Nel 2019 ricorreranno gli ottocento anni della partenza di San Francesco d’Assisi dal porto di Ancona verso la Terra Santa. “Al ritorno, durante la notte di Natale del 1223, a Greccio, Francesco rievocò la nascita di Gesù, organizzando una rappresentazione vivente di quell’evento. Il presepe da allora ci appartiene come tradizione storica, culturale e religiosa”. Nel suo messaggio per il Natale 2018, l’arcivescovo di Ancona-Osimo, mons. Angelo Spina, ha voluto ridare centralità ad un simbolo della cristianità, il presepio appunto, e al “Natale della prossimità” quello che ci permette con piccoli gesti di essere vicini a chi soffre e a chi ha bisogno. Ecco quindi il messaggio, nel testo integrale, dell’arcivescovo Spina rivolto a tutte le famiglie e ai fedeli della comunità della Diocesi di Ancona-Osimo.
Il prossimo anno 2019, ricorrono ottocento anni da quando S. Francesco d’Assisi, partendo dal porto di Ancona si recò in Terra Santa. Tra i tanti luoghi sicuramente visitò Betlemme, il luogo della natività. Al ritorno, durante la notte di Natale del 1223, a Greccio, Francesco rievocò la nascita di Gesù, organizzando una rappresentazione vivente di quell’evento. Il presepe da allora ci appartiene come tradizione storica, culturale e religiosa. Molti ricordano Natale in Casa Cupiello per la domanda, un vero tormentone, “Te piace ‘o presepe?”. Se Natale è festeggiare una nascita, chi è che nasce? Un albero, un pacco regalo o un Bambino Gesù, il Figlio di Dio? Con forza, a ragione, Papa Francesco ha richiamato i cristiani al valore della bellissima tradizione nata dall’ispirazione di San Francesco d’Assisi con queste parole: “Se togliamo Gesù, che cosa rimane del Natale? Una festa vuota”. Quando ci poniamo davanti al presepe vediamo che tutto converge verso la Luce vera, quella del Bambino Gesù. È lui il centro verso cui tutto si muove: Maria sua madre ha lo stupore negli occhi, Giuseppe lo guarda con tenerezza, gli angeli cantano, il bue e l’asino riscaldano l’ambiente, i pastori si affrettano ad andare, la stella guida il cammino dei magi, tutta la natura avverte che una luce nuova è venuta al mondo. Fermarsi davanti al presepe è rimanere “incantati”. Il Bambino che nasce è Dio che prende un nome e un volto. Il suo nome è Gesù (Dio salva), il suo volto è quello dell’uomo, dell’umanità intera, è quello dell’Emmanuele (il Dio con noi). Da allora Dio lo si può incontrare in ogni volto, soprattutto in quelli segnati dalla povertà, dalla sofferenza, da ogni forma di ingiustizia e di violenza per scuotere le nostre coscienze assopite come a dire: fermati, guardami, contemplami. Oggi i volti “scomodi” vengono evitati, emarginati, allontanati. Viviamo chiusi in noi stessi, indifferenti ad ogni bisogno.
L’individualismo e gli accentuati egoismi trionfano. Siamo tutti personaggi affaccendati nel nostro frenetico fare, non abbiamo tempo per fermarci. Il presepe ci invita alla prossimità, a fare una scelta in controtendenza, in una stagione in cui si tende a lamentarsi sempre di tutto e di tutti, contro quella seminagione amara di scontento che diffonde scetticismo, risentimento e disprezzo, che ci abitua a giudizi sommari e a condanne perentorie. Il Natale della prossimità è una occasione per recuperare la carità semplice e dei piccoli gesti, spesso nascosti, ma essenziali a rendere bella la vita di chi davanti a sé vede buio. Prossimità con una semplice telefonata, con un sorriso, con la visita a chi è ammalato, a condividere un pezzo di pane, a dare lavoro, a prestare senza interesse, a dare una parola buona e di speranza. Fermati davanti al presepe e contempla, fermati ed esci dal tuo guscio. Accogli la tenerezza del Bambino Gesù che apre i suoi occhi ad ogni essere umano da considerare, da stimare, da aiutare, da amare. Se lo porti vicino ai tuoi occhi allora il tuo cuore è rinato e vedi la Luce. È Natale!
+ Angelo Arcivescovo
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