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Villa Ferretti, aut aut ai proprietari:
“Fermate il degrado”

ANCONA – Gli eredi della famiglia nobiliare raggiunti dall’ordinanza della Soprintendenza che impone la messa in sicurezza del complesso di Santa Maria di Vico a Varano. Fino a pochi anni fa la chiesa conteneva le reliquie di Santa Valeria, poi trafugate

La navata unica della Chiesa di Santa Maria di Vico: in fondo il bellissimo altare ligneo che conteneva le ossa della protomartire Santa Valeria, a sinistra si intravedono alcune belle lapidi sepolcrali ottocentesche del casato Ferretti (foto di Silvia Breschi)

di Giampaolo Milzi

Dopo decenni scanditi da incuria, abbandono, atti di danneggiamento, vandalismo e ruberie, l’antico e cadente ma ancora bellissimo complesso edilizio di Santa Maria di Vico, più noto come Villa Ferretti, ubicato nel verde di Varano di Ancona, è finalmente, di nuovo, oggetto di una attenzione istituzionale. Nel luglio scorso la Soprintendenza di Ancona ha emesso un’ordinanza prescrittiva con la quale impone ai proprietari di eseguire lavori generali tali da mettere in sicurezza i secolari fabbricati – costituiti da una chiesa-cappella privata, da un grande palazzo un tempo adibito a casino di campagna e da un paio di case coloniche – e da arrestarne il cronico, crescente stato di degrado e rovina. Al provvedimento impositivo si è giunti dopo alcuni accertamenti effettuati dai carabinieri del Nucleo tutela patrimonio culturale (Ntpc) di Ancona, un’inchiesta giudiziaria condotta dal pm Rosario Lioniello, attività a loro volta innescate da un’inchiesta pubblicata sul numero del mensile free press Urlo uscito nell’estate 2016. L’ordinanza è stata notificata a Jolanda e Alessandro Balladone Pallieri, residenti a Torino, e a Maria Rosa Balladone Pallieri, con abitazioni a Roma e Trento, considerati i tre eredi principali di questi immobili di grande valore storico, architettonico e turistico (così sono classificati dalla Regione Marche), il cui primo rilevante nucleo venne fatto realizzare tra il 1560 e il 1566 da Angelo Di Girolamo Ferretti, uno dei più noti rampolli di un importante casato nobiliare noto nella memoria storica in qualità di possidente di beni mobili (palazzi) e immobili
(appezzamenti terrieri) ad Ancona, nell’Anconitano e a Falconara. Fu il conte Angelo, solo per citare un esempio, a decidere l’edificazione ad Ancona, nel 1560, del sontuoso Palazzo Ferretti, ora sede del Museo Archeologico Nazionale delle Marche, poi fortemente ampliato e rimaneggiato nel ‘700.
La chiesa, costruita sui resti di una preesistente più piccola di origine medievale, è a navata unica, può ospitare un centinaio di persone. Ai lati della facciata, ornata dallo stemma dei Ferretti, due cappelline ad “ala”, ciascuna con finestrino: sulla destra il locale adibito a sacrestia, a sinistra un locale di ricovero. Sulla parte retrostante del tetto si erge un minuto campanile a vela. All’interno, nonostante i furti e le spoliazioni succedutesi da decenni, è ancora una gioia per gli occhi: due altari in legno, di cui uno splendido, l’urna che conteneva le ossa di Santa Valeria (trafugate due volte e sparite), un confessionale, artistiche lapidi sepolcrali scolpite e montate sulle pareti, lastre decorative pavimentali, panche settecentesche per i fedeli. Archiviata l’inchiesta del pm Lioniello per la sparizione delle reliquie di Santa Valeria – una protomartire vissuta nel III secolo d.C. (la prima volta erano state ritrovate dai carabinieri, infruttuose le indagini relative al secondo furto, avvenuto una quindicina d’anni fa, probabilmente anch’esso messo a segno da un gruppo di praticanti di magia nera e riti satanici sull’intero complesso di Santa Maria di Vico era calato di nuovo l’oblio. Sinonimo, come dicevamo, di crescente e inarrestabile degrado. Un degrado – nonostante si fossero già consumati vari furti nell’edificio di culto e nella magnifica residenza nobiliare adiacente (accresciutasi di mole via via dal 1610 fino all’800) – contenuto dal fatto che il sito, in estate, era ancora “vivo” e frequentato. Fino ai primi anni 2000 infatti, quando Anna Stamira Ferretti era ancora viva, i suoi cinque figli (due femmine e tre maschi) e i tanti nipoti si ritrovavano a Varano per trascorrere la villeggiatura estiva nel palazzo immerso nel verde. In una unica domenica pomeriggio di quelle estati il parroco di Varano, don Fausto Guidi, officiava nella chiesa la messa, alla quale partecipavano non solo i tanti componenti della famiglia Ferretti coi loro numerosi parenti, ma anche gli abitanti della frazione. E a maggio, nella chiesa, fino al termine degli anni ’60, si concludeva con una funzione una solenne processione che partiva dal centro di Varano.
Anna Ferretti, deceduta all’età di 90 anni nel 2006, nel 1993 si fece carico delle spese per riparare il cornicione pericolante della chiesa e per consolidare il campanile. Successivamente furono installate due tirantature metalliche, una sotto la trave lignea della copertura interna della navata, l’altra nella cappellina di sinistra. Poi, come conseguenza del terremoto che funestò parte di Marche e Umbria nel 1997, un drastico peggioramento della situazione. Un sopralluogo dei vigili del fuoco accertò lesioni diffuse e strutturali in tutta la chiesa, il pericolo di crollo del controsoffitto del presbiterio; tuttavia, a differenza delle case coloniche attigue, non decretò l’inagibilità dell’edificio di culto. Profonde ferite mai più risanate. Da un lato perché i vari eredi del patrimonio di Anna Ferretti non riuscirono ad accordarsi, dal punto di vista finanziario, per avviare un cantiere risolutivo.

