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Isa Yacht, la Fiom attacca:
“I lavoratori vanno reintegrati”

ANCONA - Il segretario generale del sindacato chiede entro il 3 settembre, quando scadrà la cassa integrazione, il rientro degli ultimi 7 dipendenti che rischiano il licenziamento coatto: "Le commesse sono arrivate, i patti del 2016 vanno rispettati". Appello alla Regione

Il cantiere Isa Yachts visto dall’alto

Isa Yachts di Ancona, la Fiom torna a chiedere il rispetto dell’accordo firmato il 3 agosto 2016, quello che ha avviato la procedura di mobilità, e chiede il sostegno della Regione per far rientrare al lavoro gli ultimi 7 dipendenti cassintegrati che rischiano il licenziamento coatto a settembre (leggi l’articolo). E’ questo in estrema sintesi l’appello che Tiziano Beldomenico, segretario generale Fiom, e Sara Galassi, segretario Fiom di Ancona, hanno rivolto stamattina alle istituzioni.  “A quasi un anno di distanza dalla firma dell’accordo, la discussione sul licenziamento degli ultimi 7 lavoratori in esubero ora passa in mano alla Regione – ha spiegato Beldomenico – Secondo quanto sottoscritto nel verbale del 2016, a fronte di investimenti e in caso di arrivo della terza commessa, il numero dei lavoratori che la Isa si sarebbe potuta prendere in carico doveva passato dai 51 attuali a 60-70 unità. Adesso le commesse sono arrivate e ci sono quindi tutte le condizioni perché siano riassorbiti anche i 7 lavoratori ancora fuori. Ecco perché noi della Fiom ci aspettiamo che la Regione e l’Autorità portuale, che ha dato in concessione per 30 anni le banchine, facciano leva sugli accordi sottoscritti un anno fa e richiamino quindi la proprietà al rispetto degli stessi”.

A sinistra il segretario provinciale di Ancona della Fiom, Tiziano Beldomenico,, accanto il segretario regionale Giuseppe Ciarrocchi (foto d’archivio)

 

Secondo la Fiom in questa fase del percorso si sono palesate tutte le ipotesi tratteggiate nell’accorso sindacale del 2016 e in una corsa contro il tempo vanno concretizzate prima della scadenza dei termini della cassa integrazione, previsti per il prossimo 3 settembre. “Il 22 di giugno l’azienda ha aperto una procedura di mobilità per licenziamento collettivo per 34 esuberi – ha ricordato Beldomenico – ma nel frattempo ha trovato l’intesa economica individuale con 27 lavoratori che allo scadere dei termini della cassa integrazione saranno licenziati senza opporsi ai provvedimenti. Solo 7 dipendenti restano in sospeso. Sono tutti impiegati di 5°, 6° e 7° livello che non hanno mai lavorato un giorno dopo il subentro della nuova proprietà. Dipendenti che l’azienda vuole licenziare”.

In assenza di accordo sindacale per i 7, la scorsa settimana è stato firmato il verbale che apre alla fase del dialogo istituzionale ed i prossimi incontri tra sindacati e azienda dovranno svolgersi al tavolo di mediazione della Regione. “Non c’è ancora alcun incontro fissato con la Regione ma contiamo di essere convocati o nei primi giorni di agosto o dopo la pausa di Ferragosto, magari il 20  – ha precisato il segretario generale Fiom – l’obiettivo è scongiurare i 7 licenziamenti coatti da parte dell’azienda che sostiene di non aver bisogno di nuove figure professionali, ma in base all’riorganizzazione del cantiere ne ha già assunte 10 nuove che svolgono mansioni analoghe a quelle dei 7 in cassa integrazione. I sette dipendenti non vogliono soldi ma chiedono solo di poter rientrare al lavoro, come prevede l’accordo 2016, ora che l’azienda ha fatto investimenti. Un’imbarcazione è stata varata poche settimane fa, è arrivato uno scafo da 80 metri dal cantiere di Napoli ed è già stato sistemato dentro il capannone non ancora ultimato. C’è inoltre un 65 metri in taglio e poi un’imbarcazione più grande. L’accordo che abbiamo firmato un anno fa prevedeva che nel momento in cui, entro i futuri 12 mesi, fosse previsto lavoro per almeno 3 imbarcazioni navali nuove, i dipendenti da assumere sarebbero stati 60-70. Non si capisce per quale motivo questi 7 lavoratori devono restare a casa a zero ore ed aspettare la lettera di licenziamento. I numeri per farlo ci sono”.

Beldomenico e Galassi si sono dimostrati critici anche sulla tesi dell’azienda, che sostiene di voler costruire le imbarcazioni in economia e quindi di non poter affrontare nuove assunzioni. “Chi è serrato in materia – hanno rimarcato – sa bene che in Europa non esiste alcun cantiere navale in grado di costruire un costoso yacht da 80 metri in economia, con le proprie forze. Il nostro timore è che il nome dell’armatore venga tenuto nascosto proprio per dimostrare l’impossibilità di assumere i 7 lavoratori”.

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