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Frequentata dall’uomo
circa 16.300 anni fa:
Unicam nella grotta a Frasassi

STUDIO - Resti di cacciagione, di focolari e un probabile tumulo funerario sotto la lente di ingrandimento del gruppo di lavoro di cui fanno parte anche i geologi dell'università di Camerino

 

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I reperti studiati nella ricerca

 

Un nuovo studio scientifico presenta un’importante scoperta archeologica fatta in una grotta appartenente al complesso carsico di Frasassi del Comune di Genga nelle Marche. Allo studio del sito, effettuato da un gruppo di ricercatori internazionali guidato da Alessandro Montanari, direttore dell’Osservatorio Geologico di Coldigioco ha preso parte anche la Sezione di Geologia della Scuola di Scienze e Tecnologie dell’Università di Camerino, col paleontologo Marco Peter Ferretti che ha analizzato i reperti fossili negli scorsi anni. La ricerca, pubblicata nella Rivista Internazionale di Speleologia, disponibile al link https://scholarcommons.usf.edu/ijs/vol49/iss2/2/, ha permesso la mappatura della cosiddetta “Sala del Fuoco” nella Grotta del Fiume (complesso carsico di Frasassi) e l’analisi di reperti archeologici e paleontologici, come i resti di carbone di almeno quattro focolari, varie ossa di stambecco e manufatti in selce. Il materiale fu scoperto nel 1989 dal Gruppo Speleologico Marchigiano di Ancona e successivamente archiviato dalla Soprintendenza archeologica regionale. Lo mappa della grotta è stata effettuata con moderni strumenti di rilevamento, tra cui scanner laser terrestre e radar a penetrazione terrestre. Le datazioni al radiocarbonio ottenute sui resti di stambecco e sui carboni dei focolari hanno dato un’età di circa 16 mila anni, per cui la Sala del Fuoco rappresenterebbe uno dei pochi siti archeologici italiani datati radiometricamente riferibile all’ultimo Pleniglaciale. Inoltre, la datazione U-Th della calcite da speleotemi ha aiutato a ricostruire l’ambiente ipogeo nel momento in cui era frequentato dall’uomo. I manufatti litici, studiati da Gaia Pignocchi, archeologa di Ancona e coautrice dello studio, testimoniano una rara industria epigravettiana in quest’area dell’Appennino settentrionale. È stato anche rilevato un deposito peculiare di lastre di crosta di speleotemi accatastate in un angolo della caverna, che potrebbe rappresentare un tumulo funerario. L’ipotesi è che la Sala del Fuoco della Grotta del Fiume nel complesso carsico di Frasassi rappresentasse un luogo di culto utilizzato sporadicamente da pochi rappresentanti di una comunità locale di cacciatori epigravettiani durante l’ultimo periodo glaciale. Il termine Epigravettiano indica una cultura preistorica della fine del Paleolitico superiore, diffusasi in gran parte dell’Europa a partire da circa 20.000 anni fa, durante l’ultima fase glaciale (glaciazione würmiana). L’ambiente in Italia era molto diverso dall’attuale, i ghiacci e le nevi perenni scesero a 1400 metri sul livello del mare. L’alto Adriatico emerse a causa della regressione marina. Nelle regioni tirreniche si alternavano paesaggi di steppa arborata a pino, ad aree di rifugio della vegetazione mediterranea. Le regioni adriatiche furono maggiormente esposte alle influenze continentali con ambienti di prateria montana, di tundra e, nelle fasi più aride e fredde, di steppa di tipo asiatico. Stambecchi, camosci, cervi, cavalli e uri rappresentavano la cacciagione preferita delle comunità umane dell’epoca, che si trovano prevalentemente in ripari sotto roccia e all’imboccatura di grotte.

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