per rispondere alle aspettative delle micro e piccole imprese, che occupano il 65,7% degli addetti delle aziende italiane».

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