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“Finita l’era delle grandi navi,
il porto di Ancona ha più chance”
l’analisi di Sergio Bologna

INCONTRI - Il docente triestino ed esperto di portualità e logistica nei consueti appuntamenti del sabato alla biblioteca Amatori analizza lo scalo dorico nel contesto internazionale. Buoni i possibili margini di crescita. Invito a credere nell'intermodalità

Sergio Bologna nella sua analisi dello scalo dorico alla biblioteca Amatori, al centro Franco Amatori, a destra l’assessore al Porto Ida Simonella

 

di Agnese Carnevali

La fine del gigantismo delle navi dà al porto di Ancona, scalo medio-piccolo, una marcia rispetto ai porti più grandi, ma deve spingere maggiormente sull’intermodalità e mantenere terminal misti. È l’analisi di Sergio Bologna, docente universitario, esperto di logistica e portualità, ospite di Franco Amatori, nella sua biblioteca di via della Loggia ad Ancona per i consueti incontri del sabato. «Contrariamente a quanto si prevedeva – spiega il professore – e cioè che l’aumentare delle dimensioni delle navi avrebbe tagliato fuori i porti più piccoli, i dati 2016 dimostrano che gli hub si sono fermati, mentre gli scali più piccoli sono cresciuti. Questo significa che i traffici si sono equamente distribuiti e questo è ancor più vero nell’Adriatico, con imporanti ricadute sulle città che stanno dietro ai porti. L’era delle grandi navi è finita, questo dà ad Ancona una marcia in più. Si è visto che all’aumento dei volumi non corrisponde aumento di redditività, senza contare i problemi che navi di stazze enormi possono provare ai porti e ad intere città». Bologna ha suggerito anche, come chiave di successo, il mantenimento di terminal misti, mentre ha spronato a «credere di più nell’intermodalità». L’esempio, per il docente, è quello di Trieste, la sua città, il caso che conosce meglio. Lì il traffico delle merci su ferro è arrivato al 90%, grazie alla costituzione della Alpeadria, società controllata dal porto di Trieste e da Trenitalia. «Si è trattata di una scelta specifica, sostenuta anche dalla Regione – illustra Bologna – che ha investito 5 milioni per la fase di avvio, perché sappiamo che l’intermodalità ha necessità di 2 anni di start up. Superato questo periodo se il traffico funziona, la gestione si sostiene da sé, come nel caso di Triste dove i servizi ferroviari non ricevono un euro di contributo». Scettico rispetto alle teorie che vorrebbero le vie della seta e dunque la Cina i mercati a cui puntare, l’esperto ritiene che Ancona debba essere più attenta alle ex repubbliche sovietiche, oltre che all’area dei Balcani. Tra le priorità che il docente ha tracciato per la portualità, l’istituzione di una commissione speciale in assoporti per mappare in maniera precisa e dettagliata, quanti sono i lavoratori dei porti e le loro qualifiche. «Quella del lavoro all’interno degli scali è materia oscura – sottolinea il docente -. Dobbiamo sapere quanti sono, che tipo di mansioni svolgono e soprattutto quanto vengono pagati, perché se guadagnano 2 o 3 euro all’ora come a Capo d’Istria, non è l’occupazione di cui abbiamo bisogno».

L’intervento del presidente dell’Autorità di sistema portuale, Rodolfo Giampieri

Sul tema, una prima indagine è stata commissionata dall’Autorità di sistema portuale dell’Adriatico centrale, come rende noto il presidente Rodolfo Giampieri. «Abbiamo rilevato la presenza di oltre 5.400 lavoratori, per quale azienda lavorano e le loro specializzazioni. Un primo passo per avere un quadro dettagliato della situazione».

Sulla sfida dell’intermodalità, l’assessore al Porto, Ida Simonella, protagonista del confronto con Bologna ha sottolineato l’ampliamento della volta della galleria di Cattolica che consente il passaggio dei treni portacontainer. Il recente protocollo d’intesa sottoscritto dal ministro alle Infrastrutture Graziano Delrio per la costruzione della strada di collegamento diretto porto-A14, e l’apertura del porto antico, che ha segnato la rinascita di un rapporto tra la città ed il suo mare gli aspetti illustrati dall’assessore quali elementi di sviluppo tanto del porto quanto della città di Ancona. «Dall’apertura del porto antico,  voluto da tutti, dall’amministrazione, dai cittadini, dall’Autorità portuale, è partito il progetto di waterfront per il quale avremo 8 milioni di risorse per ricostruire una cerniera tra lo scalo e il centro storico – sostiene Simonella – e poi il progetto periferie con il quartiere degli Archi e quello culturale che passa per la Mole. Tutto questo dimostra come il futuro di Ancona non può prescindere dal suo legame con il porto».

L’assessore all’Urbanistica, Paolo Manarini

Non è mancato un passaggio sul nuovo progetto di variante porto-A14, dopo il naufragio dell’Uscita Ovest. Un excursus storico e un’analisi dello stato dell’arte, con il protocollo firmato da Delrio affidati all’assessore ai Lavori pubblici, Paolo Manarini. In platea, ad ascoltare gli interventi, anche il sindaco Valeria Mancinelli.

 

 

 

 

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