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Marziali: “Nelle Marche lesi
i diritti delle donne”

DIBATTITO - La presidente della Commissione pari opportunità interviene su legge 194 e medici obiettori. "Anche nella nostra regione la legge non viene garantita, assistiamo ogni giorno alla compromissione del diritto alla salute"

La presidente della Commissione pari opportunità Meri Marziali

di Agnese Carnevali

«A quarant’anni dalla sua entrata in vigore, la legge 194 non è garantita. Assistiamo anche nelle Marche ad una continua lesione del diritto alla salute delle donne». A parlare è Meri Marziali, presidente della Commissione Pari opportunità della Regione Marche. «Purtroppo è un dato di fatto – prosegue – che il costante aumento della percentuale dei medici obiettori mette in discussione il reale ricorso all’interruzione di gravidanza, compromettendo ogni giorno la salute delle donne, che ricordo non è sancito solo da questa legge, ma, come per tutti i cittadini italiani, dalla Costituzione».  Nelle Marche la quota dei medici obiettori supera il 70%, un trend in crescita (dati Istat 2016 su rilevazioni 2014, leggi l’articolo). Ad Ancona, al materno-infantile specialistico Salesi si effettuano solo le interruzioni di gravidanza per le gravi patologie e per le minori, per i restanti casi la struttura di riferimento è la clinica privata Villa Igea (leggi l’articolo), nel resto della provincia e della regione si ricorre a medici abortisti che si spostano di struttura in struttura. Un quadro da Odissea. Quali dunque le soluzioni possibili? «Di certo una strada da percorrere è il potenziamento, nei casi medici che lo consentono, della somministrazione della pillola Ru486, nelle modalità oggi adottate solo dal presidio ospedaliero di Senigallia», riprende Marziali. E sul caso Lazio? Promosso dal direttore generale di Ospedali riuniti Michele Caporossi (leggi l’articolo) e bocciato, giudicandolo incostituzionale, dal presidente ed assessore alla Sanità Luca Ceriscioli (leggi le dichiarazioni)? «Non credo che le due versioni siano in contrasto – afferma Marziali. Il dottor Caporossi ha espresso ha espresso un giudizio positivo sulla scelta presa dalla Regione Lazio sostenendo che, in caso di necessità, anche lui sarebbe disposto ad assunzioni ad hoc. L’affermazione del presidente Ceriscioli credo sia un monito per valutare attentamente tutti i requisiti alla base delle scelte affinché non venga poi messo in pericolo un percorso nel momento in cui viene intrapreso. È bene dunque verificare la congruità  del bando del Lazio prima di seguirne l’esempio».
In passato già la Toscana aveva tentato la strada del concorso riservato a medici non obiettori. Assunti i professionisti si erano poi visti revocare l’incarico a seguito dei ricorsi al Tar. «Tutto sta nella formulazione dei criteri per la partecipazione al bando» afferma Loredana Galano, tra le prime attiviste della raccolta firme ai tempi in cui era scoppiato il caso dell’ospedale di Jesi e del movimento “Non una di meno”. «Il concorso del Lazio dovrebbe superare l’ostacolo dell’incostituzionalità. Occorre comunque trovare una soluzione affinché la legge 194 venga applicata nelle strutture pubbliche. La situazione nelle Marche è difficile e confusa anche per evitare di far emergere ed affrontare il problema. I medici non obiettori che girano di struttura in struttura non è una soluzione. Pensiamo solo – spiega – che in questo modo nelle diverse strutture la prestazione viene garantita una volta a settimana, per non più di 5, 6 donne. Questo significa liste di attesa. Capiamo bene che quando si tratta di interruzione di gravidanza non è un fatto secondario a che settimana di gestazione si interviene». Alle difficoltà incontrate dalle donne fanno da contraltare quelle dei medici che non si appellano all’obiezione di coscienza, come illustra Galano. «Il carico di lavoro per questi medici “itineranti” sono enormi, non solo per il numero di interventi, ma soprattutto perché in alcuni casi si trovano a fare tutto da soli se nella loro giornata di servizio non ci sono infermieri e persino barellieri non obiettori. La loro condizione di lavoro è di estremo disagio senza contare il fatto che non riescono a vivere in toto la loro esperienza professionale. Il prossimo 8 marzo – conclude – in occasione della festa della donna e della mobilitazione internazionale del movimento “Non una di meno” che coinvolge 80 Paesi ribadiremo, tra gli 8 punti fondamentali della manifestazione il diritto all’autodeterminazione delle donne ed alla loro libera scelta sull’aborto sicuro».

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