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Incendio a Palombella,
il 16enne confessa
in questura: “Era un gioco”

ANCONA – Indagato per incendio colposo, il ragazzo si è presentato spontaneamente e si è assunto la responsabilità del rogo. Con lui durante la notte di fuoco al parco, altri tre 16enni, uno rischia la denuncia in concorso. Il sindaco Mancinelli: “Nessuna indulgenza, vanno sanzionati. C’è un vuoto educativo e la necessità di porre un limite con fermezza”

Le fiamme tra Posatora e Palombella

 

di Emanuele Garofalo

(Foto di Giusy Marinelli)

In lacrime, ha confessato davanti ai poliziotti: è stato lui ad innescare la notte di inferno tra Posatora e Palombella. “Era un gioco, mi è sfuggito di mano, ho fatto una c….ta”. Stava dando fuoco alle sterpaglie con un accendino, quando una fiammata sull’erba secca è divampata più forte delle altre, è stata impossibile da spegnere con le scarpe ed ha scatenato il pauroso incendio che ha impegnato i vigili del fuoco dalle 23.30 fino alle 8 di stamattina. Indagato per ora solo il 16enne di Posatora che oggi pomeriggio ha reso una dichiarazione spontanea in questura assumendosi tutta la responsabilità del fatto, ma con lui durante la notte di fuoco al parco Belvedere c’erano altri tre compagni, tutti della stessa età. Un secondo ragazzo, vicino a quello con l’accendino, rischia la denuncia per concorso in incendio doloso. Gli altri due sarebbero stati più appartati rispetto ai ragazzi con l’accendino, e quindi non avrebbero preso parte materialmente alla folle sfida. Stamattina è stata la famiglia del ragazzo a contattare l’avvocato Mirco Piersanti chiedendo di accompagnarli in questura per raccontare la notte da paura (leggi l’articolo). Gli altri tre invece non si sono presentati davanti agli investigatori. Tutti e quattro sono incensurati, rischiano l’affido ai servizi sociali per la cosiddetta “messa in prova” da parte della procura dei minori, un periodo di attività per la riabilitazione e risarcire il danno. Non si sarebbe trattato di una “prova di coraggio”, nè della emulazione di una moda. Secondo il 16enne, stavano ascoltando la musica con le cuffie, accendendo alcun sterpaglie come “vezzo”, un passatempo, quando una lingua di fuoco più forte delle altre è andata fuori controllo. I primi ad accorrere sarebbe stata una coppia di maggiorenni poco distanti, che hanno tentato di spegnere l’incendio con una coperta, composta però di materiale infiammabile e quindi la situazione si è aggravata velocemente.

Le fiamme sono arrivate a lambire le case di via Flaminia

Da qui il terrore vero. Sarebbero statei sempre loro, i ragazzi minorenni, a chiamare per primi i vigili del fuoco. Il ragazzo ha anche respinto ogni addebito circa altri fuochi che sono divampati nell’area di Posatora negli ultimi giorni, come quello al parco ex Saveriani (leggi l’articolo) di cui il Comune cercherà di capirne di più dalle immagini della videosorveglianza. Di certo, dopo la confessione del 16enne, anche gli altri tre saranno presto chiamati a dare la loro versione dei fatti dagli investigatori della squadra mobile. I ragazzi sono stati identificati nei momenti successivi al rogo dagli agenti della squadra volante accorsi sul posto, ma non erano stati né denunciati, né posti in stato di fermo per la mancanza di qualsiasi elemento a loro carico. “Non sono piromani, non sono una baby gang. Il ragazzo ha dato dimostrazione di aver compreso cosa ha fatto e c’è tutta la volontà di voler riparare al danno” commenta l’avvocato Mirco Piersanti che difende il 16enne. Di tutt’altro tenore le dichiarazioni del sindaco Valeria Mancinelli, che è voluta intervenire sul caso ringraziando il questore e gli investigatori. “Grazie a loro sappiamo che la causa dell’incendio è il comportamento di alcuni ragazzini giovanissimi. Due sono quindi le riflessioni che dobbiamo fare subito e senza troppa indulgenza” scrive Mancinelli. “La prima riguarda il vuoto a cui sempre più ragazzi sono affidati: un vuoto educativo, sociale, che si traduce in una pericolosa e drammatica assenza del limite e che, con diversi pesi, è responsabilità del mondo adulto che li cresce. La seconda ha a che fare proprio con la necessità di porre il limite con fermezza, compito che spetta a tutti, a partire dai genitori e dalle famiglie sino alla comunità diffusa e, ovviamente, a chi amministra – conclude Mancinelli -. Un fatto grave come questo quindi impone una severa riflessione, che escluda ogni forma di sottovalutazione, ma ci dice anche che dobbiamo sorvegliare con attenzione, non sminuire, sanzionare con decisione comportamenti così dannosi per l’intera comunità.”

I risultati del rogo

 

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