Il sontuoso palazzo nobiliare Ferretti, ad angolo con la chiesa, edificato e ampliato a partire dal 1610 su un preesistente casino di campagna (foto di Silvia Breschi)

Dall’altro perché la Soprintendenza – che solo nel 1991 aveva vincolato tutto il complesso immobiliare “Villa Ferretti” (chiesa compresa) come bene di interesse architettonico (su richiesta della signora Anna del 1983) – non ha mai provveduto ad alcun intervento di risanamento. Lo stesso vale per il Comune, così come per l’Arcidiocesi, che continua a considerare consacrata Santa Maria di Vico.
“Quella chiesa è il nostro sacrario di famiglia, ci piange il cuore vederla ridotta così sporca e abbandonata. Ma noi non abbiamo la possibilità economica per restauri e ristrutturazioni”, ci disse la signora Jolanda Balladone Pallieri l’estate scorsa. Ma tant’è, ora c’è un’ordinanza della Soprintendenza che ristrutturazioni, restauri e messa in sicurezza li impone a suo carico in solido con gli altri citati due eredi. L’ordinanza, tra l’altro chiede agli eredi quale sia il numero e lo stato delle opere d’arte ancora presenti nella chiesa, il cui portone d’ingresso risulta sempre aperto (quanto al Palazzo, anch’esso vittima di numerosi scempi e furti, gli eredi hanno provveduto a trasportar via tutto ciò che di valore vi era rimasto). Stando a quanto accertato dall’Urlo Indiana Jones Team (gruppo di ricerca storica di Urlo), nella graziosa chiesa rimangono ancora in buone condizioni (incredibile ma vero) scampoli d’arte storica molto preziosi. Eccone un breve riepilogo. Una lastra pavimentale, in pietra calcarea rosata, al centro della navata, divisa in due parti. In quella superiore campeggia uno stemma bipartito in bassorilievo, con a sinistra il simbolo dei Ferretti, e a destra quello dei Gallo, altra antica e nobile famiglia, di Osimo. Nella parte inferiore della lastra, un ovale racchiude un’iscrizione sepolcrale-celebrativa di Angelo Ferretti, dove si legge, tra l’altro, “signore benemerito della repubblica per liberalità, generosità e ospitalità, famoso presso i principi più illustri e da tutti per sue virtù, cultura e nobiltà” e la data della sua morte, all’età di 68 anni.

La Chiesa di Santa Maria di Vico (XVI sec.) – cappella privata dei Ferretti, col portone sfondato, come appare oggi a Varano di Ancona. A sinistra il cartello beffa che la individua come sito di rilevanza turistica (foto di Silvia Breschi)

Appena entrati, spicca dal pavimento un’altra bella lastra con inserito un originalissimo bassorilievo in marmo rosso di Verona: rappresenta al centro un alberello sradicato e agli angoli quattro stelle ad otto punte inscritte in altrettanti cerchi; stelle e alberello sono in pietra grigio scuro, la paragonite. Sempre sul pavimento, ecco la testimonianza della benemerita sistemazione delle numerose sepolture ossee di abitanti del luogo operata da Angelo Ferretti. Si tratta di tre lapidi quadrate, ognuna con lo stemma e le lettere iniziali di Angelo Ferretti, una per ciascuna “classe” del rango dei defunti: la prima con la scritta “PRO PATRIBUS CONSCRIPTIS CASTRI VARANI”, ovvero gli antichi consiglieri del Comune di Varano; la seconda recita “PRO SERVIS ET INCOLI PREDII SUI”, i servi e i contadini di Ferretti; la terza “PRO PAUPERIBUS”, i poveri del paese. In fondo alla navata troneggia l’elegantissimo altare maggiore, in legno scolpito e dipinto con trionfo di tinte dorate, e con inserita frontalmente l’altrettanto bella urna che fino a pochi anni fa conteneva la reliquia di Santa Valeria Martire (“CORPUS S VALERIA M”, c’è scritto in lettere lignee). Sul soffitto l’affresco di una bellissima colomba raggiante. La cappella di destra ospita un confessionale, quella di sinistra un altare in legno. Sulle pareti laterali, una decina di lapidi ottocentesche, alcune di grande valenza scultorea e decorativa, a celare i sepolcri coi resti di vari conti, contesse e membri del casato Ferretti.

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