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Acquistò 250mila euro
di azioni Banca Marche:
spariti i risparmi di una vita

CREDITO – Una piccola imprenditrice ha deciso di fare causa a Ubi Banca per ottenere un risarcimento. Non sarebbe stata informata dei rischi che correva ad acquistare i prodotti di Bm

 

L’avvocato Alfonso Valori

 

di Gianluca Ginella

In fumo 250mila euro con l’acquisto di azioni di Banca Marche, i risparmi di una vita: una 50enne pronta a fare causa a Ubi banca. La donna, una piccola imprenditrice, aveva acquistato prodotti che le erano stati proposti allo sportello di Banca Marche e le era stato assicurato che si trattava di investimenti sicuri. Ora l’imprenditrice, della provincia di Macerata, si è rivolta all’avvocato Alfonso Valori per riuscire a riavere indietro il denaro dall’istituto lombardo che ha rilevato Banca Adriatica (la ex Banca Marche). «Lei e il marito avevano un unico conto corrente con i risparmi, aperto in Bm – spiega il legale –. Dal 1997, ma in particolare dal 2007 al 2012, le hanno venduto azioni per circa 250mila euro, la quasi totalità di quello che aveva da parte. Hanno proposto l’acquisto come sicuro, privo di rischi, adatto ad un investitore come lei. Invece non era così. E’ quasi certo che siano state violate le normative per la vendita di prodotti finanziari». In precedenza l’imprenditrice «non aveva mai fatto investimenti. Erano titoli rischiosissimi e non potevano essere venduti ad un investitore con profilo di rischio basso» continua Valori. L’imprenditrice inoltre, da quanto sostiene, non aveva idea che si trattasse di prodotti rischiosi. Anche l’avesse saputo non dovevano comunque venire venduti visto il profilo di investitore di rischio basso. Per stabilire il tipo di investitore che la banca si trova davanti va compilato un questionario «ma lei non ricorda di aver mai compilato un simile questionario – prosegue il legale –. La Consob comunque ha sottolineato che la forzatura dei profili era prassi consolidata. Anche saltassero fuori questi questionari la banca dovrà comunque dare spiegazioni perché va sempre tenuto conto di quello che è la realtà, e la mia assistita non aveva mai fatto in precedenza investimenti». Quindi non poteva passare come una investitrice spregiudicata che sapeva quali erano i rischi che correva. «Tra l’altro parliamo di prodotti che venivano venduti agli sportelli – spiega Valori –. Ritengono che i dipendenti ricevessero spinte dall’alto a vendere quei prodotti, col bastone e con la carota, con pressioni e incentivi. Questa cosa coinvolge quindi un po’ tutti». Il legale aggiunge «Faremo causa a Ubi Banca. E’ una battaglia che è in corso ma dopo le sentenze di Ferrara e Milano credo che stia prendendo una buona piega. Anche se non è consolidata e servirà per questo la Cassazione».

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