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«Rinchiusa e costretta al Ramadan
dal mio ex compagno»:
30enne condannato

ANCONA - Un atto e otto mesi, pena sospesa per i reati di maltrattamenti, lesioni personali e sequestro di persona. Vittima, una 45enne che per un periodo ha vissuto con l'imputato, di origine tunisina, in una stanza di Casa de' Nialtri, stabilito che era stato occupato abusivamente

Foto d’archivio

 

Picchiata, maltratta, rinchiusa in casa e costretta a seguire il Ramadan. E’ questa la sequela di soprusi denunciati nel 2015 da una 45enne originaria del Lazio. Le accuse hanno fatto finire sul banco degli imputati l’ex compagno della donna, un 30enne tunisino. Questa mattina, il giudice Francesca Grassi lo ha condannato a scontare un anno e otto mesi di reclusione, pena sospesa, per i reati di maltrattamenti in famiglia, lesioni personali e sequestro di persona. I fatti sono avvenuti tra aprile e luglio 2015, quando i due convivevano in una stanza di Casa de Nialtri, stabile di via Cialdini di proprietà della Regione che era stato occupato abusivamente e poi sgomberato. Stando a quanto riportato dalla donna, i due erano arrivati in via Cialdini dopo un periodo passato in albergo. In un primo momento, i soprusi sarebbero stati di tipo verbale. «Non ero libera di fare nulla – aveva detto la vittima la giudice -. Se lui diceva che dovevo fare un cosa, dovevo farla. Le poche volte che mi spostavo per la città, mi seguiva sempre. Era sotto il suo controllo, come quando mi ha imposto i precetti del Ramadan». In un secondo momento, le lesioni e il presunto sequestro. «Non mi insultava, ma alzava le mani. In un’occasione, solo per avergli chiesto il telefono, mi ha attaccato al muro e colpito con una testata». E ancora: «Potevo stare anche tre giorni chiusa nella stanza dello stabile, dove non c’era neanche un bagno. Lui aveva comprato un lucchetto appositamente per rinchiudermi». L’uomo, difeso dagli avvocati Paolo Tartuferi e Laura Antonelli, ha sempre respinto le accuse, affermando di non aver mai privato la 45enne della sua libertà. Su di lei non avrebbe mai alzato un dito. Tra l’altro, ha sostenuto il tunisino, tra i due non ci sarebbe mai stata una relazione d’amore. Piuttosto un’amicizia nata dalle condizioni di indigenza in cui entrambi erano costretti a vivere in quel periodo.

Sequestrata dal compagno nella casa occupata: «Rinchiusa e costretta al Ramadan»

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