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«Cannabis terapeutica introvabile,
vivo nel terrore di tornare a soffrire»

LA TESTIMONIANZA di una donna dell'entroterra maceratese malata di fibromialgia che non riesce più a rifornirsi in farmacia da due mesi. Ma il problema è nazionale. Pier Luigi Davolio, vice presidente della Società italiana ricerca cannabis di Firenze: «C'è un monopolio che non ne produce abbastanza. Eravamo tra i primi ad aver realizzato un farmaco ma ci siamo impantanati nella politica e nella burocrazia italiana»

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La cannabis terapeutica

 

di Francesca Marsili

«Il 7 Luglio con il rinnovo del mio piano terapeutico ho scoperto che il Bediol, una varietà di cannabis terapeutica, non si trova. Non riesco più a controllare il dolore e l’astenia. Sono terrorizzata all’idea di ritornare alla sofferenza ed essere un peso per altri». E’ la testimonianza di una donna dell’entroterra maceratese che vuole rimanere anonima poiché attorno all’utilizzo della cannabis medica, nonostante le numerose evidenze scientifiche sulle sue proprietà terapeutiche, c’è ancora molta confusione, disinformazione e discriminazione. Lucia, così la chiameremo, è affetta da sindrome fibromialgica e ad altre patologie degenerative alla colonna vertebrale e da due mesi oramai, non riesce a procurarsi il farmaco che le aveva restituito dopo anni di calvario, una condizione di vita più o meno “normale”.

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Gianfranco Cruciani

A confermare la carenza della cannabis terapeutica è il dottor Gianfranco Cruciani, titolare della farmacia Pietro Cruciani di Montecosaro, una tra le sole 56 in Italia che si occupa di preparare le infiorescenze della pianta in modalità galenica. «In farmacia stiamo vivendo mesi di grande frustrazione. Riceviamo da mesi telefonate di pazienti che ci chiedono informazioni sull’arrivo della cannabis e che lamentano l’aggravarsi della loro patologia a causa dell’interruzione della terapia – spiega il farmacista -. La risposta che siamo costretti a dare purtroppo, è sempre la stessa: “non lo sappiamo”. La carenza di informazioni attendibili e la mancanza di questa sostanza rendono veramente difficile il nostro lavoro. Sono tanti anni che prepariamo la cannabis nel nostro laboratorio galenico, siamo stati tra i primi in Italia, non ricordo un periodo così difficile. Mi chiedo quando sarà compreso il reale valore terapeutico dell’uso della cannabis e quando sarà compresa l’importanza della continuità terapeutica».

In Italia la cannabis per uso medico è utilizzata per il trattamento di dolore cronico e altre patologie neurologiche, patologie per esempio che non rispondono alle cure tradizionali che però grazie ai principi attivi contenuti in quelle che si chiamano infiorescenze i pazienti a volte, hanno grande beneficio. Ad accendere un faro sulla condizione nella quale si trova Lucia e come lei molti altri pazienti, è l’Associazione Fibromialgia Italia odv di Ancona, la stessa che l’aveva aiutata a trovare un percorso terapeutico multidisciplinare per affrontare la sua malattia e alla quale la donna ora, ha rivolto una richiesta di aiuto affinché la sua terapia non venga interrotta. Le tribolazioni della paziente sono iniziate sette anni fa: un tunnel buio fatto di dolori lancinanti, tanti farmaci, pause dal lavoro per riprendere fiato e rapporti affettivi ridotti ai minimi termini. Poi lo scorso anno la luce, un po’ di sollievo, la ripresa di una certa qualità di vita attraverso una terapia a base di Bediol prescritta dopo un consulto in centro del dolore, perché vale la pena ricordarlo, l’unico che può “cucire addosso” e prescrivere questo tipo di farmaco è il medico.

Ci sono diversi metodi di somministrazione: dagli oleoliti, alla vaporizzazione, spetta poi allo specialista scegliere la terapia più efficace. «Sono tornata a sentire il dolore, la cannabis medicinale non si trova e adesso ho davvero paura. Il peggioramento della mia condizione senza l’assunzione è giornaliero – racconta disperata Lucia che si domanda come riuscirà ad affrontare la sua vita con patologie dolorose e invalidanti -. Con il Bediol avevo diminuito l’assunzione dei farmaci tradizionali. Ero ritornata ad ad avere rapporti sociali, riuscivo ad affrontare le difficoltà quotidiane e il lavoro. Avevo anche ripreso ad occuparmi di me stessa, avevo assaporato il benessere. Sono terrorizzata all’idea di ritornare ad essere trafitta dai dolori totalmente incapace di fare anche la cosa più semplice. Ora cosa faccio? Sarò costretta a ritornare ad assumere la grande quantità di farmaci tradizionali di prima senza riuscire a stare meglio? Avere una soluzione e non potervi accedere a peggio che non averne».

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Da sinistra: Nicomede De Michele, Pierluigi Davolio, Paolo Poli e Antonella Moretto

E’ questo il problema che sistematicamente si trova ad affrontare il paziente che come Lucia, ha intrapreso la strada dell’utilizzo di cannabinoidi, nelle Marche come in tutto il territorio nazionale: la mancanza del prodotto che di fatto ne impedisce una continuità terapeutica. La presidente nazionale dell’Associazione Fibromialgia Italia odv di Ancona Antonella Moretto, già promotrice di un progetto di formazione rivolto ai sanitari sull’uso terapeutico di questa sostanza, lancia l’allarme per tale carenza che sembra oramai cronica cercando si dare una risposta al perché questo avviene. Per farlo si è avvalsa del del parere del farmacologo Pier Luigi Davolio, vice presidente della Società italiana ricerca cannabis di Firenze con la quale la Moretto ha realizzato diversi convegni sul tema. «Da un lato le prescrizioni sono aumentate in modo esponenziale, dall’altro c’è un monopolio sulla fornitura della cannabis medica sia per le farmacie che per le aziende sanitarie regionali che è quello dello Stabilimento chimico farmaceutico militare di Firenze che ne produce in quantità insufficiente a coprire un fabbisogno enormemente superiore. Ed è qui che si forma l’imbuto – spiega Davolio -. Nonostante le rassicurazioni del Ministero della Salute nel 2017 che garantiva l’importazione in Italia dall’Estero, di fatto ad oggi la cannabis per uso terapeutico continua a mancare. Sebbene siano stati fatti diversi bandi per incrementarne la fornitura ai quali hanno risposto Canada ed Olanda, entrambe comunque incapaci di colmare il gap, il problema della carenza continua. Purtroppo in Italia non ci sono soggetti che abbiano ricevuto l’autorizzazione da parte del ministero per coltivare la cannabis e quindi inibiti alla partecipazione ai bandi. Eravamo tra i primi ad aver fatto, addirittura presso una struttura Militare, un vero e proprio farmaco a base di cannabis terapeutica prodotto secondo le norme farmaceutiche e registrata presso l’agenzia del Farmaco. Tutto il mondo ci guardava con interesse ma ci siamo impantanati nei tanti rivoli della politica e della burocrazia italiana».

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