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“Il peggio dell’Appennino”,
dietro al Patto per lo sviluppo
«gli interessi delle multinazionali»

SISMA - Incontro a Fabriano sul documento di Regione e Istao e su altre iniziative pensate per la ripresa economica e sociale. Sebastiani (Italia nostra): «La Regione ha sentito alcuni soggetti economici, politici ed ecclesiastici con un meccanismo top-down. È il contrario della democrazia». Animali: «Previsti noccioleti e allevamenti intensivi che qui non ci sono mai stati». Serafini: «La commissione europea arriverà a breve e speriamo non si faccia abbindolare». In ballo anche i fondi Ue aggiuntivi per il terremoto

A destra Leonardo Animali

 

di Federica Nardi

«Ci sono una serie di iniziative economiche tese a portare qui gruppi multinazionali dell’agroalimentare. Ma qui non ci sono mai state colture intensive di noccioleti, né produzione intensiva di latte. Poi ci sono progetti energetici, scientifici, con dietro gruppi come Maccaferri, che a Jesi ha già lasciato 33 ettari di deserto industriale. E altri come l’invaso artificiale sul monte Prata (Castelsantangelo, in pieno Parco nazionale, ndr) di un ettaro e mezzo, con la scusa di dar da bere ai pascoli ma con l’obiettivo di innevare artificialmente tutto l’anno». Leonardo Animali fa un elenco non esaustivo ma chiarificatore di alcuni dei 160 progetti contenuti nel Patto per lo sviluppo e anche di altri che la politica regionale e locale sta lasciando filtrare nel territorio, collaborando con Merloni, Istao e altri soggetti privati (come Granarolo o Nestlé) pronti a “colonizzare” l’Appennino ferito dal sisma. È il “Peggio dell’Appennino”, (“Worst of the App”, in contrapposizione al progetto firmato Merloni “Best of the App”) il titolo provocatorio dell’incontro che si è svolto venerdì pomeriggio a Fabriano, nell’ambito del festival “Terre altre”.

Una vignetta creata dal comitato “No Quake lab center Vettore” dopo l’annuncio di Ceriscioli

Una rassegna per puntare l’attenzione su un dopo sisma che se per alcuni è un vero dramma tra mancanza di lavoro, servizi e ricostruzione per altri appare come un’opportunità irripetibile di imporre un modello di sviluppo al territorio senza consultare le comunità locali. Un processo già in atto da anni. Recentemente, alla prima avvisaglia di critiche da parte della deputata del M5s Patrizia Terzoni, il governatore Luca Ceriscioli ha dichiarato che nel documento del Patto i progetti sono stralciati dalla parte deliberativa. Ma l’intento appare contraddittorio: perché stralciare 160 progetti, oltre 300 pagine (vai al documento) e oltre un anno di lavoro che ha visto impegnati, tra gli altri, università, Confindustria, Legacoop, Copagri e via dicendo? Inoltre le linee guida prendono ispirazione proprio da quei progetti che la Regione prima ha chiesto e ora, all’apparenza, rinnega. Rimandando tutto ai bandi che verranno. In attesa di comprendere le intenzioni di palazzo Raffaello, l’opposizione nasce dal basso.

Maurizio Sebastiani e Michele Serafini

Il problema non è solo di democrazia ma anche di come funziona il meccanismo di finanziamento alla base dei progetti. A spiegarlo il ricercatore e antropologo Michele Serafini, che parla anche a nome del gruppo di ricerca sul sisma Emidio di Treviri. «Il Patto per lo sviluppo prende forma sui finanziamenti aggiuntivi che l’Europa sta dando alle Marche per il rilancio del territorio dopo il sisma (il cosiddetto Asse 8, ndr). Il problema è anche nei bandi stessi: le condizioni poste in questi documenti e nei grandi prestiti che l’Ue fa all’Italia, sono le indicazioni maggiori per gli sviluppi futuri. Ad esempio: se nel bando per prendere un trattore il 28% del punteggio va a chi compra un trattore con il sistema gps incorporato, la ditta che costruisce quel trattore acquisisce potere e dà la possibilità allo Stato di controllare zone prima in ombra. Con il terremoto si sposta il privilegio verso le grandi aziende rispetto alle piccole, che spesso non hanno nemmeno i mezzi per accedere ai bandi, e si permette allo Stato controllare una zona prima non controllabile». Insomma i bandi, come spesso accade, potrebbero essere “cuciti” sugli interessi e gli identikit degli stessi proponenti del Patto. Serafini dedica un passaggio anche ai fondi Ue dell’Asse 8. «C’è stato un deficit etico nel loro impiego – commenta -. Anche se tecnicamente i provvedimenti sono corretti, alcuni utilizzi non sono auspicabili. La commissione europea arriverà a breve e speriamo non si faccia abbindolare. Su come utilizzare questi fondi e anche quelli futuri che finanzieranno il Patto per lo sviluppo la Regione ha preso preventivamente dei consigli da grandi privati, (come quelli che ad Ascoli vogliono creare il Quake lab center Vettore a Venarotta). Il problema è che quando a un sindaco viene proposto un maxi progetto milionario in questo momento dirà sempre di sì. E a chi si oppone dirà: state combattendo per evitare lo sviluppo della montagna».

(foto di Terre in moto Marche)

Ma i relatori hanno forti dubbi sul fatto che lo sviluppo così come lo prospetta il documento sia in grado di portare beneficio al territorio, piuttosto che ai privati dietro ai progetti. Nell’allegato 2 del Patto, quello “stralciato” dalla Regione, compaiono iniziative che se realizzate ripenseranno completamente i servizi e l’economia delle aree interne: impianti eolici, la filiera del legno con un impianto elettrico alimentato a biomasse, servizi socio-sanitari spostati di netto verso la gestione delle grandi cooperative regionali, come la Coos Marche. E poi ancora una pioggia di milioni su progetti firmati dalla Conferenza episcopale marchigiana (cammini lauretani, progetti di sviluppo dell’Abbadia di Fiastra, soldi per migliorare la comunicazione pastorale). «L’interno è considerata un’area da sfruttare – spiega Maurizio Sebastiani, presidente di Italia nostra -. Non c’è rispetto per i cittadini che vivono sul territorio. La Regione ha sentito alcuni soggetti economici, politici ed ecclesiastici per avere dei progetti con un meccanismo top-down. E i cittadini non sono nemmeno stati chiamati a valutare. È il contrario della democrazia e serve evidentemente a portare avanti dei progetti per interessi molto particolari. Ma queste terre devono essere riserva di caccia per investimenti, con soldi nostri, non discussi democraticamente?». Il messaggio e anche il monito ai territori colpiti dal sisma, è chiaro: «Siete voi – dice Sebastiani -, che dovete decidere sul vostro territorio lo sviluppo che volete. Non potete vedere arrivare 160 progetti dall’alto». Presente nel pubblico anche una piccola delegazione di Istao, che ha sollevato alcune criticità ma è andata via prima della fine del dibattito.

 

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