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Dalla #Doggybag al #Rimpiattino,
la nuova cultura antispreco al ristorante

ANCONA - Il progetto è stato presentato oggi nel capoluogo dorico da Confcommercio e Fipe e che ha l'obiettivo di incentivare da parte del cliente la richiesta di poter portare a casa la pietanza o la bottiglia di vino che non si è riusciti a finire al ristorante. Senza imbarazzi. Un modo per risparmiare, avere rispetto per chi ha lavorato al particolare piatto, combattere lo spreco alimentare e promuovere l'accoglienza

I kit “Rimpiattino”

 

Passa dal piatto del ristorante una nuova cultura del cibo che mette al bando lo spreco alimentare, guarda al risparmio ed anche all’accoglienza. È la cultura del “Rimpiattino”, nuovo termine italianizzato, coniato da Confcommercio e Fipe (Federazione italiana pubblici esercizi), che rimpiazza l’anglosassone “Doggy bag”. Un’iniziativa che ha l’obiettivo di incentivare da parte del cliente la richiesta di poter portare a casa la pietanza o la bottiglia di vino che non si è riusciti a finire al ristorante. Senza imbarazzi, facendo entrare questa pratica in una normale abitudine di consumo. Tanto che Confcommercio e Fipe hanno dotato i ristoratori e gli esercenti aderenti anche di un apposito kit: una simpatica scatola in cartone per il food ed una per il beverage, dove poter riporre e consegnare al cliente quanto rimasto sul piatto o sui vassoi. Un risparmio per il cliente, certo. Ma anche un segno di civiltà contro lo spreco alimentare. Ed ancora una forma di rispetto per chi ha creato quel particolare piatto. Una richiesta del tutto ordinaria all’estero, ma non in Italia, ed ancor meno nelle Marche, come sottolinea il direttore di Confcommercio Marche Centrali, Massimiliano Polacco. «L’iniziativa che lanciamo oggi − sottolinea − è anche un passo in avanti per quanto riguarda l’accoglienza, perché se il consumatore italiano e marchigiano non chiede di poter portare a casa quanto ha pagato ma non è riuscito a consumare, i turisti stranieri sì».

da sx: lo chef stellato e presidente di Fipe Marche, Moreno Cedroni, ed il direttore di Confcommercio Marche Centrali, Massimiliano Polacco

Un’usanza, quella “dell’incarto” e ribattezzata “Rimpiattino”, non nuova in realtà neanche nelle Marche, ma persa nel tempo, almeno da trent’anni a questa parte, come ricorda lo chef stellato e presidente della Fipe Marche, Moreno Cedroni. «Negli anni ’80 quando ho iniziato a fare il cameriere nei ristoranti era normale che quello che non veniva consumato a tavola venisse portato a casa dal cliente», afferma Cedroni. E poi cos’è successo? «Si è perso il senso del valore del cibo − la risposta dello chef −. Oggi mangiamo con la forchetta nella mano destra ed il cellulare nella sinistra e si dà meno importanza a quello che mangiamo, senza contare che sono andati distrutti secoli di tradizione per le mode d’Oltreoceano: si mangia in giro e frettolosamente e non si cucina più a casa. Un tempo il cibo era sacro e non si buttava nulla». Ma Cedroni ne ha anche per i ristoratori. «Noi per primi dobbiamo avere a mente questi principi quando cuciniamo. Il prezzemolo ha lo stesso valore del caviale. I rubinetti, i fornelli non vanno tenuti al massimo, ma all’intensità che serve».

Dopo già quattro tappe in Italia, il tour nazionale di “Rimpiattino” ha fatto dunque tappa ad Ancona. «Stiamo promuovendo in giro per il Paese l’iniziativa che rappresenta un impegno ed un’attenzione concreti alla sostenibilità ed al valore ed all’importanza alla ristorazione − le parole di Silvio Moretti, direttore Area Relazioni Sindacali, Previdenziali e Formazione Fipe-Confcommercio −. Il nome “Rimpiattino” viene dall’idea di rimettere nel piatto, di continuare il piacere dell’esperienza del ristorante a casa, non solo per motivi economici, ma perché combattere spreco alimentare questione di civiltà».

Da un’indagine condotta da Confcommercio e Fipe emerge che per il 50% dei ristoratori intervistati lo spreco alimentare avviene proprio nel momento del consumo, più che nel momento dell’approvvigionamento o della preparazione della pietanza. Inoltre viene rilevato che il 55% dei clienti non chiede di poter portare a casa quanto non consumato per imbarazzo. Ad oggi ad Ancona sono una 20ina i ristoratori che hanno già aderito all’iniziativa e ritirato gli speciali kit.

(A. C.)

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